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Strategic Culture
Venerdì, 06 gennaio

Indebolire l’Iran per l'Attacco Finale
di Wayne Madsen
Traduzione di Cristina Uroni

In un certo senso, la tanto attesa guerra dell’America e di Israele contro l’Iran é già iniziata. Non é il tipo di guerra che ci si aspettava (uno stile a sorpresa da manuale israeliano e un attacco lampo alle installazioni nucleari iraniane, seguito da un’intensa campagna di bombardamenti aerei da parte degli Stati Uniti e della Nato), bensì una guerra segreta dal carattere tranquillo e inaspettato. La guerra segreta, risultata nell’aumento di velivoli statunitensi radioguidati nei cieli dell’Iran e nell’incremento di esplosioni sospette alle installazioni militari iraniane, é stata associata a un’azione di destabilizzazione di tutti gli alleati e amici dell’Iran, compresi Siria, Russia, Cina, Corea del Nord e Venezuela...
Tale strategia d’attacco multifronte ha mandato un messaggio chiaro all’Iran, che é minacciato a casa propria dai sabotaggi segreti e non può più contare sui suoi alleati esteri, che devono fare i conti con problemi interni causati da Stati Uniti e Israele.

Nonostante la Libia di Muammar Gheddafi non fosse un alleato dell’Iran, l’ascesa al potere di elementi filosauditi wahabiti e sunniti-salafiti a Tripoli e a Bengasi aumenta la falange di stati arabi che si oppone attivamente al governo sciita di Teheran. Il successo della Fratellanza Musulmana e dei partiti salafiti alle elezioni parlamentari in Egitto é un ulteriore fattore di preoccupazione per l’Iran.

Tuttavia, é la potenziale perdita di potere del regime di Bashar al Assad in Siria a rappresentare la peggiore disfatta immediata per l’Iran. La Siria é stata l’alleato del mondo arabo più vicino all’Iran. L’Occidente, i sauditi e i qatarioti hanno appoggiato gli elementi salafiti, terroristi inclusi, che hanno commesso la loro parte di atrocità in Siria, come quelle contro i sostenitori di Gheddafi o i massacri razzisti degli lavoratori africani e libici di colore durante la guerra civile in Libia.

Ai confini dell’Iran e nelle aree marine adiacenti, i paesi che ospitano le forze militari americane (Kuwait, Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Oman, Turchia e Afghanistan) si stanno preparando a un conflitto militare con l’Iran. Anche se l’amministrazione Obama ha proclamato la fine dell’occupazione militare degli Stati Uniti in Iraq, alcune forze americane restano nel paese, così come un gruppo di organi di sicurezza privata paramilitare.

Con la notizia che in Iraq, dove prevale lo Sciismo, il governo filoiraniano di Nouri al Maliki a Baghdad ha formato un’alleanza militare con l’Iran e che il vicepresidente sunnita dell’Iraq, Tareq al-Hashimy, ha cercato protezione dall’arresto presso il governo di Maliki nel Kurdistan iracheno, ci si aspetta che gli Stati Uniti aumentino la propria presenza militare segreta e non nelle aree sunnite dell’Iraq nella parte occidentale del paese, così come nel Kurdistan iracheno. Le prime linee del fronte in un confronto militare americano e/o israeliano con l’Iran potrebbero formarsi lungo le linee di scontro tra sciiti e sunniti in Iraq, una nazione già molto debole e decimata dalla guerra.

Le forze della Guardia Rivoluzionaria Iraniana potrebbero alla fine attraversare i confini dell’Iraq per sostituire le restanti forze americane e i loro bracci armati sunniti e curdi.

Gli Stati Uniti hanno fatto pressione su Maliki perché non schieri le sue forze contro i 3400 esiliati iraniani, per la maggior parte membri del gruppo rivoluzionario Mujaheddin-e-Khalq che un tempo avevano l’appoggio di Saddam Hussein. Le forze MEK contro il regime di Teheran ora godono dell’appoggio di alcuni politici americani ma sono considerati dei terroristi dagli iraniani. Dai tempi dell’occupazione statunitense in Iraq, i rifugiati del MEK sono stati messi sotto assedio a Camp Ashraf. Gli Stati Uniti hanno fatto pressione su Maliki affinché consenta agli iraniani di ristabilirsi a Camp Liberty vicino a Baghdad, prima che gli Stati Uniti procedano all’esfiltrazione dell’Iraq. Non é stato firmato nessun accordo finale tra Washington e Baghdad, ma le forze lealiste del MEK potrebbero finire in uno degli stati del Golfo e rendersi disponibili per future operazioni di guerriglia all’interno dell’Iran.

