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I sei luoghi comuni sbagliati su Gaza da lasciare al 2011 Con l’inizio del nuovo, è tempo di lasciare indietro alcuni luoghi comuni sulla Striscia di Gaza, spesso ripetuti dal governo israeliano e dai più importanti media Al sesto posto: “La chiusura di civili non esiste più, restano solo restrizioni per la sicurezza”. Gaza non è isolata dal resto del mondo come lo era qualche anno fa, ma continua ad essere tagliata via dalla Cisgiordania ed è difficile trovare delle ragioni di sicurezza convincenti. Ad esempio, Israele proibisce agli studenti di viaggiare da Gaza alla Cisgiordania i controlli di sicurezza individuali non sono nemmeno contemplati perché il divieto è assoluto. Israele non autorizza che beni prodotti a Gaza siano venduti in Israele e in Cisgiordania, mentre allo stesso tempo l’export di beni da Gaza all’Europa è possibile solo attraverso aeroporti e porti israeliani. Inoltre, impone restrizioni all’importazione di materiali di costruzione nella Striscia di Gaza. L’impatto è sentito in maniera più forte dalle organizzazioni internazionali, piuttosto che dal governo locale, che importa il cemento, la ghiaia e l’acciaio di cui ha bisogno attraverso i tunnel con l’Egitto. Le attuali restrizioni rendono difficile per l’economia di Gaza recuperare terreno, dividono le famiglie e impediscono ai residenti l’accesso ad un’educazione alta e all’opportunità di ottenere una formazione in diversi campi di estrema necessità Al quinto posto: “Israele fornisce a Gaza denaro, elettricità e acqua”. Vero, Israele fornisce i residenti di Gaza di acqua ed elettricità. Ma per “fornire” si intende “vendere”. Israele inoltre non dà denaro ai palestinesi della Striscia, ma trasferisce le tasse pagate a Gaza e raccolte dalle autorità israeliane, in genere con grande ritardo. Al quarto posto: “Il rapporto Palmer ha concluso che l’assedio è legale”. La Commissione Palmer ha stabilito di non esaminare la legalità dell’assedio totale della Striscia di Gaza e ha soltanto affermato che il blocco navale imposto a Gaza è legale. Nel suo report, la Commissione ha incluso la raccomandazione ad Israele a ridurre le restrizioni al movimento “al fine di terminare l’assedio e di alleviare l’insostenibile situazione umanitaria ed economica della popolazione civile”. Al terzo posto: “Gaza confina con l’Egitto, per cui sono gli egiziani a doversi prendere cura della Striscia”. Sei mesi fa, abbiamo elencato i dieci principali motivi per cui l’apertura del confine di Rafah non serve. La lista è valida tuttora, ma va aggiunto che, anche se l’Egitto aprisse completamente Rafah al transito di beni e persone, questo non eliminerebbe il problema delle restrizioni al movimento tra Gaza e la Cisgiordania. Il desiderio di spingere Gaza verso l’Egitto, e quindi di tagliare via la Cisgiordania da Gaza, è comune, ma la sua implementazione strangolerebbe Israele legalmente e politicamente. Al secondo posto: “Israele non occupa più militarmente Gaza e quello che ha ottenuto sono i missili Qassam”. Lanciare missili Qassam contro civili è un ingiustificabile crimine di guerra. Questo è chiaro. Dovremmo ricordare che i missili non sono cominciati dopo il disimpegno da Gaza e che quattro anni e mezzo di assedio non sono serviti a ridurre la minaccia del lancio di missili da Gaza a Israele. Con il disimpegno, Israele ha rimosso le installazioni militari permanenti e le colonie civile dalla Striscia di Gaza, ma il controllo israeliano sulla Striscia è davvero finito? Provate a chiedere ad un palestinese di Gaza se ritiene che Israele se ne sia davvero andato dalla sua vita. Non ci penserà due volte prima di rispondere di no. Israele controlla la sua capacità di andare a studiare in Cisgiordania, di esportare beni, di pescare, di coltivare la terra e di visitare i familiari. Vero, è difficile immaginare che il controllo di un territorio si possa esercitare senza presenza militare permanente sul terreno, ma è proprio questa la situazione unica che Gaza vive oggi. E al primo posto: “Gli abitanti di Gaza hanno votato per Hamas, quindi se la sono voluta”. La vittoria di Hamas alle elezioni parlamentari del 2006, poco dopo il ritiro israeliano dalla Striscia, ha sorpreso molti. Il disimpegno non ha sostenuto il processo di pace come molti in Israele si attendevano. Oggi, più di cinque anni dopo le elezioni, usano ancora la vittoria di Hamas come giustificazione all’assedio. Prima di tutto, è importante sottolineare che il diritto internazionale proibisce punizioni collettive di una popolazione civile. L’esperienza passata insegna che i civili, a prescindere dalle loro convinzioni politiche, devono rimanere intoccabili. Questo principio deve essere applicato a Gaza, in Israele e in ogni luogo del mondo scosso da un conflitto. Qui si sta parlando di elezioni che, per essere precisi, non si sono tenute solo nella Striscia di Gaza, ma anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Dopo un anno dal voto, nel giugno 2007, Hamas ha preso il controllo della Striscia. Nessuna elezioni si è tenuta a Gaza dal 2006 e il dibattito tra le varie fazioni politiche continua. Un modo per seguire questo dibattito è attraverso i sondaggi, come quelli pubblicati dal Palestinian Center for Policy and Survey Research. Ad esempio, un sondaggio del dicembre 2011, mostra che se le elezioni per il Consiglio Legislativo Palestinese si tenessero oggi, Hamas otterrebbe il 35% e Fatah il 43%. Vale la pena ricordare che oltre la metà della popolazione di Gaza è sotto l’età legale per avere diritto di voto. Come possono i bambini essere puniti per i risultati di elezioni a cui non prendono parte? Questo articolo è apparso su Gisha’s Gaza Gateway (http://www.gazagateway.org/2012/01/six-common-misconceptions-about-gaza-that-are-so-2011/) ed è stato pubblicato su permesso.
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