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1 Marzo 2013

Grecia ed Ecuador: due crisi, due soluzioni
di Francesco Bevilacqua

Alcuni anni fa l’Ecuador ha attraversato un crisi del debito analoga a quella in cui si trova oggi la Grecia. Le contromisure adottate all’epoca dal paese sudamericano rappresentano uno spunto determinante per trovare una soluzione anche in Europa.

La Grecia e l’Ecuador condividono un’esperienza assai tormentata nell’ostico campo della finanza globale e, soprattutto, delle conseguenze che l’operato delle banche e degli speculatori comporta sulla popolazione. Ciò che differenzia i due paesi è il modo in cui hanno affrontato, o stanno affrontando, questa difficile sfida.

Grecia ed Ecuador hanno anche un altro elemento in comune. Anzi, una persona. Si tratta dell’economista e politologo belga Eric Toussaint. In che modo Toussaint unisce i destini di questi due paesi? Nel 2007 ha partecipato, in qualità di membro straniero, alla Commissione Presidenziale di Audizione Integrale sul Debito istituita dal Presidente ecuadoriano Rafael Correa appena dopo aver vinto le elezioni di fine 2006. E oggi, come fondatore e presidente del Comitato per l’Abolizione del Debito del Terzo Mondo (CADTM), è impegnato in una volenterosa campagna volta a promuovere un analogo percorso in anche nel paese ellenico.

L’accademico, membro del consiglio scientifico di Attac France, ha partecipato alla Commissione che fra il 2007 e il 2008 ha analizzato la posizione finanziaria dell’Ecuador e ha fornito al Governo di Correa gli strumenti per rinegoziare il proprio debito, che alla fine del 2006 superava i 10 miliardi di dollari. L’obiettivo fondamentale che ha ispirato il lavoro della Commissione, formata da dodici membri interni, sei esterni e da delegazioni delle istituzioni ecuadoriane, era dimostrare che il debito contratto era illegittimo e, in quanto tale, poteva non essere rimborsato. Tale illegittimità è sancita da tre caratteristiche fondamentali: il debito è stato contratto senza il consenso della nazione, il suo ammontare è stato speso contro gli interessi della nazione, colui che l’ha creato è a conoscenza dei primi due punti.

Nonostante l’ostracismo di alcuni settori della finanza internazionale e delle lobby nazionali, dopo quattordici mesi di lavoro, seguiti da un processo decisionale governativo durato due mesi, l’Ecuador ha scelto di cancellare il 65% del proprio debito, dichiarandolo illegittimo e sospendendo i pagamenti dei bond. Successivamente, nel giugno del 2011, il paese ha ricomprato la quasi totalità dei propri titoli pagandoli il 35% del loro valore.

Questa decisione naturalmente ha comportato una netta rottura con il Fondo Monetario Internazionale, con il sistema bancario privato e, in generale, con i mercati finanziari globali. Al tempo stesso, ha permesso al Governo di Correa di consolidare la situazione socio-economica dell’Ecuador: la spesa sociale è cresciuta fino a raggiungere il 10% del PIL, la percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà è passata dal 37,6% del 2006 al 28,6% del 2011, sempre nel 2011 la sua economia è cresciuta del 7,8% e il debito estero si è ridotto di 4 miliardi di dollari. Oggi il partner finanziario privilegiato del paese sudamericano è la Cina, dalla quale – va detto – Correa ha ricevuto finanziamenti per più di 7 miliardi di euro a un tasso di interesse molto elevato (7,5%).

Veniamo ora alla Grecia. Come in quasi tutto l’Occidente, anche nel paese ellenico l’indebitamento privato è riconducibile alla disinvoltura con cui le banche hanno concesso prestiti ai cittadini nel corso degli ultimi anni. Contraendo debiti, i greci – come del resto anche noi – hanno vissuto al di sopra della soglia che le loro risorse economiche consentivano e questa pratica distruttiva è stata addirittura incrementata negli anni della crisi dei mutui americana: l’indebitamento privato è passato dagli 80 miliardi di euro del dicembre 2005 ai 160 del luglio 2008. Più di un quarto di esso è in mano a banche private francesi e un’altra buona fetta (circa il 50%) è detenuta da istituti di credito di Germania, Italia e Benelux.

