Fonte http://quieteotempesta.blogspot.it Non abbiamo altra scelta, se non resistere Davide è tra gli inquisiti dell'operazione che una settimana fa ha portato 8 compagni agli arresti domiciliari. Lui non è stato preso. Dalla Rete ci giunge questa sua lettera di riflessione sulla giornata dell'8 dicembre e il momento che il movimento sta attraversando. Due giorni fa ho letto che la più alta corte della repubblica, con una sentenza, ha decretato la distruzione delle telefonate del capo dello stato, intercettate nell’ambito delle inchieste sulla trattativa stato-mafia, affinché nessuno possa conoscerne il contenuto. Istituzioni e forze dell’ordine da un lato, cupole dell’imprenditoria illegale dall’altro, e in mezzo stragi, attentati, coperture politiche, assassinii e funerali di stato. Poi ho visto un video pubblicato sul sito di Ltf, la società preposta alla costruzione del Tav, dove un punto della Val di Susa veniva perforato per circa un metro da macchinari, inquadrati in modo ossessivo per due minuti. Quel video esprime uno stato d’animo ansiogeno, la voglia di esorcizzare qualche fantasma. Talvolta il potere ha bisogno di distruggere un supporto digitale, affinché nessuno possa conoscere i modi della sua perpetuazione; altre volte ha bisogno di esibire un’immagine, perché il potere, oggi, vive anche dell’immagine che di quella perpetuazione è in grado di offrire. Sappiamo che le stragi e gli assassinii in questo paese avvengono affinché siano possibili nuove perforazioni, affinché il nostro denaro possa finire sotto le cupole dell’imprenditoria legale e di quella illegale, e i luoghi in cui viviamo possano essere trasformati in invivibili monumenti al profitto. Noi, in questa Italia, siamo i banditi: dobbiamo guardarci dalle indagini della polizia, dalle inchieste delle procure, dalla demonizzazione giornalistica; dobbiamo affrontare gli arresti, gli interrogatori, i fogli di via. Nessuno meglio di noi ha toccato con mano quanto violento sia il filo che unisce i vertici dello stato alle aziende impegnate negli studi preliminari e nelle trivellazioni, passando per le procure della repubblica, le redazioni dei giornali, i blindati della polizia. La casta mostra di temere un movimento che parte dalla gente comune, per dire no a un modello di sviluppo e di vita basati sulla devastazione e sul profitto, sulla violenza e sulla grande intesa criminale. Per tutti questi motivi domani, 8 dicembre, vorrei poter essere con voi in Val Clarea, per ribadire la mia contrarietà alla costruzione della linea ad Alta Velocità nel giorno in cui, sette anni fa, il Movimento No Tav riuscì in poche ore a liberare la Val Cenischia dai prodromi del primo cantiere. Allora la polizia si ritirò, lasciando spazio, come si suol dire, alla “politica”, ossia al tentativo di ingannare i valsusini attraverso falsificazioni dei dati e vuota propaganda, il tutto sotto la regia del commissario Virano e del suo Osservatorio. Se oggi siamo ancora qui, a lottare, è perché la valle è stata più forte della “politica”: ha saputo costruire le proprie conoscenze, informarsi e decidere. Se continuiamo a lottare è perché l’inganno della politica come mestiere, in valle, non ha funzionato, lasciando spazio alla politicità viva del rifiuto e della condivisione, della ricomposizione e della critica. Purtroppo domani non potrò essere con voi: la mia condizione attuale mi impone di restare altrove, forte della solidarietà che le lotte sociali sanno produrre ovunque, nell’Europa dei conflitti e delle mobilitazioni contro la crisi. In questi sette anni abbiamo espresso e accumulato una forza immensa, trasformando ogni campagna pubblica, ogni inchiesta giudiziaria, ogni battaglia comunicativa nel loro Vietnam. Le difficoltà del nostro avversario sono iniziate qui, l’8 dicembre di sette anni fa. Ci attaccano perché siamo popolari, donne e uomini dalle facce pulite, che un giorno hanno deciso di mettersi in marcia. Ci attaccano per la nostra forza e per la nostra caparbietà, temendo che diventino contagiose; e in effetti lo sono già state. La forza e la determinazione di persone come Giudith, Francesca, Cecilia, Forgi, Mattia, Ruben, Massimo e Damiano, cui va il mio saluto e il mio abbraccio militante; la forza e la caparbietà di tutte le imputate e gli imputati nei processi contro il Movimento, ma anche e soprattutto di tutte e tutti coloro che combattono la devastazione della valle e vivono i presidi, si organizzano nei paesi, percorrono sentieri, organizzano l’informazione e l’approfondimento, trasmettono l’amore per la propria terra. Fermarci è impossibile. Abbiamo imparato negli anni a camminare sui ciglioni impervi, a pensare con le nostre teste, e in fondo anche a sentirci clandestini in questo mondo di telefonate e cupole, manette e devastazioni, cui preferiamo il mondo che, nel vivo delle nostre lotte, è già in costruzione. Per questo non abbiamo altra scelta, se non resistere; e quale condizione è migliore, per chi si onora di calcare gli stessi sentieri delle partigiane e dei partigiani? L’8 dicembre, anche se altrove, sarò al vostro fianco; convinto che, al termine di tutte queste avventure, nostra sarà l’ultima battaglia. A sara dura! Davide
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