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ott 29th, 2012

Attacco di Israele alla fabbrica di munizioni sudanese ‘Yarmouk’: è guerra di informazione

Lo scorso 25 ottobre la televisione pubblica del Sudan, Ashorooq tv, aveva dato notizia del bombardamento della fabbrica di munizioni ‘Yarmouk’ ad opera di aerei da caccia israeliani, tanto che una nota del partito del National Congress Party (Ncp), a cui appartiene il presidente Omar al-Bashir, aveva parlato di “tentativi sionisti d’arrivare alla disintegrazione dell’unità del paese e di contrapporre una parte della sua popolazione all’altra”, cosa per cui il Sudan si “riserva il diritto di reagire ad ogni atto ostile di qualsiasi potenza contro il suo territorio” e di “sollevare la questione dell’attacco in tutti i forum internazionali per ottenere una condanna, chiedere compensazioni e far sì che non ci siano ulteriori aggressioni”.
Intervenendo pochi minuti dopo a Radio Francia il generale e alto funzionario del ministero della Difesa Amos Ghilad aveva dichiarato che “il Sudan è un pericoloso Stato terrorista”, che “per capire cosa sia successo occorrerà del tempo” e che “il leader sudanese Omar al-Bashir è un criminale di guerra”; aveva inoltre accusato lo stato africano di aver fatto in passato da “base operativa ad Osama Bin Laden” e di “essere sostenuto dall’Iran”.
Il The Times di domenica scorsa ha poi riportato proprie fonti da Tel Aviv e da Nairobi che svelerebbero dati sull’obiettivo e descriverebbero le fasi dell’attacco.
Secondo il giornale londinese, citato oggi dal quotidiano israeliano Haaretz, l’attacco sarebbe stato effettuato alle prime ore dell’alba da quattro biposto F-15I “Ra’am”, ovvero caccia-bombardieri con a bordo due bombe da una tonnellata, scortati a loro volta da altri quattro F-15 che fornivano copertura per prevenire un’eventuale risposta dei caccia sudanesi Mig-29. Oltre agli aerei, Israele avrebbe mandato anche due elicotteri CH-53 “Yasur” con equipaggi pronti ad intervenire in soccorso e per recuperare eventuali superstiti o prove compromettenti. Sempre stando alle fonti riportate, i mezzi sarebbero stati riforniti in volo da un aereo cisterna Boeing 707 “Re’em”, i decolli sarebbero avvenuti da una base situata nel Negev e le rotte seguite sarebbero state sul Mar Rosso secondo un percorso circolare di 3.900 chilometri studiato per eludere il controllo aereo egiziano e di Gibuti.
I radar sudanesi sarebbero stati neutralizzati da un aereo Gulfstream 550 executive “Shavit”, adattato per la guerra elettronica.
Stando a quanto risulterebbe – e come correttamente aveva riportato il quotidiano panarabo Al-Hayat – gli Usa sarebbero stati informati per tempo dell’attacco, tanto che la rappresentanza diplomatica americana presso Khartoum sarebbe stata chiusa per tempo.
Haaretz da parte sua scrive oggi che i dettagli riportati dal The Times sarebbero troppo simili a quelli di un precedente attacco israeliano, avvenuto nel 2007, contro il reattore nucleare siriano di Deir a-Zour e che sarebbe anche improbabile sia la distruzione in Sudan di una fabbrica impegnata nella produzione di missili Shahab destinati ad Hamas, sia l’abbattimento di un impianto iraniano in territorio sudanese per la fabbricazione di un missile a lungo raggio.
Di certo la fabbrica ‘Yarmouk’ non si è bombardata da sola e le dichiarazioni a caldo di Amos Ghilad, dai toni pressoché trionfalistici, lascerebbero spazio a pochi dubbi.

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