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22/2/13

Politici muti: pagati e ricattati dalla mafia della finanza

Mps, tangenti, Finmeccanica? Sono solo la vetta dell’iceberg, che spesso esplode – a orologeria – col pretesto puntuale della corruzione, grazie a dossier tenuti nel cassetto per il momento opportuno: vedi la liquidazione improvvisa di Di Pietro e della Lega, anch’essa travolta da strani scandali, e persino le intimidazioni che, da Siena, minacciano il Pd: guai a sgarrare, a deviare dall’agenda Monti. E’ la mafia, bellezza: e tu non puoi farci niente. Lo sostiene un economista europeo come il professor Bruno Amoroso. La mafia di cui parla è quella della finanza, che adotta gli stessi metodi di Cosa Nostra: usa i politici, li compra, li ricatta e li fa fuori quando non servono più o, addirittura, quando minacciano gli affari. Il grande business? Aver permesso di inquinare, con “titoli spazzatura”, il portafoglio delle banche. Ricostruzione-choc: i nostri politici sono tutti sotto ricatto, perché hanno accettato – a suon di miliardi – di svendere il sistema bancario alla finanza tossica, senza protestare.

Un virus nato negli Usa, che ha infettato le banche europee. Fino all’assurdo finale dell’euro, la moneta che pretende di governare un continente: «Essere addirittura governati direttamente da una banca, in questo caso la Bce, è un’idea da ospedale psichiatrico: è la moneta che deve servire noi, non viceversa». Così, mentre la politica continua la sua recita ipocrita, fingendo di litigare sul nulla, la finanza si è già mangiata la nostra economia: «In pochi anni, il rapporto tra economia reale ed economia finanziaria è diventato non più confrontabile», dice Amoroso a Perugia, presentando il libro-denuncia di Raffaele Ascheri sull’uomo del Montepaschi (“Giuseppe Mussari, una biografia non autorizzata”). Il problema? E’ ormai sotto gli occhi di tutti: «C’è una massa monetaria in giro per il mondo ottenuta grazie alla globalizzazione, quindi ai famosi processi di liberalizzazione e privatizzazione, che ha creato una montagna finanziaria che oggi domina l’economia e non solo», afferma Amoroso nel suo intervento, ripreso da “Megachip”.

Denaro virtuale, ottenuto con denaro: «Questo naturalmente ha una storia: tu parti da Nixon e arrivi ad Obama». Ma, in parallelo, «quello che è successo negli Stati Uniti è successo in tutta Europa, anche in Italia». E quello che è accaduto è semplice, dice Amoroso: «L’economia finanziaria ha prodotto sempre di più prodotti finanziari che gli economisti, con terminologia tecnica, nella letteratura economica chiamano “titoli spazzatura”». Ce ne sono vari tipi: dai cosiddetti “titoli ninja”, «creati per suicidarsi, coinvolgendo in cose strambe chi li detiene stabilmente», fino ai “titoli al neutrone”, ispirati dal nome della bomba che ammazza le persone ma risparmia gli edifici. Difatti: «I “titoli al neutrone” hanno fatto fallire i possessori di casa, a partire dagli Stati Uniti, per arrivare a noi». Hanno quest’effetto: «Distruggono l’economia delle persone ma lasciano intatti gli immobili di cui poi le banche si appropriano».

L’economia finanziaria ha preso il controllo del potere, quello economico e poi anche quello politico. E’ accaduto anche in Italia, naturalmente, grazie all’uomo chiave del super-potere finanziario anglosassone: Mario Draghi. Tutto comincia nel 1971, quando gli Usa riformano il sistema bancario e danno il via libera alle banche d’affari. Il colpo di grazia arriva negli anni ’90 con Bill Clinton, che liberalizza i mercati finanziari, padroni a quel punto di creare impunemente i famosi “titoli spazzatura”. Quella legislazione «viene di sana pianta importata in Italia», dove Draghi, prima impegnato alla Banca Mondiale, nel 1991 «diventa improvvisamente direttore generale al Tesoro». Da quella posizione, Draghi «promuove la privatizzazione di tutte le banche italiane». Nascono così le grandi banche d’affari come Intesa, Unicredit e Montepaschi. «Sono queste le banche che sono state veicolo dei “titoli spazzatura”». E chi scelse Draghi come “cavallo di Troia” per promuovere il processo di privatizzazione? «Goldman Sachs, la Lehman Brothers e la svizzera Ubs».

