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25 luglio 2013

USA: la plutocrazia continua ad opprimere

di Paul Street

Traduzione di Giuseppe Volpe

Cancellazione del programma dei buoni alimentari, risucchio dei sussidi

Sotto l’ultimo articolo di prima pagina sull’Egitto, la Siria, la sentenza Zimmerman o il neonato “baby reale” inglese, la plutocrazia finanziaria degli Stati Uniti e la feroce disuguaglianza economica su cui si appoggia semplicemente continua ad opprimere il conto agricolo della nazione, minacciando di negare un sostegno di base ai quasi cinquanta milioni di statunitensi che non sono in grado di permettersi cibo adeguato. “Ce ne occuperemo in seguito [dei buoni alimentari]” ha dichiarato ai giornalisti lo speaker della Camera, John Boehner, guardandosi bene dall’aggiungere che la Camera cercherà di taglia il sussidio alimentare medio giornaliero dal suo attuale misero livello di 4,39 dollari.

Nel frattempo la Camera si è affrettata a concedere 197 miliardi di dollari in dieci anni alla grande agroindustria. La quota del leone di questa manna a carico dei contribuenti andrebbe, hanno indicato i redattori del New York Times, “a sussidi e ad assicurazioni del raccolto e a materie prime richieste dai baroni del grano, del riso e dello zucchero per riempire i forzieri della campagna.” E se il programma dei buoni alimentari è una parte critica della rete di sicurezza in una nazione dove la disoccupazione reale è raddoppiata in seguito a una crisi economica causata dall’élite della finanza? E se esso è “da molto tempo uno dei programmi contro la povertà più efficaci ed efficienti mai ideati” (redattori del NYT)? Il deputato Steven Fincher (Repubblicano del Tennessee) ha giustificato l’eliminazione del programma (ora noto come Programma di Assistenza Nutrizionale Supplementare, o SNAP) citando la Bibbia: “Chi non lavora non mangia”. Abbastanza prevedibilmente, lo stesso Fincher ha ricevuto personalmente milioni di dollari di sussidi agricoli [1].

Detroit come “laboratorio sperimentale” per spogliare delle pensioni i lavoratori pubblici

Osservatori esperti si aspettano ragionevolmente che la storica e improvvisa pratica di bancarotta recentemente annunciata dalla città di Detroit porterà a una significativa riduzione delle pensioni e dell’assistenza sanitaria dei dipendenti già in pensione della città. Come spiega tranquillamente il Wall Street Journal:

“Agli stati non è consentito di avvalersi delle norme sul fallimento. Ma in alcune città – tra cui Central Falls, Rhode Island, e Prichard, Alabama, che come Detroit hanno sottoposto la pratica prevista dal capitolo 9 del Codice Fallimentare statunitense – il fallimento ha già portato a grandi tagli ai dipendenti pensionati della città … Questi casi denunciano il fatto che i dipendenti comunali non sono protetti e subiscono grandi perdite di un reddito che ritenevano praticamente garantito”, ha affermato Robert Flanders, un giudice nominato dal Rhode Island per controllare e guidare Central Falls attraverso la procedura della bancarotta. … I pensionati di Central Falls hanno accettato in molti casi tagli per il 50% delle prestazioni previdenziali dopo che la cittadina aveva dichiarato fallimento nel 2011. Per contro i detentori di obbligazioni della città sono stati rimborsati per intero.”

“Gli avvocati specializzati in fallimenti e gli esperti di previdenza affermano che questi casi – e quello della domanda di fallimento di Detroit, giovedì – dimostrano che può essere meno doloroso per i sindacati del settore pubblico e per i dirigenti cittadini raggiungere un accordo su come tagliare gli elevati costi delle pensioni prima di presentarsi in aula … ‘La lezione di Detroit è che è meglio occuparsi del problema prima della bancarotta’, ha affermato James Spiotto, un avvocato della Chapman & Cutler LLP. ‘Anche se si ritiene di avere il diritto di essere pagati, in un fallimento si corrono grossi rischi’”.

Si ritiene che sia “improbabile che il governo federale intervenga nel fallimento di Detroit per salvare i dipendenti della città o altri creditori”. [2]

Oltre ad aprire la porta a un’aggressione ai benefici pensionistici, la pratica di bancarotta ex Capitolo 9 della città di Detroit permetterà a un giudice nominato di rendere nulli i contratti sindacali esistenti e di imporre altri tagli alle spese della città.

