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Processo Dal Molin.
Flavio Lotti: i pacifisti hanno agito in difesa della legalità internazionale Oggi Flavio Lotti è stato ascoltato dai giudici di Vicenza che stanno esaminando la posizione dei 30 cittadini accusati di aver occupato le scale della Prefettura di Vicenza per protestare contro la costruzione della base americana al Dal Molin lo scorso 16 gennaio 2008. “Gli imputati devono essere assolti perché il reato non esiste. La loro azione nonviolenta è stata realizzata in difesa e non in violazione della legalità. Il diritto internazionale dei diritti umani generato dalla Carta delle Nazioni Unite vieta la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Allo stesso modo in cui la vieta e la ripudia la nostra Costituzione. Opporsi alla costruzione della seconda base americana a Vicenza è dunque un atto che scaturisce dalla volontà di difendere la legalità internazionale. Da quella base, posta sul suolo italiano, potranno partire operazioni militari contrarie alla legge e al diritto, che non hanno niente a che vedere con la difesa della patria e le norme che la regolano. I cittadini vicentini che il 16 gennaio 2008 hanno occupato per mezz’ora le scale della Prefettura di Vicenza senza mai impedire il passaggio di alcuno, con un atteggiamento assolutamente inoffensivo, hanno agito in stato di necessità per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, dei mezzi di comunicazione e dei responsabili della politica su un problema particolarmente grave. Forti di un largo consenso diffuso sul territorio, il loro intento primario è stato di sollecitare le autorità competenti a realizzare una consultazione popolare che consentisse a tutti di esprimersi e di inviare un messaggio chiaro alle istituzioni nazionali e internazionali. Come si concilia la costruzione della nuova base militare con il secondo articolo dello Statuto del Comune di Vicenza e con il primo articolo della legge (n.55) con cui la Regione Veneto “riconosce la pace e lo sviluppo quali diritti fondamentali della persona e dei popoli”? Purtroppo il referendum non è stato autorizzato e la base è in via di costruzione. Resta il fatto che l’impegno responsabile di tanti cittadini ha consentito di sollevare un problema tanto grave, che non doveva passare sotto silenzio. Per questo dobbiamo gratitudine ai vicentini che hanno avuto il coraggio di opporsi anche quando a prevalere erano la rinuncia e la rassegnazione. La base di Vicenza che si sta costruendo non è una base della Nato: è una base americana. Senza aprire ora una pur necessaria riflessione sulla Nato, mi domando: che bisogno c’è oggi, molti anni dopo la fine della guerra fredda, di mantenere ancora delle basi americane in Italia e in Europa al di fuori del quadro della Nato e dell’Onu? A quali esigenze strategiche di sicurezza risponde questa differenziazione? E’ possibile porsi queste domande senza essere ideologicamente accusati di antiamericanismo? Si dice che la base americana di Vicenza non contiene nessun deposito di armi e non ha finalità belliche offensive né difensive ma soltanto logistiche. Eppure tutti sanno che ogni macchina da guerra è risultato dell’assemblaggio di numerose componenti singolarmente innocue. La domanda sulla destinazione d’uso di Vicenza è dunque politicamente e moralmente pertinente e inevitabile. La cessione di una nuova parte del nostro territorio ad un paese straniero, seppur alleato, che assuma comportamenti lesivi del diritto e della legalità internazionale e della stessa Costituzione Italiana ci rende corresponsabili di tali violazioni? Alcuni sostengono che si tratta di un atto dovuto che discende dagli impegni sottoscritti dal nostro paese con l’alleato americano. Quali sono questi impegni? Quando e da chi sono stati sottoscritti? Perché il Parlamento non ha ancora potuto visionarli? Fino a quando sono validi? Non è forse il caso di cominciare a rivederli? Si dice che gli impegni internazionali debbono essere sempre rispettati. Ma allora… perché l’Italia non rispetta ancora gli impegni contro la povertà che il governo si è assunto con l’Onu e tutti gli altri paesi del mondo, come gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio? Un paese moderno e un governo consapevole delle sfide che deve affrontare, deciso ad impegnarsi per la pace secondo il diritto internazionale dei diritti umani, la carta dell’Onu e la propria Costituzione, deve rispondere a queste domande in modo franco, senza pregiudizi e anacronistici ideologismi. Per quanto potrò fare, continuerò a porre queste domande e a sollecitare, dentro e fuori il Parlamento, la revisione di tutti gli accordi che ci legano alla grande macchina della guerra. Di tutto questo io credo si debba discutere apertamente, nella società come nella politica, nelle organizzazioni della società civile, nei movimenti come negli enti locali e in Parlamento. Io mi batterò anche per questo. Intanto esprimo tutta la mia personale solidarietà ai vicentini oggi accusati da uno stato che, al contrario, dovrebbe additarli ad esempio.” Flavio Lotti,
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