ALTERNATIVE INFORMATION CENTER Un nuovo giorno di arresti e detenzioni senza processo La questione dei prigionieri palestinesi resta al centro del conflitto. La detenzione per ragioni politiche la longa manus dell’occupazione israeliana. E oggi si accavallano notizie di nuovi arresti. Fino in Indonesia. Dopo lo sciopero della fame di Khader Adnan, lungo 66 giorni, con la quale il prigioniero politico palestinese è riuscito a piegare le autorità israeliane, ieri è giunta la notizia della sentenza del tribunale militare israeliano di fronte al quale è stato presentato il caso di Hana Shababi. La donna, in detenzione amministrativa dal 16 febbraio, data di inizio del suo personale sciopero della fame, ha ottenuto ieri dalla corte la riduzione dell’ordine di arresto: da sei a quattro mesi. Una vittoria a metà che non ha accontentato Hana. Lo sciopero prosegue, ora al 19esimo giorno, perché non si tratta del numero di notti di permanenza dietro le sbarre di una prigione. Si tratta di combattere contro uno strumento politico, la detenzione amministrativa, una misura cautelare extragiudiziale che riconosce pieno potere all’esercito israeliano nell’incarcerazione e la detenzione di civili palestinesi. Senza accuse né processo. A poche ore dalla sentenza “a favore” di Hana, è arrivata la notizia dell’estensione dell’ordine di detenzione amministrativa per un membro del Consiglio Legislativo Palestinese. Mohammad Abu Teir resterà dietro le sbarre senza alcuna accusa ufficiale per altri sei mesi. Abu Teir, 60 anni residente nel villaggio di Kafr ‘Aqab a Nord di Gerusalemme e membro del partito di Hamas, era stato portato via dalla sua casa dalle forze di sicurezza israeliane lo scorso 6 settembre. Ordine di detenzione amministrativa di sei mesi. Avrebbe dovuto essere liberato oggi, ma a poche ore dal rilascio gli è stato notificato un nuovo ordine: altri sei mesi. Abu Teir era già stato arrestato più volte in passato, l’ultimo arresto nel 2006 per essere poi rilasciato nel 2010. In totale, nella sua vita, ha speso circa 30 anni dietro le sbarre. Prima la carta d’identità che lo riconosceva come residente di Gerusalemme gli è stata ritirata, poi l’esilio dalla città santa. Ieri notte l’esercito israeliano ha arrestato inoltre sei palestinesi di Hebron e tre di Beit Ummar, nello stesso distretto. In piena notte le forze israeliane hanno occupato la città, sono penetrati in numerose abitazioni e le hanno perquisite. I sei palestinesi arrestati sono stati identificati: Monjid Jihad Ar-Rajabi, Mohammad Hammad Ar-Rajabi, Monjid Fawwaz Borqan, Rafiq Suleiman Az-Zaro e i due fratelli Waheed e Farid Abu Qweidir. Nel villaggio di Beit Ummar, rapiti e portati via dall’esercito tre giovani palestinesi: Mo’taz Khaled Awad, 18 anni, il fratello Ayyash di 17 e Basel Khaled Abu Salem, 16 anni. I giovani del villaggio hanno reagito lanciando pietre e bottiglie di vetro contro i soldati che hanno risposto con gas lacrimogeni e proiettili di gomma. Infine, una notizia che non vede il coinvolgimento dell’esercito israeliano, seppure a finire dietro le sbarre sono stati ben 67 palestinesi. Un gruppo di “turisti” che dall’Indonesia tentava di raggiungere l’Australia via mare per ottenere asilo politico. La polizia di Java li ha fermati: 67 palestinesi, tra cui 24 bambini, stavano per prendere un autobus diretto al porto di Garut. Secondo quanto riportato dalla polizia, “pianificavano di arrivare sull’Isola di Natale, in Australia, ma non avevano alcun documento valido. Sono comunque entrati in Indonesia legalmente, come turisti”. Arresti anche dall’altra parte del globo.
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