http://www.bocchescucite.org Domande e risposte sull’iniziativa di settembre 2011 alle Nazioni Unite Questo documento di AL-HAQ si propone di rispondere ad alcune delle domande più comuni in vista delle iniztiative dei rappresentanti palestinesi presso le Nazioni Unite Cosa succederà a Settembre? Verrà riconosciuto lo Stato di Palestina? E Cosa vorrà dire? Ecco le risposte mai date alle domande che tutti ci poniamo. BoccheScucite diffonde in Italia uno straordinario documento di Al-Haq per capire lo storico momento che è previsto all’Onu. 1. Quali sono i piani della leadership palestinese per settembre? I rappresentanti palestinesi avevano inizialmente manifestato l’intenzione di emettere una dichiarazione (unilaterale) di indipendenza nel settembre 2011, con riferimento ai confini del 1967. Questo avrebbe modificato la Dichiarazione d’Indipendenza rilasciata dalla Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) nel 1988 che rimane la base più recente per la statualità della Palestina. (…) Il progetto è diventato una serie di iniziative che consistono in domande di adesione alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite senza esclusiva, e la ratifica di diverse convenzioni e trattati internazionali, tra cui le Convenzioni di Ginevra e diversi strumenti legali sui diritti umani. In parallelo, la Palestina sta cercando di ottenere maggiori riconoscimenti della sua statualità da singoli Stati. 2. Che cosa ci si può aspettare dalle iniziative di settembre 2011 delle Nazioni Unite? Le iniziative sono uno strumento importante per rafforzare le prospettive di adesione della Palestina ai trattati internazionali, in particolare agli strumenti legali sui diritti umani. (…) In pratica, il massimo che la Palestina potrebbe ottenere attraverso la procedura di ammissione delle Nazioni Unite, alla luce del probabile veto USA al Consiglio di sicurezza, sarebbe una risoluzione dell’Assemblea Generale che raccomanda il riconoscimento dello Stato di Palestina e / o la definizione di ” Stato osservatore ” presso le Nazioni Unite, come discusso più avanti. Stato di Palestina: quale status nell’ambito del diritto internazionale 1. È la Palestina uno Stato secondo il diritto internazionale? Qual è la posizione della comunità internazionale per quanto riguarda la sovranità palestinese? La Palestina è stata trattata come uno Stato dalla maggioranza degli Stati e delle organizzazioni internazionali negli anni. Nella sua qualità di osservatore presso l’ONU, alla Palestina sono stati accordati i diritti riservati agli Stati dal Consiglio di Sicurezza e dall’Assemblea Generale, tra gli altri organismi delle Nazioni Unite. (…) Tuttavia, nel suo complesso, l’esistenza di uno Stato non è una questione legale, ma una questione puramente fattuale e politica. Le difficoltà inerenti alle domande riguardanti la Palestina, risultano dal fatto che la statualità è un concetto indeterminato ai sensi del diritto internazionale. Ogni paese decide da solo se riconoscere il soggetto come uno Stato, esplicitamente o implicitamente, entrando in rapporti con esso. 2. Il fatto che la Palestina è sotto occupazione modifica la sua condizione di statualità? La statualità non è influenzata dalla occupazione bellica, e l’occupazione non può negare o trasferire la statualità sotto l’aspetto giuridico. (…) Durante l’occupazione, la sovranità sul territorio rimane in ogni momento alla popolazione locale. La sovranità e l’indipendenza del popolo palestinese, così come il suo diritto fondamentale all’autodeterminazione, sono stati affermati da numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, così come da dichiarazioni ufficiali rilasciate da singoli Stati. 3. Quali effetti può avere il riconoscimento sullo status di soggetto di diritto internazionale? (…) Il riconoscimento è un atto dichiarativo e implica solo la presa d’atto del fatto legale che un ente è uno Stato. Il rifiuto di riconoscere la Palestina è un atto politico, che non ha nessuna implicazione legale sulla esistenza come Stato. Analogamente, una dichiarazione di indipendenza è solo un invito agli Stati per provocare il riconoscimento. La maggior parte degli Stati, tra cui Israele, hanno riconosciuto la Palestina e la sovranità del popolo palestinese, esplicitamente o implicitamente, attraverso le relazioni con essa. Finora, circa 117 Stati hanno esplicitamente riconosciuto la Palestina e i rappresentanti palestinesi prevedono di ottenere in totale oltre 130 riconoscimenti a partire da settembre 2011. (…) 4. La questione della sovranità della Palestina è rilevante per le iniziative di settembre? (…) Come tale, né l’appartenenza delle Nazioni Unite, né un ulteriore riconoscimento della Palestina come Stato può legalmente determinare se si tratta di uno Stato; ogni Stato e Organizzazione internazionale avranno l’ultima parola sulla loro scelta di trattare la Palestina