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Crisi alimentare: nel 2011
si è scatenata la "tempesta perfetta" Oggi sulla Terra vivono poco meno di 7 miliardi di persone. Una su sette però ha un’esistenza segnata dalla fame cronica, ovvero non mangia a sufficienza per poter avere una vita attiva. I bambini e le donne sono i più colpiti da questa condizione. Secondo le stime della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e agricoltura, nel 2010 le persone denutrite nel mondo erano per la precisione 925 milioni. Meno del 2009, ma più del 2008 quando ebbe inizio la crisi economica che ha sconvolto il mondo. La percentuale di denutriti oggi nei paesi poveri raggiunge il 16%: l’obiettivo che i leader mondiali si erano dati al Millennium Summit di New York nel 2000 (portare la percentuale di persone denutrite nei paesi in via di sviluppo dal 20% del 1990 al 10% nel 2015) è ancora lontano. Siamo nel pieno di una crisi alimentare. Anzi, siamo nel mezzo di quella che al World Food Program, l’agenzia delle Nazioni Unite che porta il cibo a chi non è in grado di procurarselo da solo, hanno battezzato “la tempesta perfetta del 2011”. E’ causata, dicono, dall’intersecarsi di tre forze: l’aumento del prezzi dei beni alimentari, le emergenze climatiche e l’instabilità politica. E hanno previsto che ci costerà cara. Primo perché aumenteranno le persone che hanno bisogno di assistenza alimentare. Secondo perché questa assistenza costerà di più: un aumento del 10% del costo dei beni alimentari fa spendere al WFP 200 milioni di dollari in più l’anno per acquistare la stessa quantità di beni alimentari. I prezzi dei beni alimentari sono cresciuti molto lentamente dal 2000 fino al 2008 quando sono schizzati a valori altissimi a causa della crisi economica mondiale. Nel corso del 2009 e fino all’estate del 2010 si sono abbassati nuovamente. Poi qualcosa è cambiato. Tutto è cominciato con alcuni eventi climatici avversi: la siccità e gli incendi che hanno devastato la Russia, le alluvioni in Australia seguiti da una politica di divieto di esportazione dei paesi produttori. Tutto ciò ha portato all’incremento del costo del grano. Il costo del mais giallo è aumentato invece a causa dei raccolti inferiori alle aspettative per le condizioni climatiche non favorevoli, ma anche per un maggiore utilizzo del mais per la produzione di biocarburanti. L’aumento del prezzo del petrolio ha fatto la sua parte: i fertilizzanti e il trasporto dipendono infatti dall’oro nero. Inoltre, gli eventi politici in Medio Oriente e in Nord Africa e le conseguenze dello tsunami in Giapone hanno contribuito all’incertezza e alla volatilità dei prezzi. Secondo la Banca Mondiale, l’aumento dei prezzi del cibo ha spinto altre 44 milioni di persone nel mondo alla fame nell’ultimo anno. E il trend non è finito: l’indice dell’aumento dei prezzi a giugno è salito a 234 punti, 1% in più rispetto al mese precedente e ben 34% in più rispetto a giugno del 2010. La buona notizia è che rispetto al 2008 i rifornimenti delle maggiori derrate alimentari sono più abbondanti. La cattiva notizia è che, secondo il rapporto congiunto Ocse-Fao (Agricultural Outlook 2011-2020), nel prossimo decennio i prezzi reali dei cereali potrebbero stabilizzarsi in media a un 20% più alto e quelli della carne potrebbero aumentare anche del 30% rispetto al decennio precedente. Un problema per i paesi poveri che vivono di importazione di prodotti alimentari e, in particolare, per quelle famiglie che spendono la maggior parte delle proprie entrate per sfamarsi.
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