Anche una parte consistente del debito pubblico – a proposito dell’illegittimità di cui si parlava prima – è stato contratto in maniera discutibile. Una percentuale di esso è un’eredità del regime dei colonnelli, che ha inaugurato una pratica costosa e riprovevole che fa della Grecia il detentore di un triste primato: quello delle spese militari, che nel paese ellenico ammontano al 4% del PIL, il dato più elevato d’Europa. A cavallo fra gli anni novanta e i duemila, un’altra bella botta l’hanno data le Olimpiadi: il loro costo è stato quantificato il 14 miliardi di euro, ma stime ufficiose parlano di cifre anche più elevate. Inoltre, scandali ed episodi di corruzione hanno contribuito in maniera decisiva ad aggravare la situazione.

Il più clamoroso è il caso Siemens: il colosso tedesco dell’elettronica ha infilato cospicue mazzette nelle tasche di politici e dirigenti statali greci per agevolare l’acquisto di costosi sistemi e attrezzature da impiegare nei settori della sanità, delle telecomunicazioni, della difesa e dei trasporti. Questa situazione ha portato la Grecia al collasso e l’ha resa vulnerabile all’attacco della Troika – Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Banca Mondiale – che, attraverso l’ormai famoso Memorandum, giunto alla terza edizione, sta imponendo durissime misure di austerity al popolo greco. Aumento dell’IVA (passata dal 19 al 21 e quindi al 23%), licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici con contratti a termine, riduzione dei sussidi di disoccupazione, abbattimento dei salari del 30% e così via. Si potrebbe proseguire per pagine e pagine.

I due casi sono paragonabili? Come sottolinea anche Touissant, le differenze in realtà sono numerose. La struttura del debito ecuadoriano era non solo più complessa e composta da molti contratti diversi, ma anche più ostica da analizzare, a partire dalla logistica – c’è stato addirittura un caso di trafugamento di importanti documenti del Ministero delle Finanze dalle stanze dei membri della Commissione. Inoltre, le economie dei due paesi sono profondamente diverse.

L’Ecuador può contare sugli enormi introiti garantiti dall’esportazione del petrolio, settore in cui infatti sono stati posti paletti molto restrittivi per le compagnie private. Naturalmente conta molto anche il contesto geopolitico: se in America Latina i partner con cui percorrere la strada dell’illegittimità del debito sono diversi – non solo Argentina, Venezuela, Bolivia, ma anche soggetti esterni come la Cina –, nel nostro continente l’Unione Europea ha puntato il piede un po’ in tutti i paesi per tenere le porte aperte ai mercati della finanza internazionale e divincolarsi non è facile.

Tuttavia, al di là delle diversità oggettive, esiste qualcosa di meno tangibile ma altrettanto importante di cui tenere conto. Si tratta, molto semplicemente, dell’atteggiamento culturale nei confronti del sistema economico globale, fondato sull’ultraliberismo, sulla crescita infinita come necessità vitale, sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e umane, sul consumo sfrenato, sul denaro virtuale e sul sistema del debito. Rifiutare questi meccanismi e contrapporre loro un’economia reale che tenga conto prima di tutto del benessere dei cittadini e dell’ambiente è già un passo avanti notevole a cui possono seguire misure concrete capaci di intervenire con efficacia sulla realtà.

Lo stesso Eric Touissant racconta di un colloquio intercorso fra George Papandreou e Rafael Correa, in cui l’ex Primo Ministro greco ha chiesto al Presidente ecuadoriano un consiglio su come risolvere la crisi, all’epoca ancora in fase di incubazione. Correa gli avrebbe detto che esistevano due misure, una da adottare e una da evitare assolutamente. La prima era l’istituzione di una commissione che analizzasse il debito pubblico e ne decretasse l’eventuale illegittimità. La seconda era la richiesta d’aiuto al Fondo Monetario Internazionale. Purtroppo per i greci, il Governo ellenico ha fatto l’esatto contrario di ciò che consigliava Correa.

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