Originale: redpepper.org
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31 Maggio 2013

World Social Forum: una svolta a Tunisi
di James O’Nions
traduzione di Giuseppe Volpe

Le migliaia di attivisti, organizzatori di movimenti politici e sociali internazionali che sono scesi a Tunisi per il World Social Forum (WSF) alla fine di marzo non avevano certo potuto mancare di notare che due anni prima nel paese c’era stata una rivoluzione. Tanto per cominciare gli organizzatori avevano drappeggiato il centro cittadino con striscioni che dicevano “La rivoluzione della dignità dà il benvenuto al World Social Forum”. Poi, l’Avenue Bourguiba nel centro di Tunisi era adornata di piuttosto meno accoglienti rotoli di filo spinato, stesi in tutta la loro estensione per tutta la settimana.

Il contrasto sintetizza forse l’atteggiamento del partito islamista Enhadda al governo nei confronti dell’evento: desideroso di dimostrare al mondo le proprie credenziali democratiche accogliendo il forum (e anche le migliaia di turisti extra non hanno fatto certo danno), ma consapevole che le forze della sinistra laica coinvolte nell’organizzazione sono anche tra i principali avversari degli islamisti.

Ciò nonostante, l’appellativo di “rivoluzione della dignità”, diffusamente usato nel paese ma largamente ignoto all’estero, ha una certa eco reale con il modo in cui il rovesciamento del dittatore Zine El Abidine Ben Ali è considerato popolarmente ora. Tali eventi hanno restituito la dignità ai tunisini, anche se due anni dopo i problemi includono molti di quelli che esistevano in precedenza e altri nuovi. La disoccupazione e ferma a circa il 17 per cento (un’economia fortemente dipendente dal turismo europeo è stata duramente colpita dalla sollevazione della rivoluzione) e in aprile il governo ha concordato un prestito di 1,13 miliardi di dollari con il FMI, che si è presentato come il solito promotore delle politiche neoliberali.

Esse comprendono una “politica monetaria prudente” per controllare l’inflazione e “riforme strutturali per migliorare la competitività dell’economia”. Traduzione: tagli alle spese e privatizzazioni. In effetti, come ha riferito il Financial Times, il governo ha già “aumentato il prezzo dei combustibili di quasi il 7 per cento, aumentato le tasse sugli alcolici e tagliato le sovvenzioni al latte prodotto dallo stato”. Considerato che erano stati i programmi di “aggiustamento strutturale” sotto il ragazzo copertina del FMI, Ben Ali, a contribuire a scatenare la rivoluzione, il nuovo prestito serve forse a sottolineare il modo in cui la rivoluzione è finita per essere limitata a questioni di democrazia politica.

Per la sinistra, la recente formazione del Fronte Popolare, una promettente alleanza elettorale di sinistra, è stata seguita dall’assassinio del suo popolare leader, Chokri Belaid, solo un mese prima che avesse luogo il WSF. Anche se gli assassini non sono stati ancora identificati, l’omicidio è diffusamente considerato come un’ulteriore prova del crescente potere dei salafiti nel paese. Come in Egitto, il sostegno dell’Arabia Saudita è un fattore significativo per la crescente influenza di tali estremi reazionari sociali. Ciò nonostante, il fatto che un milione di persone, secondo quanto riferito, abbia preso parte al corteo del suo funerale, in un paese di soli dieci milioni, suggerisce che la sinistra non è ancora spacciata.

Logica duplice

E’ questo il contesto nel quale il World Social Forum è arrivato in Tunisia. La logica è stata duplice. Da un lato il SWF avrebbe rafforzato la sinistra tunisina con una dimostrazione pubblica di sostegno internazionale e la promozione dei collegamenti esistenti, assieme con l’occasione di coinvolgere strati più ampi della popolazione tunisina in un vivace movimento progressista. Dall’altro lato, lo stesso WSF, ora con una storia di dodici anni e con un futuro incerto, sarebbe stato rinvigorito dalla “Primavera Araba”.

