Asharq AlAwsat Chi o cosa salverà gli arabi da se stessi? Non si esagera nel dire che il mondo arabo è diventato prigioniero di una impasse storica che non si vedeva dai tempi della Nahda (il Risveglio) araba degli inizi del XX secolo. La Primavera Araba, lungi da essere una finestra spalancata attraverso cui i popoli arabi possono decidere di intraprendere il proprio destino, fa pagare invece agli stessi popoli conflitti e guerre civili, da cui nessuno sa come tirarsi fuori. I popoli arabi hanno perso un intero secolo e mentre sognavano l’unità araba hanno finito per trovarsi coinvolti in conflitti religiosi, settari, confessionali e politici. Tali scontri minacciano di frammentare una nazione araba in tanti piccoli Stati, rendendo i “fratelli” arabi nemici gli uni degli altri. Perché siamo arrivati a questo? Pensatori ed intellettuali, arabi e non, ancora non trovano una risposta univoca. Alcuni dicono che dietro i brutti colpi sofferti dalle nazioni arabe ci sia Israele. Perché quest’ultima avrebbe tutti gli interessi nel vedere la nazione araba frammentarsi, con le sue contraddizioni in subbuglio e i dissidi a livello umano e culturale che si fanno più forti. Indubbio è che Israele abbia giocato tale ruolo con successo. Poi c’è chi incolpa l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, per il fallimento prolungato del mondo arabo. A partire dal suo cieco sostegno a Israele, che ostacola la pace nella regione; passando per l’occupazione dell’Iraq, che ha acceso la disputa tra sciiti e sunniti, per finire con la posizione intermittente presa dagli U.S.A. rispetto alla guerra civile in Siria e alla Primavera Araba. Certo è che gli Stati Uniti sono i primi ad avere interessi in Medio Oriente, tra Israele e petrolio, mentre la democrazia non è altro che una bella sicurezza o un pretesto per intervenire o meno. Troviamo poi chi sostiene che l’Iran e l’esportazione della rivoluzione islamica iraniana, col progetto degli sciiti nella regione, abbiano gran parte della responsabilità. E non si hanno tutti i torti a pensarlo. Tuttavia, l’insieme di questi fattori non è sufficiente a definire ciò che ha spinto gli arabi nel punto in cui si trovano oggi. Secondo il pensatore arabo Malik bin Nabi, in linea generale le società arabe nate dal potere coloniale non hanno ancora trovato norme autentiche e solide per i governi che le amministrano. Inoltre, eccezion fatta per gli Stati del Golfo, si trovano ancora inclini al default in ambito economico-sociale, piuttosto che al benessere e alla modernità. Tutto ciò non aiuta ad avere fiducia in sistemi di governo democratici in cui il potere viene trasferito attraverso libere elezioni, donando al popolo libertà e dignità. Perciò il potere resta nelle mani dei militari o in balia delle strade. Un altro fattore ad essere emerso di recente nel caos del destino arabo è quello dei partiti e dei movimenti politico-religiosi ed in particolare dei Fratelli Musulmani. Ma queste forze politiche cosiddette islamiche non hanno princìpi, obiettivi o progetti definibili in un unicuum. Si estendono semmai in un ampio spettro che va da AlQaeda ai salafiti, da Hamas a Hezbollah, fino a Ennahda e all’Akp turco. Tra loro c’è chi non crede nella democrazia e chi la considera coerente con l’Islam e la sharia. Includono inoltre anche chi auspica che le società arabe tornino com’erano durante l’avvento dell’Islam, e chi invece accetta uno Stato civile e pluralista. Quanto sta accadendo in Egitto nella lotta tra la Fratellanza e le forze politiche civili che si battono per la laicità e la democrazia è un filtro poiché si ripete in ogni Paese arabo in cui gli islamisti arrivano al potere o vi si avvicinano. Beh, quello che sta accadendo in Egitto, Tunisia, Siria ed Iraq non è la fine della Primavera Araba, ma è l’inizio di lunghi inverni nazionali e panarabi. E la scommessa è su chi vincerà il prossimo round nei conflitti divampati oggi: saranno gli islamisti o i liberali? I nazionalisti o i progressisti? O forse i militari, nelle cui braccia si lanceranno ancora una volta i popoli come ultima risorsa? Oppure eromperanno nuovi sub-conflitti all’interno di conflitti più grandi (si veda la questione curda)? Ed i Paesi arabo-islamici assisteranno magari a divisioni nelle attuali entità nazionali? Tutto è, purtroppo, un possibile scenario futuro, dinanzi all’incapacità della comunità internazionale di intervenire per impedirlo e delle menti e volontà arabe per evitarlo. La disperazione ha ormai spinto alcuni popoli arabi verso la comunità internazionale affinché li aiuti ad uscire da questa impasse storica. Che ironia… O non è forse la comunità internazionale che spera che i popoli arabi chiedano il suo intervento per salvarli da se stessi? Sarà il nuovo marchio per le grandi potenze dalla cui colonizzazione e dal cui dominio i Paesi arabo-islamici hanno a lungo combattuto per liberarsi?
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