Terminato quel decennio, dopo aver operato ufficialmente come “servitore dello Stato”, Draghi «ha quindi tutti i dati sensibili in mano», dunque «conosce tutto sul nostro sistema bancario che lui ha creato». E cosa fa? «Va a lavorare, senza colpo ferire, alla Goldman Sachs». Dal 2002 al 2005, diventa il manager della Goldman Sachs per l’Europa, «nel silenzio totale di tutti, dei politici (destra, sinistra) e degli istituti di controllo». E poi dove va? In pensione, carico di miliardi? Macché. Nel 2006 diventa governatore della Banca d’Italia, cioè «l’istituto di sorveglianza di tutto il sistema del credito». Ovviamente “non si accorge” che in quegli anni, proprio attraverso la Goldman Sachs, sono arrivate valanghe di “titoli spazzatura” nella pancia delle banche italiane. «Però lui, il “sorvegliatore”, non lo sa». Cade dalle nuvole, infatti, quando scoppia la grande crisi finanziaria del 2008. L’anno seguente, nella sua relazione, ammette: il crac mondiale ha tolto 5 punti di Pil all’Italia, provocando il crollo di un’economia che «veniva da una crescita tra le più alte d’Europa».

Che fare, a quel punto? Semplice: congelare subito i super-profitti alle banche, bloccare i favolosi bonus dei dirigenti bancari e sequestrare tutti i titoli, cercando di identificare le banche inquinate dalla “spazzatura”, per poi magari fare causa anche al governo Usa, che quei crediti aveva garantito. Figuriamoci. «Draghi disse: siccome ci hanno rubato 5 punti di Pil, dobbiamo riformare il mercato del lavoro, tagliare pensioni e sanità, riformare la scuola». Ma che c’entrano il lavoro, la scuola, la sanità e le pensioni con la truffa dei banchieri-spazzatura? La politica, quella che avrebbe dovuto “battere i pugni”, ha semplicemente obbedito: governo Monti, riforma Fornero, silenzio-assenso (e voti a favore, in aula) da Pd e Pdl, i cantori del “voto utile”, rimasti muti di fronte al suicidio economico-sociale dell’Italia: prima la devastazione delle banche, poi quella del paese. Lo ha spiegato bene Paolo Barnard: Elsa Fornero lavora dal 1999 per il settore pensionistico privato. Il miglior business? Ovvio: demolire il settore pubblico, anche la scuola e la sanità. La crisi fa esplodere i fatturati degli sciacalli, è il loro affare d’oro: spremere la classe media, che si rifugia nel settore privato dopo che quello pubblico è stato terremotato.

Dal maggio 2011, intanto, l’inarrestabile Draghi è alla Bce. Super-poltrona dalla quale «comincia a riacquistare, anche dalle banche italiane, i “titoli spazzatura” in cambio di denaro contante». Tecnicamente: «Sta facendo un riciclaggio, e con lui il sistema finanziario sta facendo il riciclaggio dei “titoli spazzatura” che la Goldman Sachs ha esportato in Europa e anche in Italia, e che noi oggi paghiamo per riciclarli, cosicché poi nessuno riesca neanche più ad identificarli». Ma non era la mafia, almeno dei film, a fare questo lavoro sporco? Questa, conclude Amoroso, è una mafia ben più potente. Che infiltra le istituzioni e usa politici, partiti e banche, attraverso l’enorme ricatto del potere che viene dal denaro. Lo spiega bene il caso Mps. Ma attenzione: siamo tutti in pericolo, perché «in tutte le banche italiane ci sono queste bombe a orologeria».

