DAILY WIRED Perché il progresso scientifico in Iran fa paura Negli ultimi 15 anni i ricercatori di Tehran hanno prodotto moltissimo. Tra reattori nucleari a fusione, missili balistici e prodigi biotecnologici, ecco perché sono temuti dall’occidente Per molti, questi giorni di vacanze singhiozzate sono stati l’occasione per allontanare lo sguardo dai giornali, dagli allarmi dell’economia, dal sangue che puntualmente imbratta le pagine di politica estera relative a nord Africa e Medio Oriente. Per questo, non tutti hanno seguito gli eventi che in pochi giorni hanno portato a livelli preoccupanti la tensione tra Iran e Stati Uniti. Il 28 dicembre, mentre noi spazzolavamo gli avanzi del panettone, il vicepresidente iraniano Mohamed Reza Rahimi annunciava di essere pronto a chiudere lo stretto di Hormuz, da cui transita il 40% di tutto il petrolio venduto al mondo (“ più facile di bere un bicchier d’acqua”, sono state le sue esatte parole). Noi ci preparavamo a stappare lo spumante, e intanto Barack Obama ufficializzava nuove sanzioni contro le istituzioni finanziarie che intrattengono rapporti con la banca centrale iraniana. Infine, nelle ultime ore, la Marina iraniana ha portato a termine la fase finale dei dieci giorni di esercitazioni militari, culminate con il test di nuovi missili antiaereo e antinave, alcuni dei quali sarebbero in grado di sfuggire all’occhio dei radar statunitensi. Quest’ultima esercitazione, in cui veniva simulato il blocco dello stretto di Hormuz al traffico militare e civile, è stata intesa come una sorta di rappresaglia contro sanzioni statunitensi, che tra le altre cose hanno avuto il drammatico effetto di far crollare il valore del rial, moneta ufficiale iraniana. Fra gli esperti di geopolitica quasi tutti sono pronti a scommettere che quella di Teheran sia solo un’ esposizione muscolare che nasconde una sostanziale incapacità di sostenere un nuovo conflitto nel Golfo Persico (al punto che, dal Ministero degli Esteri Iraniano, è trapelata l’indiscrezione secondo cui l’ayatollah non avrebbe intenzione di bloccare lo stretto di Hormuz, mossa che darebbe sicuramente il via a un conflitto). Eppure, da qualche tempo lo sviluppo militare e scientifico del paese “ cerniera tra mondo arabo e asiatico” è sotto l’occhio dei riflettori. Vediamo perché. Fino a 15 anni fa, l’Iran aveva una produzione scientifica in linea con quella di paesi come l’Iraq e il Kuwait, con circa 700 paper pubblicati ogni anno. Oggi, mentre Iraq e Kuwait faticano a spostare l’assicella di qualche tacca più in alto, la Repubblica Islamica dell’Iran sforna articoli scientifici a ritmo serrato, arrivando a toccare quota 13mila paper all’anno e posizionandosi come il paese con la più rapida crescita scentifica dell’ultimo decennio. Com’è facile prevedere, i traguardi più noti (anche perché più pubblicizzati), sono quelli raggiunti in campo bellico e, soprattutto, nucleare. Lo scorso novembre la International Atomic Energy Agency (Iaea) ha pubblicato un rapporto in cui illustra dati che suggeriscono che dal 1998 al 2003 l’Iran abbia lavorato alla costruzione di armi atomiche. L’agenzia ha anche fornito dati che rivelano un programma di arricchimento dell’uranio al 20% (non sufficiente a produrre bombe, ma comunque contrario a quanto richiesto dalle Nazioni Unite), ma non è riuscita a raccogliere notizie certe sull’intenzione del governo iraniano di produrre armi nucleari. Gli unici possibili indizi si riscontrano in alcuni programmi di ricerca che potrebbero essere complementari alla produzione di armamenti nucleari (come un sistema che permette alle bombe di esplodere a mezz’aria). Insomma, la stessa Iaea evidenzia che se anche c’è stata una corsa agli armamenti iraniana, dal 2003 è stata enormemente rallentata e la produzione nucleare è ancora a un stato rudimentale. Un discorso diverso vale invece per i progressi compiuti nell’ambito della fisica nucleare. Attualmente l’Iran è il settimo produttore di esafluoruro di uranio e giusto ieri ha annunciato di aver prodotto la prima barra di combustibile interamente iraniana. Inoltre, partire dallo scorso febbraio è il sesto paese al mondo a disporre di un dispositivo nucleare IR-IECF. Sul fronte dello sviluppo bellico, dal 1988 (fine della guerra con l’Iraq) ad oggi, il paese dell’ayatollah Khamenei si è concentrato nello sviluppo del comparto missilistico. I missili della discordia, che nelle ultime ore hanno debuttato nei pressi dello stretto di Hormuz, sono un missile superficie-mare (Qadar) e uno superficie-superficie (Nour), che hanno un raggio d’azione a lunga gittata (200 km) e una certa capacità di sfuggire al rintracciamento radar. Ma a far paura alle nazioni nemiche dell’Iran (e Israele, in particolare) sono i missili superficie-aria come il Mehrab, ma soprattutto, i missili balistici a lunga gittata come il Shahab-3. Quest’ultimo ha un raggio d’azione che può toccare i 2mila km e colpire qualsiasi paese del Medio Oriente. Si tratta di missili estremamente potenti, capaci di trasportare testate chimiche e nucleari. Le varie agenzie di intelligence non sono riuscite a stimare con esattezza il peso di questi missili balistici all’interno dell’arsenale iraniano: c’è chi sostiene che la Marina Iraniana non abbia più di una ventina di missili, chi è pronto a giurare di contarne più di 300, chi ancora arriva a scommettere anche sulla presenza di Shahab 4 o modelli superiori, la cui gittata si spinge invece sopra i 6mila km. Ma dal momento che stiamo parlando dello sviluppo scientifico iraniano e non del suo arsenale di guerra, sarebbe ingiusto non riconoscere alla nazione mediorientale i traguardi raggiunti negli ultimi anni in svariati ambiti. Innanzitutto, l’Iran ricopre un ruolo significativo in campo chirurgico, sono infatti iraniani gli esperti che hanno sviluppato un nuovo trattamento neurochirurgico, che ha permesso alla politica americana Gabrielle Giffords di riprendersi dopo aver ricevuto una pallottola in testa. In ambito biotecnologico gli scienziati iraniani si sono distinti per la progettazione dei primi impianti bio-oculari e nella produzione di anticorpi monoclonali terapeutici. Non solo, la Repubblica Islamica dell’Iran ha raggiunto notevoli traguardi anche in campo robotico, nella produzione di microscopi a effetto tunnel e nella produzione di supercomputer. Gli enti di ricerca iraniani hanno collaborato a Lhc e alla produzione dell’acceleratore di particelle giordano Sesame, inoltre, entro il 2017 l’Iran programma di spedire il suo primo astronauta in orbita. Tuttavia, nonostante la variegata estensione del progresso scientifico iraniano, la nazione guidata da Mahmud Ahmadinejad conquista le prime pagine per motivi molto meno lusinghieri. Anche oggi, la situazione non accenna a raffreddarsi. Dopo aver concluso la pioggia di missili nella simulazione di ieri, infatti, in queste ore il Comandante in Capo delle Forze Armate iraniane, Ataollah Salehi, ha caldamente invitato gli Stati Uniti a tenere la propria portaerei, che attualmente naviga nel Golfo dell’Oman, lontana dal Golfo Persico, e di non farselo ripetere due volte.
|