L’altra incognita nel futuro degli Stati Uniti é il Pakistan, i cui rapporti con Washington sono al momento interrotti dopo gli intensi e continui attacchi americani che hanno causato la morte dei soldati pakistani di frontiera e di alcuni civili. Il presidente corrotto del Pakistan, Ali Asraf Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, é visto come un fallimento. Come quelle di George Soros e del National Endowment for Democracy (NED), le ribellioni “a tema” vengono attualmente fomentate contro gli alleati diplomatici e i partner economici e militari dell’Iran, quali Russia e, Cina, mentre il Pakistan, la sola potenza nucleare del mondo musulmano, é nel mezzo di un’insurrezione “popolare” guidata da Imran Khan, ex giocatore di cricket entrato in politica.

Il partito pakistano Tehreek-e-Insaf (Movimento per la Giustizia) di Khan radunato recentemente oltre 100.000 persone a Karachi, dove i manifestanti hanno richiesto a gran voce riforme politiche ed economiche e la fine della corruzione praticata da Zardari e dai suoi amici. Il messaggio assomiglia a quello delle forze anti-Vladimir Putin a Mosca, contro la corruzione e l’istituzione di riforme politiche. Persino il numero di manifestanti é lo stesso: 100.000 sia nell’ultima protesta contro Putin a Mosca, sia nella protesta anti-Zardari a Karachi.

Tuttavia, Khan é appoggiato dall’élite istruita e professionista del Pakistan, per la maggior parte formata da giovani. La sua ex moglie è la londinese Jemima Goldsmith Khan, un agente che opera in Islam e imparentata con la famiglia Rothschild. Anche se ha divorziato da Khan nel 2004, Jemima Khan sostiene gli obbiettivi del movimento PTI dell’ex marito. Il PTI sta iniziando a riscuotere sostegno politico in Pakistan da alcuni ex membri e funzionari del Partito del Popolo di Zardari, un segnale che ci mostra come Khan stia espandendo la propria base.

Jemima Khan ha anche aderito all’appello a favore di Julian Assange di WikiLeaks, una chiara indicazione che il movimento di Khan è davvero vicino al concetto dell’"infiltrazione cognitiva e della dissidenza" propugnato da Soros-NED-CIA e applicato in varie nazioni.

Khan ha dovuto assumere un tono anti-americano per condannare gli attacchi incessanti della presenza militare statunitense in Pakistan. In ogni caso, Khan, per rimanere un candidato al potere, deve seguire una linea politica nazionalista perché l’America é odiata da un ampio spaccato della popolazione pachistana. Khan sta adottando lo stesso approccio politico privo di carattere assunto da Barack Obama nel 2008, prendendo a prestito alcuni elementi dalla sua campagna come i poster elettorali con le scritte “Speranza” e “Cambiamento” che tappezzano tutto il Pakistan e persino usando lo stesso slogan di Obama, con un leggero cambiamento: “Yes We Khan”.

Ci si aspetta che l’intensa campagna aerea americana fondata su velivoli automatici (Unmanned Aerial Vehicle – UAV), che utilizza tecnologie dell’intelligence e droni armati, continui nonostante la presa iraniana di un sofisticato drone americano a reazione (RQ0170 Sentinel) fatto precipitare in Iran. Inoltre, circolano voci che Israele potrebbe essere in possesso di basi di droni e altre tecnologie dell’intelligence da utilizzare contro l’Iran dall’Azerbaijan, sulla frontiera settentrionale dell’Iran. Si sospetta che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e Israele siano i responsabili di questi attacchi segreti (fisici e cibernetici) contro il programma di sviluppo nucleare iraniano.

