traduzione a adattamento di fm da un articolo di Jean-Paul Ribes /fonte : Lettre du Tibet Comité de Soutien au Peuple Tibétain et 36 15 Tibet Info


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Chi é il Panchen Lama?

Questo titolo prestigioso che deriva dal termine sanscrito “pandita” : erudito e dal tibetano “chenpo” : grande, fu offerto in omaggio dal V Dalai Lama (1600) al suo precettore, l’abate del monastero di Tashi Lumpo a Shigatsé. 
Da quel giorno nulla avrebbe separato il “grande erudito” dall’”oceano di saggezza”, uniti come il sole e la luna, così si dice in Tibet. 
Questo forte legame è fondato su due principi: la riconoscenza oltre la morte umana e l’insegnamento dei rituali più profondi. Sappiamo che nel passato le due personalità ebbero tra loro seri conflitti che però terminarono sempre con una riconciliazione e mai fu messa in dubbio la fedeltà di uno verso l’altro. 


Anche il X° Panchen Lama, morto nel 1989 non ebbe mai, malgrado gli sforzi del governo Cinese, una sola parola di disconoscimento per il Dalai Lama. Anzi, concluse la sua ultima apparizione pubblica interrogandosi sull’occupazione Cinese nel suo paese, e sui suoi effetti più nefasti che benefici. Dopo di che morì improvvisamente ciò che naturalmente fece sorgere numerosi dubbi e sospetti. Fu nominata una commissione dall’autorità d’occupazione cinese per cercare la sua reincarnazione. A presiederla c’era Chadrel Rinpoché che era stato messo a capo di Tashi Lumpo. Questi rispettò scrupolosamente tutti i rituali propiziatori come richiesto dalle stesse autorità cinesi. Dei 28 candidati selezionati, furono scelti tre poi, come era convenuto, si trasmisero le informazioni dall’altra parte dell’Himalaya, al Dalai Lama, affinché terminasse la scelta consultando l’oracolo, interpretando i sogni, ecc. La scelta cadde su Gendun Choekyi Nyima, figlio di una famiglia di nomadi della regione de Nagchu, distante un centinaio di km da Lhasa 
Il Dalai Lama divulgò la notizia il 15 maggio 1995. In tutto il Tibet il “ritorno” del Panchen Rinpoché trascinò con sé giubilo e festeggiamenti, ma i Cinesi la presero molto male. Riesumando una tradizione risalente agli imperatori manciù pretesero di avere il diritto di fare loro stessi la scelta tramite un sorteggio. La verità è che nel 1792 un imperatore manciù, Qian Long, con l’accordo più o meno divertito del Dalai Lama, decise di istituire un rituale nel quale davanti alla statua del buddha, si sarebbe sorteggiato uno dei tre nomi scritti su di una plachetta in avorio e chiusi in un’urna d’oro. I nomi però sarebbero stati scritti e scelti dal Dalai Lama o dal Panchen Lama. Bisogna ricordare che l’imperatore era buddista, educato da precettori tibetani, devoto del Dalai Lama. Presso il Tibet Bureau si precisa che questa procedura folcloristica fu utilizzata solo tre volte in 2 secoli e l’ultima volta fu nel 1888. 
I Tibetani si opposero fermamente alla scelta cinese, allora il bambino e la sua famiglia furono rapiti e portati in una località sconosciuta. Chadrel Rinpoché, l’abate troppo scrupoloso fu arrestato assieme al suo segretario. Le autorità inviarono delle brigate per la rieducazione in tutti i monasteri e soprattutto a Shigatsé per sedare eventuali rivolte. 


Ecco le consegne: 

1. tutti i monaci dovranno rimanere calmi.

2. nessun movimento del corpo sarà tollerato, le teste non dovranno muoversi.

3. nessuno è autorizzato ad andare alla toilette durante le riunioni. Chi non osserverà queste regole sarà considerato sostenitore di Chadrel Rinpoché e verrà punito severamente. 


La folla accolse gli ufficiali a colpi di pietra ed allora l’esercito fu schierato attorno a Shigatsé. La rivolta dei monaci si tradusse con dei manifesti su cui si leggeva: Solo il capo di tutti i tibetani e l’apostolo della pace nel mondo, il Dalai Lama, è abilitato a riconoscere la reincarnazione del Panchen Lama”. 48 lama furono arrestati. Uno di loro si suicidò piuttosto che arrendersi. Solo in ottobre si apprese che Sengchen Lobsang Gyaltsen, monaco rosso, di sinistra nomea, che era stato messo dai Cinesi a capo di Tashilumpo durante la rivoluzione culturale, dirigeva ormai il monastero. Il 17 novembre 1995, 75 grandi lama, pistola alle tempie, furono convocati a Pechino 
Alcuni di loro sono da tempo ostaggi della Cina, che cerca ancora una volta di servirsi di loro. 
A Lhasa si dice che il governo aveva promesso a Pagpalah Gelek Rinpoché di liberare suo figlio, condannato per assassinio, se avesse preso posizione contro il Dalai Lama. L’ultimo giorno i Lama sono stati fatti posare in compagnia di Jiang Zemin e del Politburo al completo. 
Mancava però Ngapo Ngawang Jigmé, collaboratore nro 1, giudicato troppo conciliante poiché aveva riconosciuto che l’attuale Dalai Lama non era stato “sorteggiato” dall’urna d’oro. 
Attualmente, protetti dagli sguardi indiscreti e contando sull’indifferenza dell’opinione pubblica mondiale, i Cinesi hanno continuato con la loro parodia. Hanno sviluppato una violenta campagna contro il Dalai Lama. Una campagna che rischia però di suscitare l’effetto contrario, riavvicinando i tibetani al loro capo spirituale. 
A Parigi il Quai d’Orsay cerca ancora di capire come un bambino di 6 anni possa scatenare una tremenda tempesta sul tetto del mondo.

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