come Stato. La posta in gioco nel contesto delle “iniziative settembre” non è la statualità della Palestina come tale, ma una strategia per rafforzare la posizione della Palestina nell’ordinamento giuridico internazionale. (…) Procedura di ammissione delle Nazioni Unite 1. Qual è la procedura per l’ammissione di uno Stato membro delle Nazioni Unite? La procedura per essere accettati come membro delle Nazioni Unite inizia quando uno Stato presenta una domanda al Segretario Generale dichiarando la sua adesione alla Carta delle Nazioni Unite. Successivamente, i 15 membri del Consiglio di Sicurezza devono emettere una raccomandazione che richiede almeno nove voti di approvazione e nessun veto da un membro permanente; solo allora l’Assemblea Generale può votare l’ammissione del nuovo membro. Il voto dell’Assemblea Generale deve essere approvato da una maggioranza dei due terzi. Il Consiglio di Sicurezza è composto da cinque membri permanenti che hanno un potere di veto: Cina, Francia, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti, e dieci membri non permanenti (tra parentesi l’anno di fine periodo): Bosnia-Erzegovina (2011) , Germania (2012), Portogallo (2012), Brasile (2011), India (2012), Sud Africa (2012), Colombia (2012), Libano (2011), Gabon (2011), Nigeria (2011) . Il presidente americano Obama ha espresso l’intenzione degli Stati Uniti di porre il veto su una raccomandazione del Consiglio di Sicurezza sulla ammissione della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite. 2. La procedura di ammissione delle Nazioni Unite sarà giunta al termine se il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è in stallo a causa di un veto? (…) Si prevede che una situazione di stallo al Consiglio di Sicurezza possa portare la procedura “classica” di ammissione delle Nazioni Unite ad uno stallo finale. Tuttavia alcune iniziative possono essere prese dall’Assemblea Generale per agire, a dispetto di una raccomandazione negativa del Consiglio di sicurezza, tra cui gli scambi di informazioni tra i due enti, che possono avvenire per chiarire le ragioni di una raccomandazione negativa del Consiglio di Sicurezza. 3. Qual è l’opzione di “Stato osservatore” ? Quale significato ha, giuridico o politico? Alla luce delle pressioni politiche in atto all’ONU, il massimo che si può realisticamente prevedere che risulterà dalla domanda di ammissione della Palestina alle Nazioni Unite potrà essere una risoluzione dell’Assemblea Generale in cui la maggioranza degli Stati raccomanda il riconoscimento della statualità della Palestina e la concessione della condizione di “Stato osservatore” . Tale status si basa esclusivamente sulla pratica, e non ci sono disposizioni per essa nella Carta delle Nazioni Unite. Questo potrebbe fornire alla Palestina una ulteriore leva politica, e confermare i suoi diritti in qualità di Stato all’interno del sistema delle Nazioni Unite. (…) 4. Quale potrebbe essere il valore di una ammissione come membro delle Nazioni Unite (o la condizione di “Stato osservatore”) per la Palestina? Nonostante l’importante valore simbolico politico di appartenenza e la raccomandazione delle Nazioni Unite per il riconoscimento da parte dell’Assemblea Generale, tali condizioni non portano alcuna conseguenza giuridica in quanto tali. I palestinesi non rivendicano un loro diritto alla sovranità o all’indipendenza, ma piuttosto rivendicano i mezzi per esercitarle effettivamente. Implicazioni delle iniziative della Palestina settembre 1. Quali sono le implicazioni legali delle iniziative di settembre? Alcuni effetti: ammissione della Palestina ad alcune organizzazioni internazionali e adesione a trattati; aumento in linea generale della legittimità politica e della personalità giuridica. Un certo numero di guadagni possono essere realizzati da tale strategia, riguardo all’accesso ai meccanismi di riconoscimento di responsabilità per le violazioni del diritto internazionale compiute da Israele, che finora hanno beneficiato di un clima di impunità in cui la giustizia è stata tenuta in ostaggio dalla politica del “tavolo di negoziato” dal millantato “processo di pace”. 2. Quali sono le implicazioni politiche delle iniziative di settembre? Le implicazioni politiche che possono sorgere da queste iniziative sono molteplici e sono state spesso confuse con quelle legali. Le implicazioni legali indirette, discusse in precedenza, supportano diverse implicazioni politiche nella posizione della Palestina nel sistema giuridico internazionale, portandola su un piano di “parità formale” con gli altri Stati. Assumendo tale legittimità nell’ordine giuridico internazionale, la Palestina potrà avere una collocazione migliore per rivendicare i propri diritti presso la comunità internazionale, in particolare i mezzi per esercitare il diritto all’autodeterminazione. 