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11 marzo 2012

Ciao Vik, un Anno Senza di Te
di Meri Calvelli

Non ci sono spiegazioni per un assassinio che ha sottratto Vittorio Arrigoni alla sua famiglia, ai palestinesi e agli italiani, scrive la cooperante italiana Meri Calvelli. Ma Gaza non dimentica, Vittorio è sempre li’

Gaza, 11 marzo 2012, Nena News – Un anno è passato veloce, un anno senza Vittorio che qui nella Striscia di Gaza si è sentito molto è stato molto triste. Un  anno a chiederci perchè sia successo, un anno senza nessuna giusta risposta. Nessuno infatti può dare questa risposta – nemmeno un tribunale militare che si dice rispettoso delle leggi e delle procedure – perchè   nessuno ci potrà mai più dare indietro Vittorio o Viktor o Vik, come usavano chiamarlo in molti qui nella Striscia.

I manifesti, le immagini le foto la sua chiara faccia che affronta l’ingiustizia “Restando Umani”, campeggia ovunque; nelle strade, nei negozi, nelle case e nelle associazioni a lui titolate per ricordarlo e averlo sempre presente. Non un eroe, ma un umano tra gli umani capace di rendere conosciuta la assurda  realtà di Gaza e dei suoi abitanti.

La striscia di Gaza, una piccola zona lungo la costa del Mediterraneo tra l’Egitto ed Israele, lunga 40km e larga 10km, in cui vivono più di 1,4 milioni di palestinesi; uno dei posti con  tra la maggiore percentuale di densità di popolazione al mondo, una prigione con sopra il cielo pronto a piovere  bombe su  tutti. Il potente esercito israeliano detiene il controllo dei confini, dello spazio aereo e del mare.  La comunità internazionale ne detiene i giochi politici, i governi locali ne regolano  i ritmi e le menti, i muri dividono gli umani dal resto dell’umanità.

Quando hanno uccisoVittorio, quel maledetto 15 aprile 2011, nessuno di noi poteva crederci. Vittorio ammazzato a Gaza per mano di “fratelli” che fino a poche ore prima aveva pensato di aiutare per evitargli l’isolamento quotidiano e ilbombardamento continuo che sono costretti a subire.  Lo hanno fatto fuori nel peggiore dei modi, in fretta e furia, senza pieta’ e conoscenza. Il virus, che li ha attaccati, non gli ha dato la possibilita’ di ragionare sul grande errore e orrore che stavano commettendo. Vittorio era arrivato a Gaza con la prima imbarcazione di fortuna (la Free Gaza Movement) che era riuscita a rompere l’assedio via mare, nel 2008, quando, a 2 anni dalla vittoria di Hamas, la striscia era stata sigillata al mondo “civile”. Il conflitto in quell’area non puo’ essere considerato un “modo di vedere” o “di pensare”, non e’ un ideologia da sostenere o da combattere. Non e’ una guerra, perche’ e’ combattuta ad armi impari; occupazione, espropriazione di terre, muri alti di divisione, barriere e fili spinati, embargo sui medicinali, divieto di movimento ad ogni individuo, sano o malato. Questa disumanità non può essereconsiderata o catalogata come “sostenere una ideologia”

Questa è la rappresentazione del potere, della violenza più assurda e disumana, la fine del diritto umano, la negazione delle  identità. E’ la crescita di individui non sani il cui futuro e’ infilato in un tunnel nero, come quello che devono usare per avere il cibo quotidiano. E’ l’inizio di una catastrofe senza fine, di un tragedia senza precedenti.

Vittorio ha trascorso qui gli ultimi anni della sua vita, compresi quelli, che hanno visto Gaza devastata dall’operazione militare “Piombo Fuso”, dove per 23 giorni le bombe di Israele cadevano fitte sulla testa  di 1 milione e mezzo di anime. 1500 i morti, di cui 800 tra donne e bambini, 5000 i feriti di cui  oltre 2000 permanenti. In pochi, hanno potuto vedere, aiutare e informare sul delirio che stava accadendo nell’Inferno di Gaza, e le denunce di Vittorio  ci sono arrivate dritte al cuore per capire che nel mondo non c’e’ affatto giustizia  e umanita’. “Restiamo Umani”,  era solito concludere ogni sua corrispondenza e pensiero in merito a quell’inferno ma nessuna umanita’ gli e’ ritornata indietro prima di morire.

Nella sua permanenza a Gaza, cosi come succede a molti di noi che ci vivono e lavorano, la gente comune si sente in dovere di adottarti, di creare intorno a te la famiglia e gli amici che hai lasciato per venire a vivere, anche se da “ajnaby” “straniero”, in quel contesto diffcile. Vittorio, che usava vivere con i pescatori e gli agricoltori, che piu’ frequentemente sono sotto gli attacchi punitivi di Israele per le loro attivita’ “terroristiche”  di pesca e di agricoltura di sopravvivenza, era stato adottato da questi e ci viveva a stretto contatto quotidiano. Si univa a loro   per andare a recuperare il raccolto, sia via mare che via terra, indossava  il suo giacchetto giallo fosforescente, nella speranza che l’esercito israeliano risparmiasse qualche bomba o proiettile diretto sulla popolazione.

Urlava forte per farsi sentire dall’altra parte della Buffer-Zone o tra le onde  del mediterraneo entro le 3 miglia consentite, affinche’ non aprissero il fuoco sui civili; avveniva sempre  il contrario, le pallottole non si risparmiavano. Solo la fortuna volle che mai venisse colpito mortalmente in quelle occasioni. Durante “Piombo fuso” mentre le palline di fosforo bianco  rimbalzavano sui corpi della gente, Vittorio con gli amici medici e infermieri si infilava sulle ambulanze per andare a raccattare i corpi bruciati che non riuscivano a spegnersi. Questo e’ quello che faceva, questo e’ quello che le mani assassine e la testa balorda di alcuni (salafiti o chi per loro) hanno fermato, inspiegabilmente, senza senso.

Per Vittorio riuscire a rompere l’assedio su quella striscia e  su quella popolazione sfortunata, era una questione di principio di libertà, lo è cosi per tutti noi, credo, e quello che fa più paura “non è la violenza dei cattivi e dei bastardi ma l’indifferenza degli onesti e dei ben pensanti”. Non e’ stato il primo, non sara’ l’ultimo, la solidarieta’ alla popolazione civile di Palestina sara’ sempre attiva; la lotta per garantire i diritti umani  anche a chi umano non lo e’, non si puo’ negare. Hanno fatto un martire ma i sogni e l’utopia non si possono cancellare; una nuova generazione si sta preparando a superare questa fase,  per essere capaci di vedere e di capire come agiscono gli “umani”.  Una  generazione che prenderà in mano quella che anche tu, Vittorio, chiamavi resistenza umana contro l’oppressione. In questi giorni a Gaza, insieme a molte città italiane e nel mondo ricorderemo Vittorio, sempre vivo nel nostro agire, senza bandiere, come voleva lui  ma come un Vincitore come è scritto nel suo nome. Nena News