Alternative Information Center Ghassan Daghlas: i coloni il vero braccio armato di Israele Ghassan Daghlas si occupa del monitoraggio degli insediamenti israeliani nella zona settentrionale della Cisgiordania. All’Alternative Information Center descrive lo stato attuale degli insediamenti, la giudaizzazione di Gerusalemme e gli obiettivi del progetto di colonizzazione delle autorità di Tel Aviv In cosa consiste il suo lavoro? Sono il responsabile di tutti i file riguardanti gli insediamenti nel Nord della Cisgiordania: opero nei distretti di Nablus, Salfit, Qalqylia, Tulkarem e Jenin. Mi occupo di registrare e monitorare qualunque fatto collegato agli insediamenti dall’inizio dell’occupazione. Il mio ufficio assiste i cittadini palestinesi che hanno subito minacce o violenze dai coloni: ci rechiamo sul posto dov’è avvenuto il fatto, fotografiamo, raccogliamo dati e sporgiamo reclami contro Israele. In poche parole, cerchiamo di soccorrere i cittadini come meglio possiamo. Ci fornisca qualche cifra sullo stato degli insediamenti in Cisgiordania. In tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, ci sono 189 insediamenti e 245 avamposti, mentre gli abitanti degli insediamenti sono complessivamente 557.000, dei quali 220.000 a Gerusalemme. Israele ha sfruttato la pace ottenuta dopo gli Accordi di Oslo nel 1993 per giudaizzare la Cisgiordania: sono stati ampliati gli insediamenti e costruiti gli avamposti, molti dei quali ritenuti illegali dallo stesso Stato d’Israele e il numero degli abitanti degli insediamenti è aumentato considerevolmente. Qual è la zona nella quale si registrano più problemi? L’area di Nablus è decisamente quella più problematica, in particolare nei villaggi di Borin e Izar. Riceviamo continuamente persone che ci segnalano e ci raccontano i loro problemi. Come si comportano i coloni e come si organizzano? Gli atti di violenza da parte dei coloni sono molteplici: sradicano gli ulivi, uccidono il bestiame, danno fuoco alle auto e alle case e fanno incursioni nelle abitazioni, minacciando gli abitanti palestinesi. I coloni non ricevono ordini da parte dello Stato, agiscono indipendentemente, come e quando vogliono, e possiedono armi per difendersi ed uccidere. Ma la cosa più preoccupante è che stanno diventando sempre più compatti: sono un movimento, hanno mezzi per tenersi in contatto, come blog e reti su Internet, ed hanno anche quotidiani. La violenza dei coloni è aumentata particolarmente dallo scorso settembre, in occasione della richiesta di adesione dello Stato di Palestina alle Nazioni Unite. Quali sono i mezzi da voi utilizzati per fronteggiare tali emergenze? Cerchiamo di essere presenti subito, di fare del pronto intervento, ma abbiamo ben poco a disposizione. Per esempio, quando un cittadino ci segnala che dei coloni hanno invaso la sua proprietà, ci mettiamo subito in contatto con le autorità israeliane e facciamo causa al colono o ai coloni in questione. La risposta però arriva in genere dopo un mese e la richiesta di causa non viene neanche presa in considerazione. Si giustificano dicendo che se un colono si trova su terreni palestinesi non commette alcun reato e che quindi non si è prevista l’apertura di un’inchiesta. Non abbiamo alcuna legge dalla nostra parte, nessuna possibilità di far sentire la nostra voce, mentre i coloni hanno dalla loro parte l’intero sistema giudiziario israeliano. Come si presenta la situazione attuale per quanto riguarda Gerusalemme? La giudaizzazione di Gerusalemme è sempre più evidente, gli arabi sono sempre più discriminati, le loro abitazioni sono contate e tenute sotto controllo, vengono applicate sovratasse, non hanno permessi di costruzione, vengono cacciati dalle loro abitazioni e si vedono ritirare le proprie carte d’identità. E naturalmente il governo israeliano tende ad annettere gli insediamenti alla città. A tal proposito, cosa ne pensa del progetto di costruzione E1 per la “Greater Jerusalem”? Questo progetto prevede la costruzione di 3.500 abitazioni, un parco nazionale, vari edifici destinati ad esercizi commerciali ed un hotel nell’area di Mevasseret Adumin, accanto all’insediamento di Ma’ale Adumin. Il progetto collegherà di fatto l’insediamento con la città, tagliando qualsiasi contatto tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania. Il progetto fa semplicemente parte dell’evidente piano di Israele di giudaizzazione della capitale, di separarla dalla Cisgiordania e di incrementare il numero dei cittadini israeliani. Il progetto andrà avanti, così come tutti gli altri vari piani d’espansione degli insediamenti. Israele ha tutte le possibilità per farlo e non si fermerà.
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