Domanda: perché, su questo, la politica tace? «Quello che a me sorprende – dice Amoroso –è che in Italia non ci si chieda come mai, nel corso degli ultimi 15-20 anni, sono stati rovesciati fiumi di denaro sulla politica». C’è una ragione, ovviamente: «Perché poi, questi fiumi di denaro dati ai politici e alla politica, non è che sono venuti di nascosto». Macché, «erano trasparenti, sono stati fatti attraverso le leggi, i regolamenti, e nessuno è intervenuto». Nessuno: «Non è intervenuto il Capo dello Stato, non sono intervenuti la Ragioneria, la Corte dei Conti». Il veleno è penetrato nel più assoluto silenzio, e quel silenzio è stato pagato profumatamente. «E’ stato fatto perché i politici non vedessero, non sentissero, non parlassero. In questo modo è stato acquisito un consenso: anche per questo, in questi vent’anni, sono state fatte le cose più ignobili».   E oggi, mentre queste bombe ad orologeria scoppiano, «i politici tacciono, non fanno nulla». Perché? «Perché i corruttori sanno bene dove stanno i soldi che hanno dato ai corrotti, ed ecco che inizia il gioco sporco». Esempio: il Carroccio. «La Lega rompe le scatole, fa i capricci perché non vuole più sostenere il “governo della finanza”? La decapitano». Stessa sorte è riservata a chi si mette su quella strada: «Nel momento in cui un personaggio – a me non simpatico, tra l’altro di destra, come Di Pietro – comincia a fare i capricci, che fanno? Lo mettono sulla graticola». Rischia persino l’obbediente Pd: nel momento in cui il partito di Bersani  ha anche solo «qualche dubbio amletico», fuori tempo massimo, e «pronuncia qualche parola in difesa degli interessi dei cittadini, dei lavoratori, degli imprenditori», ecco che scatta la minaccia, attraverso il crac di Siena: state attenti, perché altrimenti toccherà anche a voi.

«Abbiamo una politica che non solo istituzionalmente è dipendente dalla Banca Centrale Europea, che poi è la finanza statunitense, ma abbiamo una situazione in cui la politica è sotto ricatto perché è stata corrotta attraverso un processo sistematico», denuncia Amoroso. «Si è creato un sistema di potere collusivo, fatto di ricatti, di pressioni – un sistema che ci fa capire anche la vicenda Finmeccanica». Premessa: «Un paese che si butta nell’industria di guerra è chiaro che entra nei meccanismi più perversi della corruzione». Eppure, «certe magagne vengono fuori nel momento in cui bisogna dare dei segnali forti, perché il “governo della finanza” altrimenti non vince le elezioni: questo è il caso italiano, ma avviene dappertutto». Per questo, il caso del Monte dei Paschi di Siena «aiuta a capire questi meccanismi», perché spiega «come funziona questo blocco di potere nuovo, dominante, che si è formato». Mette in luce «i suoi aspetti più odiosi, più biechi». Metodi antichi, in realtà, direttamente «mutuati» da un’organizzazione non proprio nata oggi: la mafia.

«Voi sapete – aggiunge Amoroso – che la mafia iniziò la sua espansione coi palazzinari, poi col business dell’agricoltura, poi con quello della droga». Oggi c’è la finanza, ma la musica non cambia: «Ogni volta che la mafia ha cambiato strategia che faceva? Faceva arrestare tutti quelli del vecchio gruppo dirigente». Naturalmente, «ogni volta che è successo che hanno arrestato tutti i capi della mafia, in realtà stavano ripulendo un giro di dirigenti, perché l’arresto di Riina è la fine della mafia della droga, che segna l’inizio della mafia della finanza». Testualmente: «La mafia della finanza è quella che oggi sta in sella e naturalmente elimina i personaggi un po’ sporchi e che si ostinano a voler guadagnare in forme che non sono moderne, che non fanno più parte delle cosche vincenti del potere». Trasferite questo tipo di analisi, dice Amoroso – questo rinnovo dirigenziale delle organizzazioni criminali – a quello che sta succedendo anche nella politica italiana: «E’ chiaro che c’è dietro un bel disegno di potere che va avanti abbastanza indisturbatamente».

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