http://www.greenreport.it
2 gennaio 2013

Edgard Morin, il 2013, la sinistra e la dotta ignoranza degli esperti
di Umberto Mazzantini

«La riforma della conoscenza e del pensiero è un preliminare, necessario e non sufficiente, ad ogni rigenerazione e rinnovamento politico»

 Le Monde ha inaugurato il 2013 con un editoriale del sociologo e filosofo Edgar Morin, intitolato "En 2013, il faudra plus encore se méfier de la docte ignorance des experts" che inizia citando una frase del Manifesto Roosevelt del 2012: «Purtroppo, i nostri leader sembrano totalmente superati: oggi non sono in grado di offrire una giusta diagnosi della situazione e incapaci, di conseguenza, di fornire soluzioni pratiche alle sfide. Tutto avviene come se avesse preso il comando una piccola oligarchia interessata solo al suo futuro a breve termine».

Secondo Morin, "una diagnosi giusta" «Suppone un pensiero capace di riunire e di organizzare le informazioni e le conoscenze delle quali disponiamo, ma che sono compartimentate e disperse». Un modo di pensare che - come ha detto Cartesio - dovrebbe essere cosciente dell'errore per cui sottovalutare i propri errori è ignorare ciò che è sbagliato. La leadership politica dovrebbe «Essere consapevole dell'illusione di sottovalutare l'illusione. Errore ed illusione hanno portato i leader politici e militari del destino della Francia al disastro del 1940, hanno portato Stalin a dare fiducia ad Hitler, il che per poco non ha distrutto l'Unione Sovietica. Tutto il nostro passato, anche recente, è pieno di errori e illusioni: l'illusione di un progresso illimitato della società industriale, l'illusione dell'impossibilità di nuove crisi economiche, l'illusione sovietica e maoista. Oggi regna ancora l'illusione di una uscita dalla crisi dell'economia neoliberista, quella che ha prodotto questa crisi. Regna anche l'illusione che l'unica alternativa sia tra due errori: l'errore è che il rigore sia il rimedio alla crisi, che la crescita sia il rimedio al rigore. L'errore non è solo cieco di fronte ai fatti. È una visione unilaterale e riduttiva che vede un elemento, un aspetto della realtà stessa, sia singola che molteplice, vale a dire complessa. Purtroppo, Il nostro insegnamento che ci fornisce molteplici conoscenze non ci insegna niente sui problemi fondamentali della conoscenza, che sono i rischi di errore e di illusione, e non insegna per nulla le condizioni di una conoscenza pertinente, che è in grado di affrontare la complessità delle realtà».

Per Morin, nel mondo della tecnologia digitale, «Le nostre macchine per fornire le conoscenze sono incapaci di fornirci la possibilità di collegare le conoscenze, perché prodotte con spirito miope, cieco. Paradossalmente, l'accumulazione di conoscenze non correlate produce una nuova e molto dotta ignoranza tra gli esperti e gli specialisti, che pretendono di informare i leader politici e sociali. Peggio ancora, questa dotta ignoranza non è in grado di percepire il vuoto spaventoso del pensiero politico e non solo in tutti i nostri partiti in Francia, ma in Europa e nel mondo».

Morin, di fronte a grandi movimenti "polverizzati" che diventano insiemi di persone che non trovano partiti ad organizzarne rabbia e speranza (come vediamo anche nell'inizio di questa campagna elettorale, dove riemergono liste personali) ricorda che nella primavera araba, ma anche di Spagna ed Usa, abbiamo visto «Una gioventù animata dalle più giuste aspirazioni  alla dignità, alla libertà, alla fraternità, che dispone di una energia sociologica perduta tra gli anziani addomesticati o rassegnati: abbiamo visto che questa energia dispone di un'intelligenza strategica capace di abbattere le dittature. Ma abbiamo anche visto questa gioventù dividersi, l'incapacità dei partiti a vocazione sociale di formulare una linea, una via, un disegno, ed abbiamo visto dappertutto nuove regressioni all'interno stesso delle conquiste democratiche. Questo male è generalizzato. La sinistra è incapace di estrarre dalle sue fonti libertarie, socialiste, comuniste, un pensiero che risponda alle condizioni attuali dell'evoluzione e della globalizzazione. E' incapace di integrare la fonte ecologica necessaria a salvaguardare il pianeta. I progressi di un vichysme (dal regime collaborazionista filo-nazista francese di Vichy, ndr)  rampante, che non impone nessuna occupazione straniera, impone al popolo repubblicano di sinistra il primato di quel che fu la seconda Francia reazionaria».

