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http://www.theatlantic.com/international/archive/2011/01/egyptian-activists-action-plan-translated/70388/


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28 gennaio 2011

#Jan25 Support the Revolution
di Cesare Buquicchio

E' iniziato tutto con l'hashtag (vuol dire 'cancelletto' in inglese ed è il modo per fare ricerche su Twitter) #Jan25. È stata quella la parola d'ordine sotto la quale la rivolta dei giovani egiziani ha iniziato a ripercorrere le orme di quella dei cugini tunisini. #Jan25 stava per gennaio 25, giorno della prima manifestazione di piazza in Egitto, poi è arrivato #Jan28.

Sotto quel segno la protesta si è diffusa e si sta ancora diffondendo fino ad incendiare le principali città del paese nordafricano. Twitt dopo twitt, messaggio dopo messaggio, l'aggiornamento delle proteste, dei morti per strada e dell'ingrossarsi dei cortei, sta assumendo le sembianze di un'onda crescente che punta a travolgere l'Egitto e forse non solo.

Ma contro #Jan25 si è mosso oggi il governo di Hosni Mubarak. E la paura di finire come Ben Ali ha spinto le autorità ad un gesto clamoroso: oscurare il web e i cellulari egiziani. Circola sul web il grafico che mostra l'andamento del traffico internet e mostra un crollo verticale di ogni comunicazione on line. Ma il web sta cercando di reagire. Da una parte i principali attivisti della protesta stanno cercando tutti i sistemi per aggirare il blocco e la censura che fa apparire i messaggi dei pochi ancora connessi a Twitter completamente schermati. Dall'altro, si è mosso Anonymous, il collettivo di pirati informatici che aveva bloccato molti siti internet ufficiali giudicati anti-wikileaks in solidarietà con Julian Assange, lo stesso gruppo che aveva attaccato le pagine web del governo tunisino a inizio gennaio, e che ora minaccia ora il regime egiziano di rappresaglie nel caso in cui le autorità del Cairo dovessero bloccare l'accesso a internet.

«Al governo egiziano: Anonymous vuole che offrite libero accesso ai mass media nel vostro paese, senza censura. Se ignorate questo messaggio, non soltanto attaccheremo il sito web del vostro governo ma Anonymous farà in modo che i mass media internazionali sappiano la verità e vedano il quotidiano orribile che imponete al vostro popolo», precisa il collettivo in comunicato. Anonymous invita tutti gli internauti a unirsi alla «Operazione Egitto», scaricando un software che permetterà di intasare il server di alcuni siti governativi egiziani, fino a renderli inaccessibili. A inizio gennaio, molti siti del governo tunisino erano stati bloccati da cyber-attacchi di questi «Anonimi» per protestare contro la repressione e la censura delle manifestazioni. Tali iniziative avevano condotto all'arresto del blogger Slim Amamou, diventato in seguito segretario di Stato alla Gioventù del nuovo governo di transizione a Tunisi.

Ma i primi a tentare la reazione sono proprio i “mediattivisti” egiziani. «È dalla pagina Facebook WeAreAll Khaled Said (dal nome di un ragazzo di 17 anni ucciso dalla polizia) che esiste anche in arabo, che è partita la protesta di blogger e social network – raccontano alla rivista Wired –. Le autorità egiziane, indignate, hanno censurato i social network e ora anche sms e Internet (anche se ufficialmente negano che questo sia avvenuto), ma gli attivisti del Web del movimento 6 Aprile e Kifaya (che in arabo significa basta) ci hanno raccontato comunque cosa stava accadendo. E lo stesso sta avvenendo in questo momento in Yemen, dove la protesta contro il presidente Ali Abdullah Saleh si amplifica con l'hashtag #yemen. Un nuovo modo di fare rivoluzione».

«Un’attivista egiziana del Web (ma lei preferisce definirsi una " cittadina responsabile") racconta come si fa ad aggirare la censura. Si tratta di Sarah, una ragazza di 26 anni. Una citizen journalis, che attraverso i suoi account su Facebook e Twitter tiene informati amici, parenti, giornalisti, insomma chiunque sia interessato, sulla situazione al Cairo. Nei post dà indicazioni sulle vie libere della città e i punti caldi dove invece la polizia carica i manifestanti. Il social network è usato anche per confondere: le piazze, le vie e le strade dalla pagina ufficiale di Facebook dedicata alla protesta indicavano luoghi-civetta».

Dal suo Mac l'attivista posta twitt ( #jan25 #egypt) e messaggi utilizzando il servizio online Hoot Suite. «Perché con i siti bloccati non si può fare il login direttamente dalle homepage. Il tam-tam delle notizie si porta con sé ogni minuto nuovi stratagemmi. Escono dai messaggi degli amici altri siti: “Si migra ora su Hide My Ass e My Mobinil (che è il sito di uno dei tre gestori di telefonia mobile del paese, ndr) che offrono lo stesso servizio e sembrano funzionare”. Si twitta con l'hashtag egyption, volutamente errata per ingannare la censura. E per le immagini? “Beh, Internet is going mobile”, “Internet sta diventando mobile” esordisce. “Il metodo più utilizzato è quello di scattate foto dal cellulare e caricarle su Twitter via Yfrog mobile. Invece per il live streaming ho visto cose interessanti su Ustream”.

Non solo. Arrivano da un email gli indirizzi di Host e Proxy Server con cui aggirare il blocco sui Social Network, con tanto di istruzioni dettagliate su come si fa a cambiare i codici sui browser Internet Explorer e Firefox. “ Su Facebook e Twitter ci si tiene aggiornati seguendo i post degli amici, ma anche quelli di Rnn News, ci dice la ragazza, un servizio indipendente di news dall’Egitto lanciato appena qualche mese fa”. Poi sono nati dei siti ad-hoc per le proteste come questo che ha una lista dei cittadini detenuti e numeri di telefono per assistenza legale. La censura della stampa ufficiale si aggira anche postando notizie sui blog. Fra i più cliccati “c’è senz’altro 3arabawy che ha delle buone immagini delle proteste“, continua l’attivista.

In Rete c'è anche Misr (misr in arabo significa Egitto) di un blogger che con il suo Nokia N97 (i videofonini sono molto meno appariscenti di macchine fotografiche e telecamere) ha realizzato riprese delle strade del Cairo e le ha condivise, racconta ancora la rivista Wired. Alcuni dei cyber-attivisti egiziani hanno scaricato sui loro computer Hotspot Shield, il programma freedownload per creare Vpn che offre diversi strumenti di sicurezza per proteggere l’anonimato e per cifrare il traffico dati. Mentre, sempre su Twitter, girano le istruzioni per connettersi con i modem. Insomma, “old technology” contro il regime.