E se i pensionati della città di Detroit hanno dedicato anni di servizio basandosi sulla promessa di una pensione decente e possono difficilmente permettersi tali riduzioni nei loro anni più avanzati? E se la Costituzione del Michigan protegge formalmente le pensioni pubbliche dello stato (proclamando che “i benefici finanziari accantonati in ciascun piano pensionistico e sistema previdenziale dello stato e delle sue suddivisioni politiche saranno un’obbligazione contrattuale dello stato e non saranno ridotti o compromessi da esso”)? E se i ricchi investitori che probabilmente avranno probabilmente priorità nei pagamenti per intero [3] fanno tutti parte di un’élite finanziaria che ha tolto la spina all’industria manifatturiera statunitense e hanno così causato il declino di Detroit? E se i costi del salvataggio federale di Detroit (18 miliardi di dollari) sarebbero una goccia nel secchio del salvataggio da molti trilioni di dollari (alcune stime arrivano a 29 trilioni di dollari) trasferito dalla quarantreesima amministrazione, Bush, alla quarantaquattresima amministrazione, di Obama, a quelle stesse istituzioni finanziarie arci-parassite di Wall Street che hanno fatto così tanto per portare l’economia statunitense e quella globale sull’orlo dell’abisso nel 2007 e 2008?

La Goldman Sachs e la JPMorgan Chase e altre sono state ufficialmente considerate “troppo grandi per fallire”, diversamente da una grande città statunitense come Detroit, un tempo chiamata “l’arsenale della democrazia” per la centralità del suo settore industriale nella sconfitta del fascismo tedesco e giapponese nella seconda guerra mondiale. Il capitale finanziario dell’élite regge la frusta sui politici e su chi decide della politica attraverso lo sviluppo di questa sbalorditiva ricchezza al controllo della politica e delle politiche utilizzando i finanziamenti elettorali, le lobby, la propaganda, la pubblicità, l’offerta di lavoro, la formulazione delle leggi (ad esempio attraverso l’ALEC, il Consiglio Statunitense di Scambio Legislativo, che redige norme di politica filoindustriale di destra e leggi per il governatore arci-industriale Teapubblicano del Michigan Rick Snyder) e molto altro. Il Wall Street Journal ci spiega che “l’ondata di recenti fallimenti municipali dimostra che le pensioni pubbliche possono essere prive delle reti fondamentali di sicurezza di cui beneficia il settore privato. Le pensioni erogate dalle imprese sono normalmente coperte dalla Società di Garanzia dei Benefici Pensionistici e regolate dalla legge federale. Le pensioni pubbliche non lo sono.” [4]

E’ anche peggio di così. Jane Slaughter, di Labor Notes, riferisce che:

“quelli che propongono che i dipendenti cittadini inghiottano il rospo, segnalano che i giudici fallimentari hanno vasta discrezionalità nel violare i contratti … Una legge recente del Rhode Island specifica che nel fallimento di una città gli obbligazionisti devono essere i primi a essere rimborsati, prima dei pensionati … Chiestogli se il parlamento del Michigan potrebbe approvare una legge simile, [Michael] Mulholland [vicepresidente della più vasta sezione di Detroit del sindacato dei dipendenti pubblici AFSCME] è scoppiato in una risata: ‘Se venisse proposta una legge che preveda che i cittadini di Detroit vadano ammazzati tutti’, ha detto, ‘ci sarebbe chi si alzerebbe a mezzanotte per firmarla …’ Il parlamento dominato dai Repubblicani è da lungo tempo ostile a Detroit, che è a maggioranza nera. Nel novembre del 2012 gli elettori dello stato hanno approvato un referendum che ha respinto una precedente legge sull’”amministratore straordinario”, che era stata utilizzata quasi esclusivamente per assumere il controllo delle città e dei distretti scolastici a maggioranza nera. Poche settimane dopo il parlamento ha semplicemente riapprovato la legge.” [5]

Innumerevoli altre amministrazioni cittadine statunitensi devastate dalla crisi guardano a Detroit come a un modello su come tagliare i loro bilanci. Karol K. Denniston, un avvocato specializzato in fallimenti di Stockton, California, ha detto che New York Times che “se si finisce con un precedente che consente la ristrutturazione delle provvidenze pensionistiche in un fallimento, ciò costituirà un’opzione attraente per le città. Detroit è destinata a diventare un grande laboratorio sperimentale” [6].

