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28/1/2012

L’Iran e la pozione magica dei Galli
di Angela Lano

InfoPal. Continua il lavoro di inchiesta della nostra agenzia sugli scenari geo-politici, attuali e futuri, nel Mediterraneo e nel Vicino e Medio Oriente, attraverso le interviste a politici, giornalisti e intellettuali. Oggi pubblichiamo l’intervista che ci ha rilasciato il collega di Radio Irib- Italia, Davood Abbasi.

  

Cosa rappresenta per l’Iran la decisione della UE di imporre un embargo petrolifero?

“È una decisione che indubbiamente suscita reazioni differenti e talvolta contraddittorie in ogni cittadino iraniano.
Per prima cosa, per l’Iran rappresenta un messaggio sgradevole, dal punto di vista politico: significa semplicemente che l’Europa non ha una politica estera indipendente dagli Usa.
Il Rinascimento europeo, la scienza e la tecnica, i moti rivoluzionari come quelli della Rivoluzione francese e molti altri concetti inerenti la cultura europea, sono rispettati ed ammirati in Iran.
Il fatto che, però, l’Europa si comporti come un’appendice degli Usa, che sia costellata di basi militari (ne sa qualcosa pure l’Italia ed è noto il caso di Vicenza), che non mostri nemmeno la dignità di reagire quando persino i suoi diretti interessi vengono calpestati dagli Stati Uniti, può solo dare all’Iran l’idea di un continente debole, forse ancora piccino, forse ancora soggetto a una sorta di sottomissione che è un’amara eredità della Seconda guerra mondiale e degli equilibri nati come conseguenza.
L’Iran si accorge di non poter contare sull’Europa come una vera potenza ed un interlocutore serio.
Oltre al messaggio politico, l’impatto economico è quasi nullo. Come è ben noto, la domanda petrolifera è sempre lì ed è sempre crescente. L’Iran vende in Europa il 18% delle proprie esportazioni: una quota che potrebbe vendere benissimo altrove.

“Ma proprio in ambito economico prende forma la seconda reazione dell’Iran all’embargo, quella più diffusa.
Gli iraniani si augurano sinceramente che nessuno compri il petrolio rimasto in eccesso. La ragione è semplice: in Iran, ogni volta che viene a mancare qualcosa, quell’istante diviene l’inizio di un grande passo in avanti verso il progresso.
Nel 1953 il Paese si ritrovò povero e disastrato. Allora il premier Mosaddeq nazionalizzò il petrolio togliendolo agli inglesi. Dopo la rivoluzione islamica del 1979, i tedeschi della Siemens non erano disposti a completare la centrale nucleare di Bushehr. Ebbene, l’Iran iniziò a sviluppare una ricerca talmente imponente da divenire, dopo il 2000, uno dei pochi paesi al mondo ad essere in grado di arricchire totalmente l’uranio con la propria tecnologia.
Nel 1996 gli Usa decisero di vietare la vendita all’Iran di aerei nuovi. Oggi l’Iran li produce da solo, sia civili che militari; ed anzi, è diventato uno dei pochi paesi al mondo che ha una rampa di lancio spaziale tutta per sé e ha già inviato satelliti nello spazio.

“L’Italia, con tutto rispetto, non ha questa tecnologia. Non ha i vettori spaziali per il lancio di satelliti e nemmeno una postazione di lancio. Tornando all’Iran, entro il 2020 dovrebbe andare nello spazio il primo astronauta iraniano a bordo di una astronave tutta iraniana.
Nel 1980 quando l’Iraq, allora la quarta potenza militare del mondo (grazie agli ottimi fornimenti di armi di Occidente ed Oriente), aggredì l’Iran, Teheran non aveva nemmeno un razzo da lanciare verso Baghdad. Ma iniziò a costruire, ed oggi riesce a colpire –  secondo le fonti ufficiali – 2000 chilometri più in là, e chissà, forse la vera gittata dei suoi missili è molto maggiore.
Insomma, la Storia dimostra che quando a questo popolo viene negato qualcosa (con ingiustizia e prepotenza del resto), esso riesce a fare un capolavoro ed ottenere molto di più di ciò che gli era stato negato.

