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13 Gennaio 2012

La Marcia Internazionale Nizza-Atene è a Roma fino al 17 gennaio
di Salvina Elisa Cutuli

La Marcia Internazionale Nizza-Atene è arrivata a Roma. Dal 10 al 17 gennaio i quartieri della capitale si riempiono di agorà, dibattiti, proposte per un confronto tra persone provenienti da vari stati europei in cammino verso la costituzione di una nuova società, basata sui valori della nonviolenza e dell'ascolto. Abbiamo incontrato e intervistato chi, un passo dopo l'altro, ha deciso di 'riprendersi il mondo'.

Immaginate il cammino di Santiago de Compostela, ma che al posto della fede religiosa – che spingeva un tempo i fedeli a percorrere 738 Km ed oggi è sostituita dallo spirito di avventura e ricerca spirituale – a muovere il “cammino” di cui sto per parlarvi siano i valori di non-violenza e inclusione, di partecipazione attiva, di orizzontalità e di riunione.

Mi riferisco alla Marcia Internazionale Nizza-Atene che proprio in questi giorni è arrivata nella capitale e si fermerà fino al 17 gennaio, con l'obiettivo di portare un messaggio di speranza e unità. E proprio a Roma la marcia darà vita alla grande agorà internazionale, uno spazio fisico che attraverso la formazione di una rete internazionale cerca di costruire le basi di una società diversa che dia priorità alla vita prima che agli interessi economici e politici. I quartieri di Roma si riempiranno di dibattiti, proposte, gruppi di lavoro, assemblee itineranti e laboratori.

Dopo l'esperienza dell'agorà di Bruxelles sono state scelte simbolicamente Roma ed Atene come luoghi in cui ripetere l'evento – ogni volta sempre diverso – per motivi ben precisi. A Roma e in Italia in genere, un movimento che si muove dal basso stenta a decollare e c'è bisogno di una maggiore sensibilizzazione; Atene, invece, è stata protagonista prima di altri stati europei della grande crisi che ha colpito e continua a colpire il sistema sui cui si regge il mondo e per cui gli “indignanti” di tutto il mondo si battono. Entrambe le città, poi, sono state adombrate da atti di violenza durante la manifestazione dello scorso 15 ottobre che si è svolta al livello mondiale.

Il 10 gennaio io ero lì, in piazza San Giovanni, ad incontrare i ragazzi e le ragazze che partecipavano a questa esperienza. Ed ecco il mio racconto.

A piazza San Giovanni sono tante le tende montate, faccio un giro per ambientarmi e poco dopo mi ritrovo a parlare dentro una di queste con Rok, un ragazzo spagnolo. Mi racconta la sua storia. Approdato per caso alla manifestazione pacifista nata con l'occupazione di plaza del Sol a Madrid lo scorso 15 maggio – da cui il nome del movimento spagnolo 15M, quince eme, poi globalmente definito movimento de los indignados – ha, a poco a poco e sempre di più, cominciato ad addentrarsi nel cuore del movimento. Non più manifestazioni di piazza in cui la gente una volta a casa si rituffa nella propria routine dimenticandosi del motivo per cui è scesa a manifestare. Per la prima volta – continua Rok – la gente si è fermata a pensare partecipando a dibattiti per le strade e senza nessun leader a capo di una ideologia ben precisa. È così che sono nati quasi “automaticamente” dei gruppi di lavoro, migliorando l'organizzazione all'interno del grande gruppo. Una metodologia che ha preso forma nel tempo e che culmina nelle assemblee popolari il cui obiettivo principale è promuovere la libertà di espressione, la condivisione e il confronto, una riflessione individuale e collettiva per proporre delle reali soluzioni.

Rok mi spiega anche della simbologia che si utilizza durante le assemblee. Non si interrompe mai chi parla, ma attraverso dei movimenti-simboli il resto dell'assemblea fa capire se approva o meno chi sta parlando, o se quest'ultimo è ripetitivo. E tutto fila in armonia e tranquillità.

Chiedo – incredula nel poter fare una marcia del genere con pochi spicci in tasca –, poi, di come avviene la sussistenza quotidiana.

Rok mi racconta della merce ancora buona scartata dai supermercati, delle offerte delle persone che passano per strada o dei piatti appositamente preparati dagli abitanti – in un primo momento sospettosi e poi sempre più sciolti, fino ad accoglierli in casa – dei centri in cui si trovano a passare. La sedia su cui sono seduta, insieme ad altri oggetti all'interno della tenda, sono stati recuperati dai ragazzi in loco. Rok continua dicendomi che si parte da casa con un zaino e poca altra roba, niente di più. Sono tanti i Km da fare ogni giorno.

Ma la fatica fisica non si avverte, si avverte di più la complessità della collettività del gruppo, mi spiega Nichi, una ragazza greca di 19 anni che si trovava in vacanza a Madrid al momento della prima manifestazione, e che non ha mai abbandonato la marcia, anzi è entusiasta di arrivare nella sua città di origine come destinazione finale.

Ci tiene a puntualizzare che è necessario sensibilizzare quante più persone possibili e che è pericoloso pensare che non ci sia nessuna alternativa al mondo di adesso. Si può cambiare e bisogna farlo. Preferisce che non si dia il nome di indignati al gruppo perché una denominazione del genere potrebbe creare divisione piuttosto che unione; è più giusto pensare – continua – ad un gruppo di persone libere, apartitiche, che vivono cono gli stessi ideali e che vogliono cambiare il mondo.

Infine è la volta di un'italiana. Ele, 30 anni, da qualche mese disoccupata, in cerca di un lavoro che la porti anche all'estero. Anche lei, come Rok e Nichi, si trovava in Spagna, a Malaga per l'esattezza, al momento dei primi fermenti. Si è avvicinata alle assemblee incuriosita dalle tematiche proposte e ha così avuto modo, addentrandosi sempre di più, di confrontare le diverse esperienze vissute in Spagna prima e in Italia dopo. La presenza di partiti politici in Italia all'interno del movimento fa perdere – a suo avviso – di valore e responsabilità perché così si parla a nome di qualcuno e mai a titolo personale. Sostiene che una maggiore povertà in Italia aiuterebbe tutti a trovare un'altra ricchezza, a capire il vero valore delle cose e degli affetti, sentendosi più simili nonostante le diversità.

Entusiasta anche lei dell'”avventura” vissuta e del metodo delle assemblee che permette di mettere d'accordo tante persone su uno stesso argomento così da passare poi direttamente alla pratica e cambiare realmente le cose.

La Marcia Internazionale verso Atene nasce dal desiderio di tante persone provenienti da Spagna, Grecia, Belgio, Francia, Italia, Finlandia... di diffondere nuovi messaggi, stringere rapporti con assemblee nel mondo, per proporre e imparare, ispirare e arricchirsi e creare una società migliore per tutti.

Vado via dalla piazza infreddolita, ma con il cuore caldo di gioia. Incontrare tante persone, di diverse nazionalità, pronte a camminare per chilometri e chilometri per cercare ci costruire un mondo diverso mi ha rigenerato. So bene che non è sufficiente. Che il cambiamento deve partire da noi, dai nostri gesti quotidiani. Ma sapere che siamo in tanti, mi dà la forza per continuare.

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