Scienziati nucleari iraniani e funzionari della difesa sono stati assassinati e sequestrati da agenti dell’intelligence occidentale che operano in Iran e in altre nazioni. Ci sono state misteriose esplosioni nella base di produzione dei missili iraniani appena fuori da Teheran e presso l’istallazione nucleare vicino a Esfahan. L’Occidente, inoltre, sta usando gruppi di guerriglia formati da minoranze iraniane per condurre operazioni all’interno dell’Iran, compresi gli Arabi iraniani nel sud-ovest del paese, i curdi nel nord e i beluci nel sud-est.

Nonostante le azioni militari UAV contro l’Iran siano state ampiamente denunciate, l’uso di veicoli sottomarini autonomi (Unmanned Undersea Vehicles - UUV) contro le forze navali dell’Iran, attualmente impegnate in grosse operazioni nel Golfo, non può essere ignorato. La marina americana potrebbe usare gli UUV per condurre azioni mirate all’interno della zona navale iraniana di Bandar Abbas nel Golfo e in un prossimo futuro potrebbe effettuare azioni di sabotaggio sui vascelli iraniani e annullare la minaccia delle mine iraniane facendole esplodere.

É inoltre risaputo che Israele mantiene due dei suoi sottomarini diesel elettrici della Classe Dolphin nel Golfo. Questi sottomarini trasportano missili da crociera molto probabilmente dotati di testate nucleari.

Nel frattempo, l’Occidente non lascia nulla di intentato nella neutralizzare ogni sostegno fornito dagli alleati all’Iran. Oltre a sostenere le proteste contro la Russia e la Cina (le cosiddette rivoluzioni “bianche”), l’amico dell’Iran in Venezuela, Hugo Chavez, é accusato di collaborare con gli iraniani allo sviluppo di armi nucleari in Venezuela, una vecchia storia totalmente infondata, e di appoggiare gli Hezbollah libanesi e venezuelani coinvolti nel narcotraffico in Messico. Quest’ultima versione é stata fatta circolare dall’emittente televisiva in lingua spagnola Univision, che appartiene al famoso magnate israelo-americano di Hollywood Chaim Saban, un sionista che finanzia il Saban Centre della Brooking Institution. Il Saban Centre permette anche ai propagandisti dal proprio ufficio satellitare a Doha, in Qatar, di influenzare la propaganda in stile Fox News, spacciata per “notiziario”, trasmessa dagli studi di Al Jazeera a Doha.

Gli alleati Hezbollah libanesi dell’Iran e il governo del Sudan e della Corea del Nord, noti per mantenere stretti rapporti con Teheran, subiscono nuovamente le pressioni dell’Occidente, in particolar modo la Corea del Nord dopo l’improvvisa morte di Kim Jong-il. Mentre si affastellano le voci a Seul e a Pechino secondo cui Kim Jong potrebbe essere stato assassinato da ufficiali militari in una contesa di potere sfociata in un colpo di stato, il ruolo della Corea del Nord come fonte di missili iraniani e di tecnologia nucleare potrebbe ora non essere più certo. Il Sudan, che ha già perso il Sudan del Sud in mano a un regime filoisraeliano, rischia ora di perdere anche il Darfur e il Nord Kordofan, lasciando Karthoum con un regime impotente.

Negli Stati Uniti, i propagandisti sionisti stanno diffondendo voci assurde circa un presunto coinvolgimento dell’Iran negli attacchi dell’11 settembre con Al Qaeda, l’organizzazione inventata da Mossad e dalla CIA.

Rimane un fatto. L’Iran al momento sta facendo i conti con una guerra non dichiarata finanziata dall’Occidente e da Israele. Si tratta una guerra di virus informatici (come lo Stuxnet, creato da Israele), di propaganda, di sostegno a ribelli armati, omicidi e sabotaggi segreti e di pressione politica contro gli alleati dell’Iran in tutto il mondo. L’Occidente si aspetta che un tale indebolimento dell’Iran trasformi l’assalto militare finale alla nazione in un “gioco da ragazzi”.

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Fonte: Softening Up Iran for the Final Attack

30.12.2011

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