“I media occidentali non lo scriveranno mai, ma è bello raccontare cosa scrivevano i ragazzi di Teheran sui loro blog e su Facebook nelle 72 ore seguenti all’approvazione dell’embargo Ue.
Traduco alcuni di questi messaggi.
Maryam: ‘In Corea del Sud e Giappone non sono più intelligenti di noi iraniani. Loro il petrolio non ce l’hanno e sono più avanti di noi. Allora meglio così. Vorrà dire che impareremo a vivere senza petrolio’.
Afshin: ‘Grazie all’Europa. Ci aiuta a ridurre la nostra dipendenza dal petrolio…’.
E così via…In altre parole, i giovani iraniani ringraziavano l’Europa! Concludo la risposta alla domanda:
In fondo, per l’Iran, la decisione Ue di imporre l’embargo è un gran bel regalo!
Anche in un altro senso, per essere sincero. Queste sanzioni rendono intenso lo spirito combattivo ed il patriottismo nella nazione; sicuramente le forze politiche, per un bel po’, metteranno da parte le solite divergenze per concentrarsi sulla questione dell’embargo. In Parlamento, come dirò più avanti, sono già pronti piani bipartisan per opporsi all’Occidente”.

Con quale Paese verrà rimpiazzata la percentuale di esportazioni di greggio, rigettate dalla UE a causa dell’embargo?

“Secondo l’agenzia ufficiale IRNA del 25 gennaio, Cina, India, Giappone, Sudafrica e Corea del Sud hanno già chiesto di aumentare le importazioni. Ma devo dire che non lo hanno fatto per ripicca o dispetto all’Europa, semplicemente perché ne hanno bisogno. Indipendentemente dal discorso politico, sia la Cina che la Corea del Sud, nel 2011 hanno aumentato la loro importazione dall’Iran. Il petrolio iraniano è di buona qualità e come ha spiegato al quotidiano ‘Il Giornale’ anche il direttore di ‘Unione Petrolifera’, Pietro De Simone, alle raffinerie fa comodo ricevere questo petrolio invece di quello di paesi come l’Arabia Saudita, che è di minore qualità e ha bisogno di un processo più complesso di raffinazione.
Ironia della sorte: sarà in grado di comprare petrolio dall’Iran proprio il paese europeo che ha spinto di più per le sanzioni. Come pochi sanno la compagnìa petrolifera BP, British Petroleum, ha ottenuto una totale esenzione dall’embargo e potrà tranquillamente continuare a lavorare con l’Iran. E infatti lo sta già facendo e lavora ad un progetto nel Mar Caspio, quello di Shah Deniz, per un valore di 20 miliardi di dollari. Il progetto appartiene in parte pure all’Iran e questo significa che gli inglesi riceveranno petrolio iraniano mentre tutti i loro partner europei non lo possono fare.
Del resto come ho spiegato bene prima, il sogno dell’Iran è che nessuno compri quel petrolio in eccesso, in modo che la nazione sia costretta a trasformarlo in prodotti industriali dando al Paese entrate di gran lunga superiori.
A quanto pare, però, temo proprio che il petrolio andrà a ruba!”

Quali sono, secondo lei, i problemi cui andrà incontro l’Europa?

“Basta leggere i giornali italiani per capire che la situazione per l’Europa è tragica, soprattutto per Italia, Spagna e Grecia. Non hanno un paese che possa produrre la quota di petrolio dell’Iran; ammesso che quel Paese ci sia, dovrebbero cambiare le proprie raffinerie per adattarsi a un petrolio con caratteristiche diverse, e questo in tempo di crisi, tagli e manovre, significa davvero una spesa elevata.
L’altro problema è che l’Europa si illude di poter fare tutto con calma, fino a giugno. Il Parlamento iraniano ha già in programma l’approvazione di una legge che ha il consenso bipartisan e che probabilmente interromperà di colpo le esportazioni verso l’Europa nel mese di febbraio.
Morale della favola: i Paesi europei sopracitati, e anche gli altri, si troveranno all’improvviso senza petrolio, il prezzo mondiale inizierà a salire, e per via della raffinazione, dovranno persino aumentare i costi della benzina. Con i movimenti di protesta che ci sono già in giro, vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere.
Ma non finisce lì. Nel suo discorso del 26 gennaio a Kerman (la prima reazione ufficiale del presidente iraniano alle sanzioni), Ahmadinejad ha detto di voler azzerare l’intero volume di scambi con l’Europa. Il mercato iraniano non è cosa da poco: il primo partner dell’Iran in Europa è la Germania, che ne subirà le conseguenze. Il 2012 è un anno difficile, anche la situazione in Germania peggiorerà: lo dicono le stime; figuriamoci come andrà a finire con questo embargo petrolifero…
Con un petrolio più caro, gli europei faranno prodotti più cari e quindi meno competitivi; risultato: i paesi asiatici, dove la manodopera è già meno costosa, avranno pure petrolio che costa meno, potranno fare prodotti ancora più a buon mercato rispetto a quelli europei.
Detto in parole povere: per gli italiani significherà comprare benzina e gasolio ad un prezzo ancora più caro. Certo, il professor Monti non avrà problemi, ma io penso ai pescatori, che mercoledì scorso alla Camera dicevano di non aver mangiato nemmeno il panettone a Natale, di non aver soldi per mandare a scuola i figli.

