Diretta

ore 12.00: Il corteo raggiunge l'istituto tecnico Martini e confluisce poi in piazza San Cosimo.

ore 11.30: Da sotto la regione parte il lancio di oggetti. La polizia non risponde. I manifestanti scalpitano e si muovono di nuovo in corteo selvaggio proseguendo oltre via Roma e bloccando la città.

ore 11.10: Il corteo viene caricato! I manifestanti hanno fronteggiato i reparti di polizia schierati sotto i portici del Palazzo Regionale spingendo sugli scudi. La polizia ha caricato. Uno studente ferito al volto è stato trasportato in ospedale, altri contusi. Il corteo non si è disperso e ora si è ricomposto in via roma davanti alla polizia.

ore 10.50: Dopo una sosta nel Largo bloccato dal corteo, i manifestanti imboccano via Roma diretti al Palazzo del Consiglio Regionale

ore 10.15: Da via Manno il corteo punta verso via Roma con passo sostenuto. Passaggio in piazza Matteotti, davanti alla stazione delle Ferrovie e dell'Arst interventi contro il caro trasporti

ore 10.00: Il corteo è partito. Pioggia battente su Cagliari. Si risale via Alghero poi via Garibaldi. Vengono scanditi cori per l'alluvione e le responsabilità dello Stato. Anche bandiere No Tav in marcia.

ore 9.30: Piazza Repubblica inizia a riempirsi. Già un migliaio al concentramento, dove confluiscono i cortei dalle scuole occupate. Ieri intanto era arrivata la notizia che il pullman proveniente da Olbia non avrebbe raggiunto Cagliari per il persistere dell'allerta meteo. I manifestanti sono restati in Gallura dove c'è ancora molto lavoro da fare per ripulire la città dal fango. A Cagliari si aspetta il pullman da Oristano.  

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La manifestazione termina in piazza San Cosimo. In più di un migliaio hanno risposto alla sollevazione che si è snodata per le vie della città determinata ad anteporre la lotta e la voglia di riscatto ai sacrifici. Le lotte degli studenti contro le politiche di austerità si sono infatti intrecciate al dramma dell'alluvione senza rassegnazione, rifiutandosi di ascoltare per l'ennesima volta la storiella della "fatalità naturale". Oggi a Cagliari, giovani provenienti da varie parti dell'isola, hanno indicato che nella crisi come nelle catastrofi ci sono dei responsabili politici precisi. Gli stessi che impongono all'isola disoccupazione, cassintegrazione e aumento degli sfratti; gli stessi che danno priorità alla costruzione di nuove carceri, all'allargamento dei poligoni militari e che svendono il territorio sardo a speculatori di ogni sorta cementificandolo selvaggiamente; gli stessi che vivono i palazzi del potere e che hanno schierato la polizia per far proteggere quelle quattro mura di via  Roma. Ma oggi la rabbia non si è fatta addomesticare facilmente e ha scelto di sfidare questa arroganza. Le loro cariche non mettono più paura.

Questo pomeriggio alle 17 alla Facoltà di Lettere e Filosofia, ex Magistero, in via is Mirrionis 1 un'assemblea pubblica deciderà di come proseguire, organizzare e far crescere le forme della sollevazione in Sardegna.

22 novembre sollevazione a Cagliari

Il 22 novembre sarà giornata di lotta in Sardegna. La chiamata di un appuntamento di mobilitazione, sollevazione e assedio ai palazzi del governo regionale a Cagliari ha ricomposto istanze sociali trasversali. A partire dalla maturazione di un'indisponibilità giovanile a continuare a subire un esproprio di decisionalità e possibilità è stato fin'ora ribaltato lo schema di convocazione delle lotte per il lavoro che in questi anni ciclicamente hanno accerchiato il palazzo del Consiglio di via Roma.