Quanto al primo motivo, il risultato è sembrato abbastanza positivo. Migliaia di giovani tunisini in particolare hanno provato interesse e hanno avuto luogo accesi dibattiti sul ruolo dell’Islam nella vita pubblica, sulla guerra civile in Siria e sull’occupazione marocchina del Sahara occidentale. (Anche se il WSF ha una forte tradizione di sostegno alla lotta di liberazione Sahrawi, la delegazione ufficiale del governo marocchino ha fatto eccezione a ciò, anche se comunque quest’ultima ha poco interesse alla partecipazione al WSF). Il forum ha fatto notizia in tutta la Tunisia e ha avuto un forte impatto nella capitale.

Uno studente tunisino, Sossi Mohamed Sadek, ha dichiarato all’attivista pacifista statunitense Medea Benjamin: “E’ stato come l’attuarsi di un sogno, vedere la nostra università sovraffollata di 50.000 persone da Africa, Europa, America Latina, Stati Uniti, Medio Oriente … è stato straordinario. Sono venuto via con nuove idee e nuovi amici che certamente avranno un forte impatto sulla mia vita.

E’ stato perciò particolarmente infelice che molte delle sessioni organizzate dalle organizzazioni di campagne internazionali siano state pressoché segregate in una parte del campus dell’università dove si teneva il WSF, con le sessioni organizzate dai nordafricani (e condotte in larga misura in arabo) interamente in un altro spazio. E senza voler sottovalutare le difficoltà di organizzare le traduzioni in uno spazio così eterodosso e sottofinanziato come il WSF, le possibilità di scambio non sono state esattamente agevolate dalle barriere linguistiche. Comunque i partecipanti hanno parlato bene dell’Assemblea delle Donne, forse riflettendo la crescita dell’organizzazione internazionale femminista attraverso gruppi come la Marcia Mondiale delle Donne e l’Assemblea delle Donne Rurali nell’Africa meridionale, così come della nuova spinta all’organizzazione delle donne in Egitto e nel Maghreb dopo la primavera araba.

Il WSF è dunque utile in modi diversi almeno al movimento globale contro il neoliberismo. L’occasione di incontrarsi e di discutere con persone di tutto il mondo resta vitale il coordinamento globale, che si tratti di discutere del cambiamento climatico o della giustizia fiscale. E per ogni sessione composta da un tavolo sovraffollato di oratori verbosi che non lasciano spazio alla discussione, ce ne sono altre che trasmettono lezioni preziose su particolare lotte o decidono di creare reti internazionali, come quella di opposizione ai droni, emersa da una sessione del forum di quest’anno.  

Il forum di chi?

Ma ci sono anche problemi. Scritte su alcuni degli striscioni hanno condannato l’evento come un “forum del capitale”. Forse di ultrasinistra, ma segnalano un problema in corso relativo al patrocinio industriale del WSF. La compagnia petrolifera brasiliana, in parte pubblica e in parte privata, Petrobras ha avuto un ruolo qui, assieme come linee aeree nazionali e simili in paesi ospiti. L’USAID, il braccio imperialista di sviluppo del governo USA, è stato lieto di organizzare uno stand al forum di quest’anno, almeno fino a quando le proteste non lo hanno rimosso. Fortunatamente il fatto che il WSF è uno spazio, e non un movimento, significa che le sponsorizzazioni hanno uno scarso impatto diretto sulle politiche che vi sono discusse.

Ciò nonostante, la centrale sindacale brasiliana, Central Unica dos Trabalhadores (CUT), se n’è preoccupata al punto da diffondere un volantino che condannava le sponsorizzazioni e sollecitava una riaffermazione dei principi anticapitalisti. Ha anche dichiarato: “Nella nostra visione il WSF sarà aperto a chiunque; a reti, a movimenti spontanei, a movimenti sociali organizzati, a ONG, ecc.”. Anche se formalmente le cose stanno già così, prendere sul serio questa idea comporta delle riforme dell’organizzazione del WSF.

C’è una crescente separazione tra il modus operandi del WSF e di eventi analoghi al WSF e le forme di resistenza basate su movimenti al capitalismo post crisi finanziaria. In Tunisia la generazione più giovane che ha fatto la rivoluzione è stata alienata dal processo organizzativo del WSF dallo stile organizzativo comunista della sinistra tradizionale.