“Purtroppo, certi politici, anche intelligenti, si illudono dicendo che l’Arabia Saudita può rimediare alla mancanza di petrolio iraniano. Ecco i motivi per cui questa è una bugia: l’OPEC assegna delle quote specifiche di produzione ai membri e una maggiore produzione non sarebbe possibile, a meno che tutti i membri siano d’accordo. Se l’Iran continuasse a vendere altrove il petrolio sottratto all’Europa, non ci sarebbe motivo per assegnare all’Arabia Saudita una quota maggiore.
Nel corso della scorsa crisi libica, l’interruzione del petrolio libico causò l’aumento del prezzo al barile di circa 10 dollari. Mi chiedo, se è così semplice, perché l’Arabia Saudita non si è messa a produrre in quel periodo, impedendo che il prezzo del petrolio aumentasse?”

Possiamo parlare di “venti di guerra” contro l’Iran? Qual è, secondo lei, lo scenario possibile? Quali dinamiche mondiali e regionali scatenerebbe una guerra contro l’Iran? E a chi gioverebbe?

“I venti di guerra, o per meglio dire, la retorica di guerra contro l’Iran, esistono. Non passa settimana in cui Usa, GB o Israele non minaccino l’Iran di un attacco o non dicano che tutte le ‘opzioni’ sono sul tavolo. Bisogna capire fino a che punto tale minaccia sia seria e fino a che punto sia intimidazione o guerra psicologica.
Io credo che se in questo stesso istante Usa e alleati arrivassero alla conclusione che l’attacco all’Iran potrebbe avere una qualche probabilità di successo, non esiterebbero nemmeno un attimo e attaccherebbero subito. Il motivo della non-aggressione all’Iran non è la mancanza di volontà per fare la guerra, ma la paura di non riuscire.
E qui  bisogna spiegare il perché. L’Iran ha davvero oltrepassato i limiti tollerati da Usa e alleati e loro sanno che lasciare andare avanti il Paese equivarrebbe ‘alla fine dell’Impero’. Attenzione: non sto assolutamente parlando di nucleare o cose simili.
Per far capire la questione faccio un piccolo paragone. Nel simpatico cartone di Asterix, i Galli riescono a vincere i Romani grazie alla pozione magica. Se i Galli insegnassero come fare la pozione magica al mondo intero, allora i Romani non avrebbero più il loro Impero, perché perderebbero la supremazia militare.
Ora, i Galli sono l’Iran, i Romani l’America e la pozione magica una cosa semplicissima: la consapevolezza che, credendo in se stessi, si possa conquistare qualsiasi traguardo!
L’Iran è una nazione che, nel 1979, è partita da zero. Solo con la fede nel Signore e nelle proprie forze e capacità ha fatto davvero tutto, senza essere vassallo di questa o quella potenza.
Immaginate se domani 57 milioni di italiani si svegliassero e si mettessero a dire che non vogliono le 113 basi militari Usa e le 90 bombe atomiche presenti sul suolo italiano, che vogliono decidere autonomamente se comprare petrolio dalla Libia, dall’Iran, dal Venezuela o dall’Arabia Saudita. ‘La pozione magica’ farebbe crollare l’impero Usa e, in un certo senso, qualcosa della pozione è già arrivata nei Paesi arabi. Non c’è più Mubarak, non c’è Ben Alì, non c’è Saleh, forse presto non ci saranno nemmeno i fantocci in Bahrain ed Arabia Saudita.
Ed allora meglio che l’Iran venga annientato al più presto, in modo che non possa più essere esempio di indipendenza. Questo esempio è così attraente e così bello per le popolazioni del mondo che Paesi come la Turchia (lo si è notato negli ultimi anni), pur non avendo le stesse caratteristiche, cercano di simulare un effetto Iran nella loro politica estera.
L’Iran non deve farcela, non deve essere forte e progredito: gli Usa devono far vedere al mondo che solo con il loro consenso e solo obbedendo a loro una nazione può crescere e che senza di loro ciò è impossibile”.

