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Israele del 1967? Sì dall'Anp, no di Hamas e Netanyahu
Israele che torna ai confini del 1967? Secondo il primo ministro Benjamin Netanyahu per Israele sarebbe disastroso: il ritiro dai territori occupati da Israele nel 1967 avrebbe messo in pericolo la sicurezza dello Stato ebraico e lascerebbe la maggior parte degli insediamenti in Cisgiordania fuori dai confini israeliani. L'Autorità nazionale palestinese (Anp) giudica invece positivamente il richiamo del presidente Usa, Barack Obama, ai confini del 1967 quale base di partenza di un accordo di pace con Israele, ma lamenta la mancanza di pressioni e di una strategia concreta verso questo traguardo e il silenzio sugli insediamenti. Hamas, fazione islamica palestinese al potere nella Striscia di Gaza, liquida invece come come «un discorso schierato» dalla parte israeliana quello di Obama sul Medio Oriente ed esclude ogni possibile riconoscimento di Israele. L'ipotesi di Obama poggia sulla risoluzione Onu n. 242: la frontiera arabo-israeliana verrebbe tracciata sulla Linea Verde del cessate il fuoco del 1949. E Israele sarebbe costretta al ritiro da tutti i territori occupati all'indomani della Guerra dei Sei Giorni. Nella Risoluzione «una pace giusta e duratura» in Medioriente veniva subordinata all'applicazione di due principi: il ritiro delle forze israeliane dai territori occupati nel conflitto e la sovranità, integrità e indipendenza politica di ogni stato della regione. Nell'atto si riconosceva il diritto a frontiere sicure e si esortava ad arrivare ad un'equa regolamentazione del problema dei rifugiati palestinesi. L'ambiguità della formulazione prestò il fianco a interpretazioni di contrapposte.
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