I padroni se ne vanno liberi

In un altro articolo il Times riferisce che la dirigente della JPMorgan Chase, Blythe Masters, è libera dal banco degli imputati per aver fatto dichiarazioni false e fuorvianti sotto giuramento ai regolatori federali in relazione alla creazione, da parte della sua società, di elaborati piani di manipolazione dei prezzi rivelatisi inefficienti: “impianti energetici in perdita trasformati in potenti centri di profitto” per gli investitori. La Masters, dal nome adatto, [Masters significa ‘padroni, specialisti, capi’; Blythe è il nome di una bambola; non è certo a cosa alluda l’autore – n.d.t.] è tristemente nota per il suo ruolo nello sviluppo di “strumenti finanziari esotici” (derivati su crediti e altri strumenti generatori di elevate rendite per l’élite finanziaria) che hanno contribuito a far saltare l’economia nel 2007 e 2008. E’ beneficiaria di un accordo in base al quale la JPMorgan Chase risolverà transattivamente un contenzioso con il Comitato Federale di Regolamentazione dell’Energia versando cinquecento milioni di dollari, una somma che “difficilmente intaccherà il saldo di bilancio” della società che “ha riferito la settimana scorsa profitti record per 6,5 miliardi di dollari.” [7]

Risanate dai contribuenti pur mentre milioni di statunitensi finiscono senza cibo e assistenza sanitaria adeguati, le sei più grandi banche sanguisughe della nazione (Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Morgan Stanley, Bank of America, Wells Fargo e Citigroup) sono in una posizione ottima per assorbire sanzioni simili. Sono “inondate di utili”, secondo il giornalista del Times Peter Eavis. Secondo quanto ha riferito Eavis la settimana scorsa:

“Le sei banche più grandi della nazione hanno riferito 23 miliardi di dollari di profitti nel secondo trimestre. Le sei banche più grandi oggi dominano l’industria, rappresentando più di metà degli attivi del settore. Dopo la crisi, ciò ha contribuito a far loro realizzare profitti da mutui e da carte di credito nonché dalle attività di Wall Street, quali l’operatività in titoli e la collocazione di prestiti. I loro utili nel secondo trimestre sono del 40% superiori a quelli dello stesso periodo dell’anno precedente. Negli ultimi dodici mesi i loro profitti complessivi sono stati superiori a 70 miliardi di dollari. In tale periodo la Morgan Stanley, la Goldman Sachs e la banca d’investimenti della JPMorgan, tutte forti presenze a Wall Street, hanno pagato risarcimenti per 41 miliardi di dollari  … Le norme previste o poste in atto nella crisi possono aver aiutato le banche rendendole più resistenti agli shock. Le banche hanno nei propri bilanci attività meno rischiose, il che le ha aiutate a passare attraverso la recente crisi del mercato obbligazionario senza grandi perdite.” [8]

Accresciuta manipolazione del populismo

I capi delle banche sono tuttavia preoccupati per il chiasso dei regolatori federali e di membri del Congresso a proposito di regole più severe e anche di “por fine alle ‘troppo grandi per fallire’”, che il Segretario al Tesoro Jacob Lew afferma (assurdamente) essere “la politica della legge Dodd-Frank e quella dell’amministrazione”. In realtà, tuttavia, non ci sono seri tentativi di smembrare le principali banche e società d’investimento della nazione (e ancor meno di nazionalizzarle) da parte di una qualsiasi sezione del governo federale ostaggio di Wall Street. Dietro le millanterie di tono progressista di alcuni dirigenti e politici c’è il gioco falso progressista, di fregatura della plebe imposto ai politici dalla necessità di guadagnarsi periodicamente il voto della classe lavoratrice, restando regolarmente al servizio della “dittatura non eletta del denaro” (eccellente espressione di David Peterson e Edward Herman) che paga loro le campagne elettorali e molto altro. Come nota Eavis:

“alcuni analisti restano scettici circa il fatto che la Fed e il Tesoro facciano davvero sentire il loro peso a favore del genere di misure aggressive contemplate da alcuni legislatori. I commenti recenti possono essere un tentativo di guadagnare qualche vantaggio politico mostrandosi duri con le banche. E le osservazioni possono essere mirate a ridurre qualsiasi abbrivo stiano guadagnando al Senato le norme più draconiane sulla legislazione bancaria.  … ‘Mi chiedo quanto di questo sia un serio cambiamento di politica e quanto sia un posizionamento dell’amministrazione su un tono più populista in direzione del 2014,” ha affermato Nolan McCarty, un professore di affari pubblici e politici dell’Università di Princeton.” [9]