Un conflitto contro l’Iran potrebbe trasformarsi in una “Terza guerra mondiale”?

“Io non sono uno stratega militare, ma posso immaginarmi due diversi scenari di guerra.
Il cosiddetto attacco chirurgico contro l’Iran, attraverso aerei che dovrebbero essere in grado di sfuggire all’antiaerea iraniana. Ma gli Usa hanno aerei che possano fare questo con sicurezza? Quando il loro aereo più segreto, l’RQ-170, viene captato dai radar iraniani, che, a quanto pare, si basano su una tecnologia sconosciuta agli Usa, come fanno ad essere sicuri che i radar iraniani non abbattano solo gli aerei dell’attacco?

“E ammesso che l’attacco riesca, l’Iran non se ne starebbe a guardare: reagirebbe con tutta la propria forza. Dunque il dilemma per gli Usa è qui: come fare a tenere fermi gli iraniani se si vuole che l’operazione non sia chirurgica? Cioè, sia estesa, una guerra vera e propria.
Devo dire che si sbagliano coloro che affermano che un’invasione di terra piegherebbe l’Iran in pochi giorni. Anche Saddam pensava di prendere Teheran in 72 ore, ma non avanzò nemmeno fino a metà della strada, dopo 8 anni; anzi, stava per perdere pure Bassora.
Gli iraniani non sono una forza militare irrilevante e, soprattutto, hanno un esercito molto numeroso e ben motivato. Dunque sarebbe una guerra lunga. Ed ecco le sfide: 1° problema, come fare con l’opinione pubblica in Occidente? In questo periodo di tagli e di crisi, la gente sopporterebbe i costi di una guerra? Chi, persino tra gli occidentali, entrerebbe in guerra con l’Iran sapendo benissimo che le accuse contro il nucleare civile iraniano sono tutte false e pretestuose?
2° problema: come gestire la capacità di risposta dell’Iran? Le migliaia di missili che potrebbero colpire dall’isola di Diego Garcia nell’Oceano Indiano, fino al Medioriente intero, e persino le basi Usa in Europa…
3° problema. La regione è come una polveriera. Un conflitto aperto tra l’Iran e l’Occidente potrebbe nuocere molto agli Usa: le forze iraniane in Bahrain, o persino nell’est dell’Arabia Saudita, libererebbero queste nazioni. Qualora a fianco degli Usa ci fosse pure Israele, sicuramente tutti i Paesi che hanno terre da esso occupate –  Siria, Libano e Palestina -, approfitterebbero per riprendersele. E, dunque, in uno scenario di guerra così esteso, pure i Paesi della regione rimasti fuori sarebbero costretti a prendere una posizione.
Poi entrerebbero in ballo anche i due giganti dell’Asia: la Cina e la Russia. La Cina, che ha quasi perso tutte le fonti di rifornimento energetico – Libia, Arabia Saudita, paesi arabi del Golfo Persico sono già passati dall’altra parte -, non vuole dipendere dall’Occidente, e, come ha detto anche il presidente Hu Jintao nel mese di dicembre, entrerebbe in guerra a favore dell’Iran, almeno per difendere gli unici pozzi che non sono in mano occidentale. La Russia, che si vede accerchiata da quel minaccioso scudo anti-missile americano, cercherebbe di mantenere in piedi quel paese più o meno alleato che è l’Iran, e ne approfitterebbe, anche molto pragmaticamente, per vendere armi all’Iran e rimettere in moto la propria industria bellica.

