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Oggi 17 ottobre è la Giornata mondiale contro la povertà Non ha molto senso riempire le prossime righe di statistiche, percentuali e numeri. Ricordiamo quelli essenziali: almeno 963 milioni di persone ogni sera vanno a dormire affamate, un miliardo di persone vive in insediamenti abitativi precari, 350.000 donne all’anno muoiono per complicazioni legate alla gravidanza, 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all’assistenza sanitaria di base, 2,5 miliardi di persone non hanno servizi igienici adeguati e 20.000 bambini ogni giorno muoiono per questa ragione. Che la povertà sia ciò che accomuna la maggioranza degli abitanti del pianeta è un fatto noto, così come la sensazione che la porta d’ingresso per entrare in quella maggioranza sia sempre più vicina. Più che ricordare la povertà, dovremmo ricordare oggi l’impoverimento globale. Ma oggi è anche la giornata in cui le organizzazioni non governative ricordano che esiste una terza possibilità, oltre a quella di morire chiedendo la carità o morire con un fucile in mano: lottare per l’accesso ai diritti economici e sociali, richiamando i governi al loro rispetto e alla loro applicazione. Due anni e mezzo fa, nel maggio 2009, Amnesty International ha lanciato una campagna dal titolo perentorio: “Io pretendo dignità”. Quel titolo dice due cose: che la povertà non è solo assenza di reddito, ma anche e soprattutto assenza di diritti; che acqua, cibo, salute, lavoro, alloggio, istruzione, sicurezza sociale sono le condizioni indispensabili per una vita degna di essere vissuta. Quella campagna ha contribuito a un primo sviluppo importante sul piano della giustizia internazionale: l’inizio del processo di ratifica del Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, adottato dalle Nazioni Unite nel dicembre 2008. Il Protocollo consente a singole persone e gruppi di persone di chiedere giustizia agli organismi delle Nazioni Unite nel caso in cui i diritti contenuti nel Patto (quei diritti che elencavo sopra e che danno senso alla parola “dignità”) siano violati dal loro governo. Mongolia, Ecuador, Spagna ed El Salvador lo hanno ratificato. Mancano così sei ratifiche all’entrata effettiva in vigore. Possiamo sperare che quella italiana sia tra queste? I governi di Burkina Faso e della Sierra Leone si sono impegnati pubblicamente a garantire cure mediche gratuite alle donne incinte. Alcuni dei numerosi sgomberi forzati che hanno luogo quasi ogni giorno in diverse parti del mondo sono stati fermati (in Romania, Angola, Ghana) mentre in America Latina (segnatamente in Argentina e Paraguay) importanti sentenze o negoziati patrocinati dai governi hanno dato ragione alle comunità native che lottano da anni per mantenere o recuperare il possesso delle terre ancestrali. Le aziende continuano a portare avanti attività che hanno un impatto negativo su diritti umani e ambiente, ma sempre più spesso vengono chiamate a rispondere del loro operato e come è successo per la Chevron in Ecuador e per la multinazionale Trafigura in Costa D’Avorio. Le responsabilità delle imprese petrolifere per i danni ambientali che hanno reso il Delta del Niger una delle zone più invivibili del pianeta cominciano a emergere, così come si fanno sempre più pressanti le richieste, da un lato al governo nigeriano di assicurare che le aziende rispondano dell’impatto dell’inquinamento petrolifero sui diritti umani e sull’ambiente, dall’altro alle stesse compagnie, tra cui Shell ed Eni, affinché adottino misure immediate per bonificare il territorio. Insomma, se da un lato in questi mesi sembra che vi si sia maggiore propensione a salvare una banca e ad accudire i mercati piuttosto che a salvare e accogliere i migranti e i rifugiati a bordo di una piccola barca nel Mediterraneo, dall’altro ciò che emerge in questa Giornata è che la povertà non è un destino, non è una malattia incurabile e non è una dimensione perenne. Ci si può piombare dentro, se ne può uscire. Sta ai governi prendere le decisioni in un senso o nell’altro. E sta a tutti noi, fargliele prendere giuste e ricordare i loro doveri, le loro responsabilità e i loro obblighi, tutti i giorni.
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