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OCHA: 7500 ulivi palestinesi distrutti in nove mesi La piú grande ricchezza del popolo palestinese è da secoli rappresentata dall'albero di ulivo. Una ricchezza che da decenni l'occupante israeliano minaccia e distrugge: secondo l'ultimo rapporto Onu da gennaio a settembre 2011 sono stati sradicati oltre 7500 ulivi in Cisgiordania A pubblicare oggi dati tanto preoccupanti è l'OCHA, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Che snocciola una serie di numeri mostrando come l'economia di base palestinese sia drammaticamente minacciata dalle autoritá israeliane e dalla violenza dei coloni. Un'economia familiare che si basa in molte aree agricole, per lo piú confinate in Area C (sotto il totale controllo civile e militare israeliano), sulla raccolta e la lavorazione delle olive: circa il 45% delle terre agricole dei Territori Palestinesi Occupati ospita uliveti. Sono circa 12 milioni gli alberi di ulivo in Palestina, la maggior parte dei quali in Cisgiordania. Un numero consistente che alimenta l'industria dell'olio di oliva: un quarto della produzione agricola totale nei Territori proviene dall'ancestrale lavorazione delle olive, una ricchezza che garantisce la sopravvivenza di circa 100mila famiglie. Due le minacce concrete che la popolazione palestinese e i suoi uliveti devono affrontare, come spiega nel report l'OCHA. In primis la politica dei permessi delle autorità israeliane. Molte terre agricole, a causa della costruzione del Muro di Separazione e dell'espansione delle colonie, sono state annesse allo Stato di Israele o agli insediamenti illegali della Cisgiordania. Ció fa sì che un numero consistente di uliveti e terreni agricoli di proprietà palestinese non siano direttamente accessibili ai legittimi proprietari: migliaia di contadini si vedono negato l'accesso alle terre tra la Linea Verde e il Muro per "ragioni di sicurezza" o per l'incapacità a dimostrare la proprietà dell'appezzamento. Le famiglie titolari delle terre sono costrette a chiedere all'Amministrazione Civile israeliana l'accesso alle proprie terre, attraverso speciali barriere. Secondo l'OCHA, 44 barriere su 66 sono aperte soltanto durante la stagione della raccolta e solo per poche ore, impedendo così ai contadini palestinesi di prendersi cura con costanza della terra e di incrementarne la produttività. Inoltre, circa il 40% delle richieste di accesso alle proprie terre vengono rigettate dalle autorità israeliane. Alla politica dei permessi si aggiunge la violenza dei coloni: tra gennaio e settembre di quest'anno, secondo l'OCHA, sono stati oltre 7500 gli ulivi sradicati, dati alle fiamme o danneggiati dai coloni israeliani in Cisgiordania. Ne sono seguite 97 denunce da parte dei proprietari palestinesi: nessuna delle denounce alle autoritá israeliane ha condotto all'incriminazione dei responsabili. Ed infine, Gaza: nella Striscia oltre 7300 dunam di terre, coltivate ad uliveti e situate lungo il confine con lo Stato di Israele (un'area larga 1.5 km), sono state livellate e distrutte dai bulldozer israeliani negli ultimi anni. I militari sono soliti aprire il fuoco contro chiunque si avvicini alla zona cuscinetto. Secondo la Convenzione di Ginevra, Israele in qualità di potere occupante deve garantire la protezione della popolazione civile sotto occupazione e le sue proprietà, difendoli da qualsiasi atto di violenza. Inoltre le autorità israeliane devono garantire alla popolazione palestinese diritti basilari, tra cui la libertà di movimento e il diritto al lavoro.
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