3. Quali sono i potenziali benefici delle iniziative di settembre? Sulla sfondo c’è l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele in corso da più di quattro decadi, che equivale ad una continua negazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. (…) Gli Stati si trovano già nell’obbligo inequivocabile di non riconoscere la situazione come legale, di non prestare aiuto o assistenza ad Israele, così come a collaborare attivamente per porre fine alle violazioni compiute da essa. (…) 4. Le iniziative di settembre potrebbero influenzare la protezione dei civili nei territori occupati in termini di applicazione del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani? La legge applicabile ai Territori Occupati è la legge del conflitto armato internazionale, che si applica in virtù della occupazione da parte di Israele del territorio palestinese, vale a dire la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza. Le iniziative di settembre, a prescindere dalla loro risultati attesi, non porteranno alcun adeguamento del quadro normativo applicabile al TPO, in quanto il territorio palestinese resterà sotto il controllo effettivo e l’amministrazione della Potenza occupante, Israele. (…) 5. Quali sono i rischi che comporta l’avvio delle iniziative di settembre? Possono pregiudicare il futuro esercizio dei diritti nazionali palestinesi e / o la determinazione di domande relative alle frontiere e rifugiati? Nessuna delle prossime iniziative comporterà alcuna modificazione giuridica agi attuali diritti del popolo palestinese, e cioè il diritto all’autodeterminazione e il diritto al ritorno dei rifugiati, che è parte integrante del esercizio del diritto all’autodeterminazione. Questi sono diritti che sono riferiti al popolo ed esercitato da esso, non da uno Stato, e quindi non saranno compromessi o pregiudicati da decisioni sull’ammissione di uno Stato presso un’organizzazione internazionale o dal suo riconoscimento da parte di altri Stati. Inoltre, una volta che la Palestina sarà in grado di esercitare pienamente i suoi diritti di sovranità e indipendenza, e cioè quando sarà posta fine all’occupazione, lo Stato palestinese dovrà definire e stabilire le basi legali della nazionalità palestinese. Pertanto, le preoccupazioni del popolo palestinese sugli effetti della ammissione della Palestina alle Nazioni Unite per quanto riguarda la futura determinazione dei confini entro quelli del 1967 sono di natura politica e non devono essere confusi con gli effetti giuridici di questi processi . Le iniziative di settembre non si tradurranno in una erosione dei diritti, o nel pregiudizio del loro esercizio futuro, perché in quanto tali non consistono nell’esercizio di qualsiasi diritto, né esse sono abilitate a realizzare qualsiasi cambiamento della situazione di occupazione. Quello che hanno lo scopo di raggiungere è la promozione delle pretese di fornire al popolo palestinese i mezzi per esercitare tali diritti. 6. Le iniziative settembre sono un esercizio del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione? La statualità in quanto tale, la determinazione dei confini e il governo di una entità sono due cose separate. Il primo, come discusso in precedenza, non è una questione legale in quanto tale, mentre i secondi sono materie che verranno determinate dal popolo nel corso dell’esercizio del suo diritto all’autodeterminazione. In pratica, l’esercizio del diritto di autodeterminazione richiederebbe la partecipazione popolare del popolo palestinese nel suo complesso , cioè la popolazione locale dei Territori Occupati, i rifugiati palestinesi, la diaspora palestinese, così come i cittadini palestinesi di Israele. Un referendum è il comune mezzo più pratico per l’esercizio del diritto di autodeterminazione di un popolo, come nel caso del Sudan meridionale che è stato recentemente riconosciuto come uno Stato membro della UN. Lo svolgimento di un referendum potrà anche fornire ulteriore legittimità e leva per ogni iniziativa degli attuali rappresentanti palestinesi, se questi intendono includere le questioni che riguardano, ad esempio, la delineazione di confini territoriali. 7. E’ possibile che le iniziative Settembre siano viste come una violazione degli accordi tra Israele e l’OLP, in particolare degli accordi interinali del 1995 (accordi di Oslo) tra Israele e OLP ? Gli accordi interinali (Accordi di Oslo) tra l’OLP e Israele non sono un trattato secondo il diritto internazionale e non possono compromettere o modificare uno qualsiasi dei diritti garantiti dalle Convenzioni di Ginevra alla popolazione palestinese occupata. In quanto tali, questi accordi conclusi tra la Potenza occupante e il rappresentante della popolazione occupata per l’amministrazione del territorio occupato, non negano i diritti e gli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario e dei diritti umani.
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