Quale discontinuità? A Cagliari un tessuto militante giovane si è allargato crescendo tra cortei studenteschi, stadio e antifascismo militante. Contro un'idea di lotta “rivendicazionista”, abituata ad approcciarsi alle istituzioni e alle sue sedi per chiedere o domandare, questi giovani hanno impostato un lungo lavoro di mobilitazione che passasse prima di tutto dal protagonismo di piazza. Un'istintiva inimicizia verso i meccanismi della delega a soggetti politici organizzati più o meno istituzionali, non più meritevoli di fiducia perché non all'altezza delle promesse di scardinare conflittualmente i rapporti di subalternità che su tutta l'isola hanno fatto pesare impoverimento e devastazione del territorio, ha portato a scartare due fondamentali opzioni di mobilitazione affaciatesi negli ultimi anni in Sardegna.
Da una parte quella dei grandi contenitori come la Consulta Rivolutzionaria – dimostratisi più adatti a soffocare che ad alimentare la spinta propulsiva di organizzazioni capaci anche di considerevoli dimostrazioni di forza come il Movimento Pastori Sardi – e dall'altra quella delle varie lotte (Alcoa, Eurallumina, Carbosulcis) per il diritto al lavoro e per un welfare del rimborso per lo scempio della post industrializzazione, ingabbiate nei grandi blocchi dei sindacati e delle pastoie della mano lunga delle clientele politiche.

A partire dalle mobilitazioni studentesche dello scorso anno è cresciuto allora un nuovo protagonismo giovanile di piazza. A Cagliari cortei non autorizzati si muovevano di scuola in scuola, trascinando gli studenti fuori dagli istituti e spesso facendo convergere diversi pezzi di corteo nei punti nodali della città. Anche quest'anno il 9 ottobre e il 15 novembre sono state date autonome di mobilitazione studentesca. I cortei hanno attraversato le strade della città, avanzando con una discreta autonomia di movimento conquistata contro le intimidazioni della digos e a partire dalla risoluta ostilità verso i tentativi di contenimento di una polizia spiazzata. Il protagonismo e la maturazione soggettiva dei giovani manifestanti si costruisce soprattutto sulla sfida di scendere in piazza per bloccare la città, sulla sfida di guadagnare attivamente una libertà di movimento.
Nel frattempo le assemblee sono andate ingrossandosi. Numerosi collettivi sono sorti nei singoli istituti cagliaritani: Michelangelo, Siotto, Fois, Dettori, Alberti, Pacinotti. Si sono stretti rapporti con i collettivi di Oristano e con quello autonomo di Olbia. Tentativi di infiltrazione nei cortei di gruppuscoli fascisti sono stati stroncati, trascinando pezzi sostanziosi dell'Unione degli Studenti nelle pratiche imposte da una prospettiva di movimento e rottura. Dal 15 novembre, in vista della sollevazione del 22, diversi istituti sono stati occupati: Siotto, Michelangelo, Fois, Brotzu artistico a Quartu, De Castro a Oristano. Altri, come l'Euclide, autogestiti.

Il bisogno soggettivo di mettersi di traverso, di scendere comunque in piazza partendo da una distanza verso le forme della politica di governo del territorio sardo, ha portato i giovani coordinati nel Collettivo Autonomo Studenti Casteddu a rintracciare nelle scuole uno spazio di organizzazione politica. Su parole d'ordine precise – dall'opposizione al caro libri, al caro trasporti, all'emergenza edilizia scolastica – si è sviluppato un terreno di lotta capace di esprimere la materialità una condizione giovanile interna alla profondità sociale di quanti in Sardegna accusano l'esproprio di reddito, tra disoccupazione, cassintegrazione, indebitamento massiccio e aumento degli sfratti.

Questa rabbia ha fatto prevalere la volontà di riscatto anche davanti al dramma dell'alluvione che ha piegato l'isola. Si è imposta l'inaccettabilità del vivere ancora una volta il dolore in silenzio. L'inaccettabilità di ricostruire a testa bassa, senza farsi troppe domande, senza indicare responsabili.
“Il 22 Novembre, - afferma una nota del CASC - data di sollevazione generale sarda, scendiamo in piazza anche per loro, per le vittime dell'alluvione. Esistono dei responsabili. Persone con nome e cognome che siedono in Consiglio Regionale, che avrebbero dovuto garantire la sicurezza della gente e che invece preferiscono continuare a promuovere nuova cementificazione, nuova devastazione del territorio, nuove basi per nuove "catastrofi".”

Questo 22 novembre sorge dunque da una potenza soggettiva, da una voglia di mettersi in gioco passando all'attacco. In questo la sua ricchezza, il suo poter essere uno spazio effettivo per l'emersione di un protagonismo sociale, giovanile e non, riottoso ai programmi ma disponibile a schierarsi contro.

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