Diamo un dieci al professor McCarty per aver rivolto lo sguardo su quella che lo scomparso ed ex uomo di sinistra Christopher Hitchens identificò un tempo come “l’essenza della politica statunitense … la manipolazione del populismo da parte dell’élitismo.” [10]

P.S. Sono consapevole di aver scritto questo pezzo mentre quello che è pubblicizzato come un importante discorso di tono progressista e populista è pronunciato a un’ora e mezza a ovest da me dal presidente profondamente neoliberale conservatore Obama, l’uomo che – come Chris Hedges segnala in una notevole intervista sulla rete Real News – “ha distrutto Occupy … in una campagna federale coordinata, poiché quelli che erano più minacciati da Occupy erano di Democratici filoindustriali ed è questo il motivo per cui hanno cercato di cooptare il linguaggio populista ed egualitario e hanno mandato Van Jones [a dire] … occupate le urne elettorali e tutto quel genere di roba.” [11] Avendo appena terminato un altro pezzo sulla retorica debole e ingannevole e falso-progressista del presidente in relazione alla sentenza su George Zimmerman [12], dovrò rimandare il commento sul contenuto hitchensiano, manipolatore del populismo, del più recente “grande discorso” di Obama fino all’inizio della prossima settimana.

Note

1. Redazione del New York Times, 12 luglio 2013; Paul Krugman ‘Hunger Games, U.S.A.’ [Partite della fame, USA], New York Times, 14 luglio 2013

2. Michael Corkery e Matthew Dolan, “Detroit’s Bankruptcy Sparks Pension Brawl,” [La bancarotta di Detroit accende la rissa sulle pensioni]  Wall Street Journal, July 19, 2013, A1, A4

3. Corkery, del Wall Street Journal, mi dice in una email che è troppo presto per dirlo ma lo considero probabile al 75%.

4. Corkery e Dolan, “Detroit’s Bankruptcy” [La bancarotta di Detroit]

5. Jan Slaughter, “The Scourging of Detroit” [La distruzione di Detroit] Counterpunch (23 luglio 2013), http://www.counterpunch.org/2013/07/23/the-scourging-of-detroit/

6. Monica Davey e Mary Williams Walsh, “Billions in Debt, Detroit Tumbles Into Insolvency”, [Miliardi di debiti, Detroit finisce nell’insolvenza], New York Times, 19 luglio 2013, A”3.

7. Ben Protess e Jessica Silver-Greenberg, “A New Tactic by JPMorgan: Conciliation,” [Una nuova tattica della JPMorgan: la conciliazione]  New York Times, 16 luglio 2013, A1, A3; Jessica Silver-Greenberg, “JP Morgan Executive May Escape Penalty,” [Dirigente della JP Morgan può sottrarsi alla pena]  New York Times, July 18, 2013, http://dealbook.nytimes.com/2013/07/18/jpmorgan-executive-may-escape-penalty/?ref=

8. Peter Eavis, ““Big Banks, Flooded in Profits, Fear Flurry of New Safeguards,” [Grandi banche, inondate di profitti, timori di un turbine di nuove restrizioni] New York Times, 18 luglio 2013, A1, B8.

9. Eavis, “Big Banks, Flooded in Profits.” 

10. Christopher Hitchens, No One Left to Lie To: The Values of the Worst Family  [Non è rimasto nessuno cui mentire: i valori della famiglia peggiore] (New York: Verso, 2000), 17-18. 

11.Chris Hedges, “America is a Tinderbox,” Real News Network “ [Gli Stati Uniti sono una polveriera] (19 luglio 2013), http://therealnews.com/t2/index.php?option=com_content&task=view&id=31&Itemid=74&jumival=10461 

12. Paul Street, “The Obama Project and the Politics of Race,” [Il Progetto Obama e la politica della razza] Black Agenda Report (July 24, 2013), http://www.blackagendareport.com/content/obama-project-and-politics-race 


Paul Street (www.paulstreet.org) è autore di molti libri. Quello prossimo ‘They Rule: the 1% v. Democracy’ [Comandano loro: l’1% contro la democrazia] sarà pubblicato da Paradigm Publishers a gennaio 2014.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  http://www.zcommunications.org/the-plutocracy-grinds-on-by-paul-street

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