All’evento gli attivisti di Occupy USA e GB e del movimento M15 (indignados) spagnolo, organizzati all’insegna del movimento Piazze Globali, hanno creato uno spazio orizzontale partecipativo all’interno del forum. Anche se il numero delle persone sedute ai seminari sulle loro sedie di plastica sotto un albero è stato inizialmente basso, hanno fatto uno sforzo reale di coinvolgere i tunisini e la partecipazione è aumentata nel corso del forum. Sabato, quando il forum era finito salvo alcune manifestazioni, hanno trasferito il loro spazio nell’Avenue Bourguiba e coinvolto molte altre dozzine di passanti in una discussione sul mondo che volevano vedere, svoltasi in larga misura in arabo.

Si è trattato di uno degli interventi più interessanti del forum. Ovviamente il suo successo complessivo non riduce in alcun modo l’importanza dei sindacati o delle ONG nel movimento più ampio. Né io vorrei glissare sui suoi difetti; il consenso è un processo difficile, ad esempio, quando le persone vanno e vengono in continuazione. Ma ciò rafforza la sensazione che il WSF deve adattarsi o veder svanire il proprio significato.

Un movimento nuovo

In realtà ci sono sollecitazione dall’interno dell’”establishment” del WSF a fare proprio questo. Chico Whittaker, un attivista brasiliano e radicale cattolico coinvolto nella creazione del WSF nel 2001, ha sollecitato lo scioglimento del comitato internazionale, l’autonominato e auto-perpetuantesi consiglio del WSF. Al suo posto egli propone sostanzialmente il coordinamento diretto a cura di un movimento organizzato.

Whittaker dice: “Definisco questo un movimento nuovo perché dovrebbe necessariamente di nuovo tipo, in coerenza con la nuova cultura politica costruita sui social forum: strutturata come una rete, orizzontalmente, come i nuovi movimenti che sorgono dovunque, ma con una portata globale; prendere organizzazioni all’unanimità, nei corpi organizzativi creati per iniziative specifiche; con militanti ma senza la nomina di leader o portavoce; in dialogo con i partiti e i governi, ma conservando la propria autonomia rispetto a essi.”

Secondo la proposta di Whittaker, il movimento dovrebbe tenere un’assemblea generale sia prima sia dopo il WSF, occupandosi delle proprie questioni e decidendo dove debba tenersi il WSF successivo. Lo stesso WSF resterebbe, come ora, uno spazio aperto ai partecipanti indipendentemente dalla loro adesione alla politica del movimento. E’ un’idea audace, che tenta di risolvere sia la questione del rapporto con la politica in stile indignado sia con la questione di più lungo corso se il WSF debba tentare esso stesso di diventare un movimento, con alcune politiche e iniziative globali condivise.

Le difficoltà associate all’organizzazione di un movimento a base orizzontale su scala globale sono molte, tuttavia, ed è improbabile che la proposta sia accettata anche con modifiche ed elaborazioni significative. Ciò nonostante, il fatto che La Via Campesina, un movimento globale che coinvolge milioni di persone nel processo decisionale a un certo livello, esista già suggerisce che forse non dovremmo cancellare l’ambizione troppo facilmente.

Il WSF è stato circondato sin dall’inizio da discussioni sulla sua utilità e su quanto ci si debba attendere da esso. Ciò nonostante il suggerimento di Immanuel Wallerstein che il WSF sia “vivo e in buona salute” e adempia alle sue funzioni, sembra inutilmente compiaciuto. Con crescenti sollecitazioni che il WSF agevoli meglio la creazione di una “solidarietà orizzontale tra le persone e le organizzazioni”, per usare le parole di Tomaso Ferando, il comitato internazionale del WSF ha l’occasione di offrire una chiara guida verso una politica più partecipativa. Ma ciò implica anche che tutti quelli che vengono al WSF debbano riflettere sulla nostra prassi politica e escano dal nostro ambiente sicuro.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/world-social-forum-a-new-turn-in-tunis-by-james-o-nions

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