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Chi è senza colpa, scagli la prima accusa
Non dobbiamo dividerci tra tifosi di una parte o detrattori dell'altra. Le cose in politica vanno male perchè l'opinione pubblica ha scelto il ruolo di spettatore anzichè di protagonista. Noi vogliamo assumerci le nostre responsabilità e fare la nostra parte fino in fondo. Pubblichiamo in anteprima l'editoriale del numero di aprile di Azione nonviolenta, firmato dal Presidente Mao Valpiana e dal Segretario Pasquale Pugliese.
Di fronte a questo nuovo e intricato scenario come si pongono i movimenti per la nonviolenza, la pace e il disarmo, con il loro bagaglio di lotte e di proposte costruttive? Ci sembra che ci siano due rischi. Il primo è quello di dividersi tra pro e contro Movimento 5 Stelle, individuando in esso, da un lato, la realizzazione delle istanze politiche innovative, sia sul piano metodologico che contenutistico, oppure, dall’altro, di considerarlo un passeggero populismo da ignorare perché destinato a fallire presto. Ci pare che in relazione a questo arco di posizioni, i cui estremi sono antitetici, vada fatta chiarezza tra di noi (intendendo un “noi” allargato che coinvolge tutta l’area nonviolenta), per provare a capire quali strategie mettere in campo per far passare comunque alcune delle nostre questioni in questo scenario rinnovato (e dunque imprevisto nella sua capacità recettiva) man mano che si verrà definendo. Il secondo rischio, conseguente al primo, è quello di arrivare frantumati e addirittura divisi alle nuove probabili elezioni, quindi non solo senza un interlocutore politico unitario, con il quale stabilire una qualche forma di “intesa programmatica”, ma anzi divisi tra i partiti più tradizionali di una sinistra già uscita complessivamente e pesantemente sconfitta dalle elezioni e il M5s vincitore morale di queste. Inoltre, se i tempi precipiteranno, anche senza aver potuto dare gambe alla possibilità reale di costruire la strada di un non velleitario impegno diretto dei nostri movimenti alla future elezioni, per portare in campagna elettorale prima e in parlamento poi direttamente la necessaria politica del disarmo, senza mediazioni. E' saggio cercare di capire, senza essere prevenuti, quindi seguire e analizzare l'evoluzione (o l'involuzione) della situazione politica. Ma ricordiamoci sempre che il nostro ruolo non è quello di analisti, bensì quello di soggetti attivi. Non dobbiamo essere tifosi di una parte o detrattori di un'altra. Il dramma della politica italiana è che oggi gran parte dell'opinione pubblica è entrata nel ruolo delle spettatore passivo, con forte tendenza alla lamentazione e alla critica sterile (“le cose vanno sempre peggio” - “dovrebbero fare l'alleanza” - “quando arrivano lì sono tutti uguali” - “fino a che non cambiano la legge elettorale...” - “è tutta colpa del berlusconismo” - “è tutta colpa dei partiti” - … e via piagnucolando). Noi invece vogliamo assumerci le nostre responsabilità. Le cose vanno male anche perchè non abbiamo fatto la nostra parte fino in fondo. Da troppo tempo mancano nel nostro paese una campagna nonviolenta organizzata e la pratica della disobbedienza civile, non riusciamo a mettere in atto azioni dirette nonviolente. I conflitti sociali nei quali ci siamo coinvolti, il No Dal Molin a Vicenza e il No Tav in Valdisusa, nonostante le grandi mobilitazioni sono rimasti confinati in ambito locale. E' necessario quindi assumere la consapevolezza che non è più il momento di correre dietro all'ultima novità, pensando -con improvviso entusiasmo- che questo o quel movimento comparso all'orizzonte sia l'elemento salvifico che attendavamo, o l'ultima spiaggia su cui approdare (in pochi anni abbiamo visto nascere e deperire in fretta la Sinistra Arcobaleno, il movimento Viola, i girotodini, il partito dei Sindaci, gli Indignati, l'Onda, la Rivoluzione Civile, la Costituente ecologista, il Bene Comune, addirittura i forconi...ecc, ecc.). Ora è la volta del Movimento 5 stelle, che probabilmente non sfuggirà allo stesso destino. Cresciuto troppo in fretta, sfruttando la forza mediatica del capo e del web, rischia di sfuggire persino al controllo di se stesso. Ma comunque vada a finire, ciò non dipende da noi. Da quel che facciamo o non facciamo noi dipende invece il futuro del movimento nonviolento/pacifista/disarmista che può diventare soggetto politico solo se sapremo mettere in campo una strategia comune, unitaria, riconosciuta, condivisa. Questo, e solo questo, è il nostro compito. Forse è proprio la convocazione di una iniziativa nonviolenta nazionale il banco di prova per il percorso che vogliamo intraprendere: una marcia nonviolenta povera, semplice, che faccia appello non ai politici ma a se stessi, chiedendo a chi vi parteciperà di essere il cambiamento che vogliamo vedere. L'impegno è “Disarmiamoci per disarmare l'economia, la politica, l'esercito”
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