Presseurop
Süddeutsche Zeitung
4 aprile 2012

Günter Grass, “l’eterno antisemita”

È un grido d’allarme che provocherà una polemica internazionale, scrive la Süddeutsche Zeitung. Lo scrittore Günter Grass ha pubblicato sul quotidiano di monaco e su diverse altre testate – New York Times, La Repubblica, El País  – una poesia dal titolo Quello che dev’essere detto, in cui mette in guardia contro i pericoli di una guerra tra Israele e Iran.

Davanti alla possibilità del’“estinzione del popolo iraniano”, il premio Nobel per la letteratura chiede che Berlino non consegni altri sottomarini a Israele, la cui potenza nucleare “minaccia la così fragile pace mondiale”, mentre il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è soltanto un “fanfarone”. Grass, che nel 2006 aveva suscitato polemiche in Europa rivelando di aver fatto parte della Waffen SS nel 1944, spiega di aver taciuto troppo a lungo per paura dell’accusa di antisemitismo.

In Germania la polemica è scoppiata subito. Dei tre quotidiani nazionali che dedicano la prima pagina all’argomento, Die Welt si distingue per il titolo più aggressivo: “Günter Grass, l’eterno antisemita”. Sul quotidiano berlinese l’opinionista Henryk M. Broder scrive che

Grass è il prototipo dell’antisemita istruito, animato da buone intenzioni verso gli ebrei. Perseguitato dalla colpa e dalla vergogna, desideroso di stabilire una compatibilità nella Storia, scende in campo per disarmare “il promotore del pericolo riconoscibile”.


http://www.annalisamelandri.it
Scritto il 4 apr 2012

Quello che deve essere detto
di Günter Grass
Traduzione di Claudio Groff

 

Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo

quanto è palese e si è praticato

in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,

noi siamo tutt´al più le note a margine.

 

E´ l´affermato diritto al decisivo attacco preventivo

che potrebbe cancellare il popolo iraniano

soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo organizzato,

perché nella sfera di sua competenza si presume

la costruzione di un´atomica.

 

E allora perché mi proibisco

di chiamare per nome l´altro paese,

in cui da anni — anche se coperto da segreto -

si dispone di un crescente potenziale nucleare,

però fuori controllo, perché inaccessibile

a qualsiasi ispezione?

 

Il silenzio di tutti su questo stato di cose,

a cui si è assoggettato il mio silenzio,

lo sento come opprimente menzogna

e inibizione che prospetta punizioni

appena non se ne tenga conto;

il verdetto «antisemitismo» è d´uso corrente.

Ora però, poiché dal mio paese,

di volta in volta toccato da crimini esclusivi

che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,

di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se

con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,

dovrebbe essere consegnato a Israele

un altro sommergibile, la cui specialità

consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove

l´esistenza di un´unica bomba atomica non è provata

ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,

dico quello che deve essere detto.

 

Perché ho taciuto finora?

Perché pensavo che la mia origine,

gravata da una macchia incancellabile,

impedisse di aspettarsi questo dato di fatto

come verità dichiarata dallo Stato d´Israele

al quale sono e voglio restare legato

Perché dico solo adesso,

da vecchio e con l´ultimo inchiostro:

La potenza nucleare di Israele minaccia

la così fragile pace mondiale?

Perché deve essere detto

quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;

anche perché noi — come tedeschi con sufficienti colpe a carico -

potremmo diventare fornitori di un crimine

prevedibile, e nessuna delle solite scuse

cancellerebbe la nostra complicità.

 

E lo ammetto: non taccio più

perché dell´ipocrisia dell´Occidente

ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile

che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,

esortino alla rinuncia il promotore

del pericolo riconoscibile e

altrettanto insistano perché

un controllo libero e permanente

del potenziale atomico israeliano

e delle installazioni nucleari iraniane

sia consentito dai governi di entrambi i paesi

tramite un´istanza internazionale.

 

Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,

e più ancora, per tutti gli uomini che vivono

ostilmente fianco a fianco in quella

regione occupata dalla follia ci sarà una via d´uscita,

e in fin dei conti anche per noi.

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