“Lo scenario, tutto sommato, sarebbe simile a quello della Prima guerra mondiale, quando l’assassinio del principe austriaco ad opera di un serbo fece scattare le alleanze in Europa e poi la guerra. E qui bisogna dire che gli Usa avrebbero tutto da perdere: tutto sommato, oggi sono ancora l’unica superpotenza mondiale, e lo scenario del dopoguerra è difficilmente prevededibile. E se finisse con un fiasco nei primi giorni? Se gli Usa, che in Afghanistan non hanno avuto nemmeno 5mila perdite in 10 anni, ne subissero 10mila in 2 settimane? La sconfitta per gli Usa significherebbe davvero diventare lo zimbello del mondo e perdere per sempre la posizione attuale. Pochi si ricordano che la Federal Reserve ha stampato più dollari di tutte le riserve auree e dunque senza controvalore effettivo: se oggi il dollaro non è considerato carta straccia è par paura della potenza militare Usa; ma se quella potenza entrasse in crisi?
L’Europa probabilmente si troverebbe trascinata in una guerra senza interessi, e sicuramente ne subirebbe le conseguenze negative.
Forse gli unici ad essere felici di una guerra, comunque andassero le cose, sarebbero i produttori di armi, che venderebbero i loro prodotti, e le multinazionali del petrolio. L’Iran è un paese petrolifero e l’interruzione delle sue esportazioni farebbe schizzare il prezzo alle stelle. L’Iran, poi, chiuderebbe anche lo Stretto di Hormuz facendo sentire a tutti, Europa in primis, quanto può essere dolorosa la guerra contro Teheran”.

Secondo lei, potrebbe scatenarsi un conflitto tra sunnismo e sciismo, e relativi Paesi sostenitori?

“Il conflitto tra sunniti e sciiti non c’è e non ci potrà essere. Il motivo è semplice: non esiste un Paese sunnita antagonista dell’Iran. Il massimo centro ideologico del mondo sunnita è Al-Azhar, in Egitto, e ha ottime relazioni con l’Iran, soprattutto alla luce delle novità politiche egiziane dell’ultimo anno. In tutto il Nordafrica ed il Medioriente non conosco alcuno Stato veramente e religiosamente ostile all’Iran per via della fede sunnita; altro esempio è la Turchia, o la Siria, paesi a maggioranza sunnita che hanno ottime relazioni con l’Iran.
Gli unici ad avercela con l’Iran, apparentemente per questioni di fede, sono i wahhabiti, per lo più in Arabia Saudita, dove sono al potere, e forse, ma in parte minore, in Pakistan e tra i talebani afgani.
Il wahhabismo però non è una delle Quattro dottrine della confessione sunnita: è una sétta nata in Arabia Saudita con l’ingerenza del colonialismo britannico e ha idee arretratissime e poco condivise. Quale popolo musulmano, oggi, accetta che le donne non possano guidare, come succede in Arabia Saudita? Chi considera l’Islam retrogrado dei talebani una fonte di salvezza? È semplice capire che l’interpretazione dell’Islam fornita dall’Iran o dall’Egitto è quella ideale per sciiti o sunniti, e, quindi, i wahabbiti non hanno futuro, da nessuna parte. In Pakistan e Afghanistan il ritiro delle forze straniere risolverà i problemi di sicurezza e pure gli attuali fenomeni terroristici ai danni degli sciiti avranno fine”.

I rapporti tra l’Iran, la Russia, la Cina, il Brasile e il resto dell’America Latina. Ce ne vuole parlare?

“Penso a tutti quei paesi dell’America Latina che oggi hanno ottime relazioni con l’Iran. 30 miliardi di dollari è il volume degli scambi tra Iran e Venezuela: davvero una cifra enorme. Si vede che il cortile di casa degli Usa torna a pensare come i suoi grandi eroi, Bolivar, Allende, e così via. È naturale che trovi nell’Iran un alleato naturale. Pare che pure da quelle parti abbiano scoperto la formula della ‘pozione magica’…
Lei dimentica l’Africa, dove l’Iran ha da anni ottime relazioni con diversi Paesi. Anche lì sono affamati e assetati, soprattutto di ‘pozione’”.