Qui le assonanze con quanto accaduto in Italia con il governo tecnico, con l'operazione politica dell'agenda Monti e con il commissariamento spietato dell'economia e della politica greca, portoghese, spagnola e irlandese si fa stringente e arriva all'attualità francese. «Il nostro presidente di sinistra di una Francia di destra non può ricadere nelle illusioni di una vecchia sinistra, né perdere ogni sostanza ricentrandosi verso destra - scrive Morin - E' condannato ad un "en avant". Ma questo necessita di una profonda riforma della visione delle cose, vale a dire della struttura del pensiero. Questo presuppone, a partire da una diagnosi pertinente, di indicare una linea, una via, un progetto che riunisca, armonizzi e sinfonizzi le grandi riforme che apriranno la nuova via».

Morin sembra parlare anche alla sinistra italiana impegnata in primarie molto personalistiche o frantumata e rincollata in formazioni che sembrano costituite da reduci di vecchie certezze o appassite novità, ad una sinistra che sembra cercare (e probabilmente trovare) la strada del governo e dell'opposizione radicale o che si rifugia nell'Aventino del grillismo e dell'astensione, senza pensare davvero all'alternativa, a quel progetto comune che è il solo in grado di aprire la nuova via che Morin ha tracciato nel suoi due libri "La Voie" e "Le Chemin de l'espérance".

Il filosofo francese sottolinea che, a differenza dell'Italia, oggi in Francia è ben presente la necessità di una riforma della conoscenza e del pensiero attraverso l'educazione pubblica: «Il reclutamento di più di 6.000 insegnanti deve permettere la formazione di professori di un nuovo tipo, adatti a trattare i problemi  fondamentali e globali ignorati dalla nostra istruzione: i problemi della conoscenza, l'identità e la condizione umana, l'era planetaria,  la comprensione umana, l'affrontare le incertezze, l'etica. Su questo ultimo punto, l'idea di introdurre l'insegnamento di una morale laica (cosa impensabile in Italia, dove il Vaticano si schiera in campagna elettorale, ndr) è sia necessaria che insufficiente. La laicità dell'inizio del XX secolo è stata fondata sulla convinzione che il progresso fosse una legge della storia umana e che si accompagnasse necessariamente al progresso della ragione ed al progresso della democrazia. Oggi sappiamo che il progresso umano non è né certo né irreversibile. Conosciamo delle patologie  della ragione e non possiamo tacciare come irrazionale tutto quel che c'è dentro le passioni, i miti, le ideologie. Dobbiamo tornare alla fonte della laicità, allo spirito del Rinascimento, che è la problematizzazione, e dobbiamo problematizzare quella che era la soluzione, cioè la ragione ed il progresso».

Morin si chiede, «La morale allora?» e risponde: «Per uno spirito laico, le fonti della morale sono antropo-sociologiche. Sociologiche: nel senso in cui la comunità e la solidarietà sono sia le fonti dell'etica che le condizioni del vivere bene nella società. Antropologiche: nel senso in cui tutti i soggetti umani portano in sé una doppia logica: una logica egocentrica, che lo mette letteralmente al centro del suo mondo, e che conduce al "me per primo"; una logica del "noi", vale a dire del bisogno di amore e della comunità che compare nei neonati e si sviluppa nella famiglia, nei gruppi di appartenenza, nei partiti, nella patria».

Ma lo sguardo di Morin non ha infingimenti e dall'alto della sua età e della sua esperienza è impietoso: «Siamo in una civiltà nella quale sono degradate le vecchie solidarietà, dove la logica egocentrica è sovrasviluppata e dove la logica del "Noi" collettivo si è "sottosviluppata". E' per questo che, oltre all'istruzione, dovrebbe essere sviluppata una grande politica di solidarietà, che comporti il servizio civico di solidarietà della gioventù, per ragazzi e ragazze, e l'istituzione di case della solidarietà destinate a soccorrere chi vive in difficoltà e solitudine. Così, potremo vedere che uno degli imperativi politici è quello di fare di tutto per sviluppare congiuntamente quel che appare come antagonista agli spiriti binari: l'autonomia individuale e l'integrazione comunitaria».

Insomma, Morin pensa ad un nuovo protagonismo politico (senza mai pensare all'eliminazione della forma-partito), ad una nuova pedagogia laica e progressista nell'era dell'atomizzazione livellante e conformista della globalizzazione ipercapitalista: vede le fessure e gli squarci nel velo del pensiero unico che la sinistra istituzionale non percepisce e che la nuova sinistra guarda con lenti ingrandenti poste troppo spesso su occhiali con una montatura vecchia o fatta di nuovi settarismi.

Morin conclude richiamandoci ad un nuovo umanesimo: «Così, possiamo già vedere che la riforma della conoscenza e del pensiero è un preliminare, necessario e non sufficiente, ad ogni rigenerazione e rinnovamento politico, ad ogni nuova strada per affrontare i problemi vitali e mortali della nostra epoca. Possiamo vedere che dobbiamo cominciare oggi una riforma dell'educazione attraverso l'introduzione dei problemi fondamentali e vitali che ognuno deve affrontare come individuo, cittadino, essere umano».

top