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giovedì 26 gennaio 2012 15:44

L'incomprensibile embargo europeo contro l'Iran
di Ali Izadi

Dunque l'Europa ha deciso. Da luglio blocco delle importazioni di greggio iraniano. L'obiettivo dichiarato della diplomazia è chiaro: costringere l'Iran a venire a più miti consigli e accettare di tornare al tavolo negoziale con la comunità internazionale sul delicatissimo capitolo del nucleare. Ma qualcuno davvero pensa che l'embargo petrolifero europeo potrà produrre un esito del genere?
Andiamo a vedere: l'Europa importa il venti per cento del petrolio commercializzato dall'Iran, che in totale ammonta a 2milioni di barili giornalieri. La Cina denuncia un deficit petrolifero di 400mila barili al giorno, circa il 20% di quello esportato giornalmente dall'Iran. Domanda: dove andrà a piazzare l'Iran il petrolio che non esporterà più verso l'Europa?
Non ci sono solo i cinesi a bussare alla porta di Tehran. Anche India e Turchia hanno bisogno di più petrolio. Come se non bastasse l'Europa ha dovuto esonerare dall'applicazione dell'embargo Italia e Spagna, visto che non reggerebbero l'urto del blocco delle importazioni dall'Iran. L'Italia in particolare, visto che da sola impegna il 7% dell'import europeo ed è esposta per 2miliardi di dollari con l'Iran per via della partecipazione dell'Eni al campo petrolifero di Darquin.
Il regime dunque non sembra particolarmente turbato dalla decisione europea, mentre lo è la popolazione, che subisce lo shock dell'inflazione ormai galoppante nel paese. I ceti medi sono ridotti sul lastrico, mentre il regime non lo è. 
A questo punto viene un dubbio: forse l'Europa vuole creare le condizioni per una sollevazione popolare interna all'Iran? Questa strada però è la peggiore per arrivare a un risultato del genere. Il regime sa benissimo di non essere popolare, ma tempo fa le potenze occidentali soffocarono il più popolare dei governi iraniani, quello di Mossadeq, proprio con l'embargo, visto che lui si era messo in testa di considerare iraniano e non britannico il petrolio dell'Iran.
Consegnare al regime una leva nazionale e nazionalista di questa forza non è consigliabile. Resta la sfida nel canale di Hormuz. Tutti sanno che la minaccia iraniana di chiudere lo stretto è il classico esempio di marito che minaccia di evirarsi per far dispetto alla moglie, ma i giochi navali in quelle acque sono molto pericolosi, e l'arrivo della portaerei Lincoln è un ulteriore elemento di preoccupazione. Basta nulla per portare la situazione fuori controllo.
Ma il regime sa bene che decidendo l'embargo le autorità europee hanno detto che la misura potrebbe essere rivista se il prezzo del petrolio sfuggisse a ogni controllo. Così gli unici perdenti sicuri sono i ceti medi iraniani, quelli che che dopo inaudite sofferenze di anni ora pagano con un sovrapprezzo, dovuto alle conseguenze delle decisioni europee, la follia teocratica di Khameney.

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