http://comune-info.net La parata tira la volata alla pace Alla fine il rito «medievale» della parata militare per festeggiare il 2 giugno la Repubblica ci sarà: improntata sulla sobrietà come ha affermato il Capo dello Stato e lasciando in caserma i mezzi e negli hangar le Frecce Tricolori, come ha annunciato il ministroammiraglio Giampaolo Di Paola. Non è stata quindi accolta, la richiesta espressa da molti italiani, principalmente attraverso i social network, di rinunciare alla parata militare per destinare i fondi risparmiati alle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia. Le motivazioni della conferma sono legate da una parte alla ricerca di dimostrare la presenza dello Stato e l’unità del paese, dall’altro perchè i soldi erano già stati spesi. Indirettamente ci hanno fatto capire che ormai Festa della Repubblica è sinonimo di parata militare, quindi la richiesta di annullare la sfilata dei militari è stata letta come un attacco ai valori della Repubblica. Niente di più falso, nessuno ha chiesto di non festeggiare la Repubblica (Lega a parte), ma di non festeggiarla, visto che è fondata sul lavoro, con una parata militare. Perché non festeggiarla con i medici, gli insegnanti o gli operai, che ogni giorno con il loro lavoro contribuiscono alla crescita del paese o con i precari e i disoccupati che ogni giorno provano con mano quanto sia disatteso l’articolo uno della nostra costituzione. Ma forse è un ragionamento troppo sofisticato per una classe politica allo sbando, ormai lontana anni luce dalla realtà del paese. Molti di noi chiaramente non abbiamo contestato la parata adesso, per la concomitanza con il terremoto non abbiamo bisogno di cavalcare nessuna crisi o evocare disastri per fermare queste inutile spese. Ma lo abbiamo fatto da molti anni, e anche quest’anno, più di un mese fa, appena è trapelato che si sarebbe svolta. I motivi della nostra obiezione partono dall’incongruenza con le fondamenta della Costituzione, per passare dai costi, per arrivare al significato della parata, che è un’esposizione arcaica della propria forza bellica da mostrare al mondo, tipico dei regimi totalitari. La motivazione principale per cui da sempre contestiamo la parata è che è la rappresentazione di uno strumento legato alla guerra ed è l’apice dello spreco economico che caratterizza lo strumento militare. Ogni anno mantenere questo apparato ci costa 23 miliardi di euro, l’1,4 per cento del Pil (dati Nato). E’ una cifra rilevante, specialmente in un momento di forte crisi economica, ma che ci restituisce uno strumento al limite dell’inefficienza. Abbiamo più comandanti (quasi 95.000 graduati) che comandati (83.000 militari di truppa), con 467 tra generali e ammiragli, che governano 180.000 uomini e donne con le stellette, quando negli Stati uniti 900 generali comandano 1,5 milioni di militari. Abbiamo tanti militari senza alcuna funzione e utilità, e non ci raccontino che servono per le missioni all’estero visto che per quelle impieghiamo al massimo 8/9.000 militari e ne potremmo sicuramente fare a meno. Non si riesce a garantire una puntuale formazione a tutti i militari e neanche la manutenzione dei mezzi militari. Si acquistano sistemi d’arma inutili come i 90 cacciabombardieri F35 che ci costeranno oltre 10 miliardi di euro, in parte da imbarcare alla Portaerei Cavour, simbolo del Nuovo Modello di Difesa voluto dal ministroammiraglio Di Paola pronti ad andare a bombardare in giro per il mondo, a braccetto della Nato chiunque mette in discussione i nostri «interessi nazionali» e soprattutto preservare il nostro «stile di vita». Per raccontare i costi e gli effetti di queste armi, come Rete italiana Disarmo abbiamo deciso di organizzare assieme agli amici di Pizzicarms e al Consorzio Città dell’altra economia un’altra festa della Repubblica alla Città dell’altra economia a Testaccio, dove a partire dalle ore 18 di sabato 2, sarà articolata in diversi momenti di riflessione e di convivialità per raccontare una Repubblica disarmata, solidale e di tutte/i .
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