Quali sono i vostri rapporti con Hamas? E con Hezbollah?Quali sono le politiche iraniane nei confronti della Questione Palestinese?

“Molto semplice. L’Iran dice che non si può costruire una nazione a tavolino. Insomma, solo se si è più forti non si può conquistare la terra di un popolo, chiamarla come si vuole e pretendere che il mondo riconosca questa nuova nazione. Poteva succedere al tempo dei Romani e dei Galli, ma non nell’era contemporanea.
Nel 1948 in Palestina nacque un’entità che non c’era, che non esisteva, che venne creata nella regione dalla Gran Bretagna e poi dagli Stati Uniti. È inutile che qualcuno affermi che lì, duemila anni prima, erano vissuti degli ebrei. Se è per questo anche la Sicilia, qualche secolo fa, era in mano ai musulmani, anche provenienti dalla Persia, ma non per questo oggi l’Iran è autorizzato a conquistarla e proclamarla parte del proprio territorio.
Non è possibile riconoscere un regime nato con la prepotenza e la forza bruta. La Palestina appartiene ai palestinesi. Alcuni palestinesi sono ebrei o cristiani? Lo sappiamo anche noi. Si voti, come in tutti i Paesi, e il partito di maggioranza, sia quello laico, religioso o altro, governi su tutta la Palestina. Questa è la posizione dell’Iran. Elezioni vere in Palestina, con la partecipazione di tutti i palestinesi, compresi i profughi, che devono poter fare ritorno a casa.

“Hamas, e in origine pure l’Anp, condividono questa visione della questione, e quindi si può dire che l’Iran sostiene moralmente la causa per cui si battono i palestinesi. L’Iran è soprattutto più vicino alle posizioni odierne di Hamas, visto che dopo Oslo l’Anp ha di fatto smarrito la sua via storica.
Come è noto, Hezbollah è nata negli anni ’80 ispirandosi all’Iran e ricevendo pure aiuti dalla Repubblica Islamica. Oggi, anche quelli di Hezbollah guardano all’Iran come fonte di ispirazione, ma sono completamente autonomi. Certe volte, alcuni esperti accusano l’Iran di sostenere militarmente o finanziariamente il gruppo: il problema è che Hezbollah ha proprio capito quale sia il segreto del successo: credendo in se stesso e nei giovani libanesi, nel 2000 e nel 2006 ha persino sconfitto Israele, e dunque dall’Iran ha solo ricevuto una cosa, la pozione magica”.

Italia e Iran hanno un recente passato di relazioni di cooperazione e di amicizia… Come sono i rapporti attuali?

“’C'eravamo tanto amati’, mi viene da dire subito. Quelli che hanno conosciuto entrambi i Paesi sono pronti a giurare che gli italiani sono gli europei più simili agli iraniani e che gli iraniani sono i musulmani più simili agli italiani. Sarà vero?
La cosa certa è che per anni l’Italia è stata il principale partner europeo dell’Iran e che ha lavorato molto bene insieme, soprattutto nel settore economico. In particolare, dall’inizio dell’ultimo mandato di Berlusconi, il gelo è calato sempre più sulle relazioni tra i due Stati. L’Italia ha perso il coraggio di poter essere indipendente e proseguire gli scambi con l’Iran e si è allineata sempre più a Usa e Israele, situazione in cui si trova oggi.
Tra il popolo iraniano, e noi della Radio italiana di Teheran ne siamo la prova, l’amore per l’Italia e per la sua cultura rimane. Rimane anche la volontà di avere l’Italia per amica, ma se essa si mette con i nemici, allora diventa una questione di dignità e di difesa della patria: siamo costretti a considerare l’Italia un nemico.
L’Iran sa meglio di chiunque altro che l’Italia non vuole la guerra, non ha interessi nel fare guerre, e ha tutto l’interesse ad agire in pace e con civiltà. Ma pare che negli ultimi anni i politici non lo abbiano più permesso, ed allora la preoccupazione è che proprio come il caso dell’embargo petrolifero, i politici siano disposti a partecipare persino a una guerra contro l’Iran, contro i loro stessi interessi e la volontà della gente. Speriamo non sia mai così, speriamo che si torni ad essere amici”.

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