Alternative Information Center Territori: Unita’ dei Movimenti Popolari Hebron, 08 maggio 2011, Nena News (nella foto l’attivista israeliano Mikado) “La resistenza palestinese ha trovato un nuovo strumento di lotta: l’unione tra i movimenti sociali palestinesi e israeliani. A dimostrazione che il rapporto tra Israele e Palestina non si ferma al conflitto militare e alla normalizzazione dell’occupazione. Esiste un terzo rapporto, quello tra i movimenti popolari impegnati nella liberazione del popolo palestinese”. Le parole commosse di Mikado (l’intellettuale e attivista Michel Warschawski) aprono le menti degli oltre 200 partecipanti alla prima conferenza congiunta israelo-palestinese. Hebron, la città occupata, fa da storico palcoscenico al meeting organizzato sabato dall’Alternative Information Center e da Tarabut, “A Joint Struggle for an End to the Occupation and Racism”. Tra il pubblico, israeliani mai venuti ad Hebron e militanti palestinesi, giovani internazionali e leader storici. L’illogicità dell’apartheid che da anni attanaglia Hebron è il filo conduttore di una conferenza che affronta gli ostacoli che la resistenza palestinese si trova di fronte da decenni: il tentativo di normalizzazione del conflitto e la debolezza della leadership palestinese. “La normalizzazione è il vero nemico spiega Nassar Ibrahim, direttore dell’AIC . Ma come si può pensare di normalizzare un conflitto tra un popolo assoggettato ad un’occupazione militare ed uno Stato ‘anormale’? La normalizzazione è la via di fuga di quei palestinesi che credono che Israele sia ormai invincibile e che il negoziato sia destinato a trasformarsi in una resa. I movimenti sociali israeliani e palestinesi hanno il dovere politico e morale di vincere una simile trappola”. A frenare la resistenza palestinese, come spiegano gli oratori durante le quattro sessioni della conferenza, è la debolezza atavica della leadership palestinese, incapace di fare proprie le richieste politiche della base e disperatamente bisognosa di mantenere rapporti di dipendenza con l’occupante israeliano. Le critiche più dure vengono mosse all’Autorità Palestinese e alla sua incapacità di raccogliere le istanze dei Comitati Popolari e i movimenti nonviolenti, i gruppi delle donne e quelli dei prigionieri politici. In un simile quadro, strumento principe per il cambiamento degli equilibri è l’impegno della società civile israeliana, dei partiti politici e dei gruppi della sinistra antisionista. “Se i movimenti palestinesi devono impegnarsi nell’unificare la lotta nella West Bank, in Israele il nostro dovere è scardinare la propaganda di Stato”. Il professor Gadi Algazi di Tarabut alza la voce e indica con chiarezza nella lotta al colonialismo l’obiettivo dell’impegno da parte israeliana: “Il cuore del conflitto è l’espansione esponenziale delle colonie. Lo vediamo bene nelle South Hebron Hills, dove il governo israeliano attraverso piani archeologici come a Susiya e la creazione di zone militari improvvisate sta spingendo i confini della Linea Verde verso Nord. Il primo passo deve essere il cambiamento della mentalità della società israeliana tramite azioni comuni e controinformazione, tramite la modifica delle radici profonde dello Stato d’Israele, che sono religiose e razziste”. “L’obiettivo finale è una strategia comune gli fa eco un altro membro di Tarabut, Johayna Saifi . Dobbiamo assumerci questa responsabilità nei confronti delle generazioni più giovani, la responsabilità di costruire relazioni che superino il concetto di normalizzazione e che abbiano come obiettivo finale una pace giusta”. Il meeting si chiude tra gli applausi e con una dichiarazione finale che impegna i movimenti israeliani e palestinesi presenti alla lotta all’ideologia sionista, alla dittatura e alla colonizzazione. Con l’obiettivo di dare vita ad uno Stato indipendente e giusto: “Alla vigilia del 63° anniversario della Nakba, chiediamo l’appoggio della sinistra israeliana nella nostra lotta per la liberazione, contro la cultura imperante dell’occupazione”.
|