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Gennaio 04, 2013

La marcia della pace. “Da soli tutto rimane un sogno, insieme una grande realtà”
di Erika Furlan

L'8 dicembre 1967 Papa Paolo VI proclamò il primo gennaio come Giornata Mondiale della Pace.

Quest'anno dedicata ai “Beati  Costruttori della Pace”, coloro che con il loro crederci nel profondo cercano di creare condizioni per dare vita a concreti percorsi dove tutti gli esseri umani possano vivere nel reciproco rispetto in piena serenità. Da circa venti anni ogni primo giorno dell'anno anche a Trieste, organizzata dal Comitato Pace Convivenza e Solidarietà "Danilo Dolci"  si svolge la Marcia della Pace.

Perché tu che sei di Brescia, o meglio che svolgi le attività in quel territorio, ti sei ritrovata a Trieste?? Così inizio la mia conversazione con Tiziana Volta, membro di Mondo senza Guerre e senza Violenza, associazione internazionale umanista  promotrice, tra l'altro, nel 2009 della prima Marcia Mondiale della Pace e della Nonviolenza, che vide la partecipazione veramente immensa in tutto il nostro pianeta.

Che non me ne vogliano i bresciani, ma nonostante io abbia scoperto questa città per motivi medici, me ne sono innamorata fin dal primo istante. Esserci il primo gennaio è stato il mio regalo di  Natale. Partecipare a una marcia della pace ha un significato particolare e farlo a Trieste ancora di più. Una città con una sua grande storia, fatta soprattutto di tolleranza verso tutte le comunità culturali e religiose. E’ un luogo di confine con tutto quello che significa in fatto di conflitti, a volte armati e cruenti, come le due guerre mondiali.

Quest'anno come si è svolta?

Al posto di partire, come di consueto, dal piazzale accanto al Duomo di San Giusto, l’appuntamento era davanti al sagrato della Sinagoga, a ricordo dei 75 anni delle leggi razziali proclamate da Mussolini. Da lì abbiamo proseguito fino alla lepide posta presso il conservatorio Tartini, dai ciu poggioli pendevano i cadaveri dei partigiani trucidati dai nazisti. Siamo arrivati alla stazione Centrale, da dove partivano i carri umani verso i lager. Ad aspettarci lo scrittore sloveno, ormai centenario Boris Pahor, sopravvissuto ai campi di concentramento -ce ne siamo andati in 600, siamo ritornati in 30-. 

Un momento particolare dell'evento di quest'anno?

Eravamo di fronte al conservatorio Tartini. Un giovane iscritto all’Anpi locale ha tenuto un breve ma significativo discorso. –Per la pace puoi lottare, per la pace ti puoi innamorare. La pace però deve essere associata ad altra memoria, perdono, ma soprattutto volontà vera e sincera di pace-. Mi ha fatto piacere che sia stato un  giovane a ricordarlo.

Che significato ha partecipare a una marcia della pace?

Partecipare a eventi pubblici, quali possano essere, significa innanzitutto dimostrare apertamente e fermamente la tua scelta di vita. Vuol dire unire idealmente con le persone che sono li con te le energie per dare ancora più forza ai cammini intrapresi, magari arricchendoli con la memoria e gli intenti di altri territori come è stato per me con Trieste il primo giorno di quest'anno appena nato. Ho sempre con me la parole del sindaco di Hiroshima durante un altra marcia della pace, quella del 2 maggio 2011 da Times Square, a poche ore da un fallito attentato e alla vigilia dell'apertura dei Trattati di Non Proliferazione. Citò una canzone di John Lennon “Da soli tutto rimane un sogno, insieme una grande realtà.

Quale speranza porti da Trieste?

Durante la marcia si sono ricordati sia la Palestina che la Siria. Pur con un immenso dispiacere per non ritornare nella città che adoro, io spero con tutta me stessa di essere il primo gennaio 2014 in territorio siriano perché questo vorrebbe dire che li siamo veramente all'inizio di un cammino democratico attraverso la pace e la nonviolenza. Intanto si sta cercando di portare  poco alla volta l'albero della pace, il caco che è sopravvissuto alla bomba atomica di Nagasaki. Un esemplare sta crescendo dal 14 aprile 2012 proprio a Trieste al Parco San Giovanni da dove nel 1978 nacque la legge Basaglia. So già che tanti saranno scettici a questo cammino ma c'è una grande realtà che ci dimostra che tutto è possibile. Dal 9 giugno 2012 un caco di Nagasaki sta crescendo a Kabul nel Giardino della Pace e della Speranza,. nell'Afganistan dove solo oggi ci sono stati altri morti, in una guerra che avrà un suo termine perché la speranza di pace sta crescendo attraverso un semplice albero che dimostra la grande forza di rinascita della Natura di fronte alla capacità distruttiva umana”.

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