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26 ottobre 2012 13.18

Lettere dal carcere

 “Mio caro Bahman, sono passati due mesi dall’ultima volta che ti ho visto”. La giornalista e attivista dell’opposizione iraniana Jila Baniyaghoob è rinchiusa dal 2 settembre nel carcere di Evin. Suo marito Bahman Ahmadi Amouee, anche lui giornalista, si trova nel carcere di Rajai Shahr, dove deve scontare una condanna a cinque anni di prigione. Sono stati arrestati nel giugno del 2009, quando erano in corso le proteste contro la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, e condannati per aver insultato il presidente e aver minacciato alla sicurezza nazionale.

Il sito Persian icons ha tradotto in inglese la prima lettera di Jila al marito: “Il primo giorno che ho trascorso nella prigione di Evin, mentre passavo vicino alle celle del braccio 350, ho provato un senso di gioia. Era il posto dove eri stato per tre anni ed ero curiosa di vederlo, almeno una volta nella vita. Ora sono rinchiusa dove ti trovavi anche tu fino a poche settimane fa”. 

Bahman Ahmadi Amouee è stato trasferito a giugno nel carcere di massima sicurezza di Rajai Shahr. Giornalista economico, aveva criticato la politica economica del regime di Teheran.

“Le mie giornate qui non sono troppo male”, scrive Jila. “Sono tranquille. Molte donne si dedicano a rigorosi programmi di studio, fanno sport, lavori di artigianato o insegnano lingue straniere. Molte detenute riescono a stare su di morale e in questo modo mi trasmettono la loro energia. Ci sono 33 prigioniere politiche a Evin. Tra di noi c’è una grande varietà di opinioni. Ci sono delle sostenitrici del Movimento verde, altre sono di religione bahai, sono cristiane protestanti o sono vicine ai Mojahedin del popolo iraniano. La cosa più interessante è che discutiamo e conviviamo in maniera pacifica. Stiamo insieme, dividiamo i pasti, discutiamo delle nostre idee senza che si creino problemi. Se questa convivenza è possibile dietro le sbarre, perché non dovrebbe realizzarsi in tutto il paese?”.

Secondo il relatore speciale dell’Onu sui diritti umani in Iran, Ahmed Shaheed, il regime di Teheran ha incarcerato più di quaranta giornalisti insieme a molti attivisti per i diritti umani. Ips scrive che Shaheed non ha ottenuto il permesso di visitare le prigioni iraniane e ha potuto solo intervistare degli oppositori in esilio. Del resto, di recente anche il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è visto negare l’ingresso alla prigione di Evin per fare visita a un suo collaboratore.

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