http://nena-news.globalist.it Israele e la dieta da embargo Nelle linee rosse del Ministero della Difesa, le calorie sufficienti a stringere il blocco su Gaza, senza far morire la popolazione: 316 g di carne, 300 vitelli la settimana Roma, 18 ottobre 2012, Nena News - "L'idea è di mettere i palestinesi un po' a dieta. Non di farli morire di fame". Così aveva ironizzato una volta il consigliere governativo israeliano Dov Weisglass alle continue accuse da parte di associazioni israeliane e palestinesi sull'ingiustizia del blocco totale imposto alla Striscia di Gaza dal 2007. Ora un documento comprova la verità dietro l'infelice frase e svela i numeri dell'embargo: 2.279 calorie al giorno. Tanto, secondo i calcoli di Israele, poteva ricevere una persona nella Striscia di Gaza per evitare la malnutrizione durante il blocco imposto dallo Stato ebraico. I numeri sono stati rivelati dallo studio "Consumo alimentare nella Striscia di Gaza - le linee rosse", presentato nel 2008 dal Ministero della Difesa e rimasto segreto fino a ieri, quando la Corte Suprema israeliana ha dato ragione alla petizione dell'associazione israeliana per i diritti umani Gisha e ha obbligato il ministero a pubblicarlo. Seguendo le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Tel Aviv aveva calcolato precisamente come mettere alle strette il governo di Hamas senza lasciar morire di fame gli abitanti della Striscia. I maschi dagli 11 ai 50 anni avrebbero avuto bisogno di 316,05 grammi di carne al giorno, mentre alle donne della stessa età sarebbero spettati 190,47 grammi di farina. Il documento snocciolava anche alcune modifiche da apportare alle quantità di cibo sia prodotto localmente che importato di cui la popolazione avrebbe avuto bisogno. Si faceva distinzione persino tra necessità umanitarie e lussi "non essenziali": potevano entrare salmone surgelato e yogurt magro, ma non caffè solubile e il coriandolo. Secondo le cifre stabilite dagli strateghi israeliani, sarebbero stati necessari circa 107 camion di aiuti al giorno, cinque giorni alla settimana, per rifornire quel milione e mezzo di persone che vive nella Striscia. Invece, secondo quanto denuncia Gisha, nel periodo 2007-2010 il numero di camion autorizzati ad entrare a Gaza non ha superato i 67 al giorno. "Come può il governo israeliano - chiede il direttore dell'associazione, Sari Bashi - affermare di non essere responsabile per la vita dei civili di Gaza quando controlla anche i tipi e le quantità di cibo introdotte nel territorio sotto embargo?". Le dichiarazioni del governo sono state contrastanti: per prima cosa il portavoce militare Guy Inbar ha negato che queste linee guida fossero mai state implementate. Poi ha dichiarato che questi calcoli non erano stati studiati per punire la popolazione di Gaza, ma piuttosto per "identificare il cibo di cui c'era bisogno ed evitare una crisi umanitaria". Ma la realtà dei fatti parla chiaro. Bashi spiega come i documenti militari di quel periodo indicano che le politiche restrittive israeliane verso Gaza erano basate sulle "linee rosse" redatte dal Ministero della Difesa. Nelle direttive si legge che bisogna introdurre 300 vitelli alla settimana nella Striscia per soddisfare il bisogno di carne della popolazione. E in una sentenza del settembre 2008 si parla di come il governo israeliano abbia rifiutato la richiesta di un importatore di far entrare più vitelli a Gaza perché "300 alla settimana sono più che sufficienti". Nena News
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