http://www.repubblica.it/ Somalia, il tanto denaro annunciato
mentre la gente muore di fame e violenze
Roma - Prosegue la "litania" degli annunci di risorse finanziarie destinate alla Somalia. L'ultima è di ieri, quando ad Ankara si sono riuniti i rappresentanti di 57 stati islamici, ospiti del presidente turco Erdogan, oggi in visita a Mogadiscio. Al termine dell'incontro è stato deciso di stanziare 350 milioni di dollari per affrontare la crisi alimentare. Contemporaneamente, sir Andrew Mitchell, ministro per lo sviluppo internazionale del governo britannico (primo tra i ministri europei) è arrivato a Mogadiscio e, dopo aver visitato gli accampamenti dei rifugiati, ha annunciato l'impegno di stanziare 25 milioni di sterline (circa 41,5 milioni di dollari) in favore della Somalia.
Ma dove va tutto quel denaro?. Visto però che gli effetti dell'impiego di tutto questo denaro - annunciato e non si sa poi se mai arrivato - non si riescono a vedere e che gli sforzi maggiori sembrano invece essere concentrati nell'aumento di armamenti alle truppe Amison (il contingente dell'Unione Africana, in Somalia col ruolo di peacekeeping e per contrastare gli uomini di Al Shabaab) visto tutto ciò, la domanda che molti osservatori di pongono è: in mano a chi andranno tutti quei soldi? E la risposta, purtroppo, al momento è: non si può far altro che sperare nella migliore delle tante ipotesi che è possibile immaginare.
Intanto si rubano il cibo degli aiuti. Come se non bastassero la guerra, la carestia e i sospetti che l'instabilità politica della Somalia faccia comodo a troppi ambienti internazionali, mentre continuano ad essere stremati dalla fame oltre tre milioni di somali, a Mogadisho è fiorito anche un mercato parallelo degli aiuti umanitari che arricchisce gli speculatori. I sacchi di cibo, sottratti con la complicità di funzionari corrotti, sono poi rivenduti a caro prezzo. "Non ho ricevuto aiuti alimentari dall'Onu da quando siamo arrivati - sostiene una rifugiata - anche quel poco che ci offre la gente ci viene rubato dalle milizie. Aiutateci". La crisi e i suoi vantaggi. A confermare i sospetti che l'attuale crisi Somala rappresenti l'occasione per cementificare la sua precarietà politico-istituzionale, generatrice di manovre straniere e capaci di favorire affari oscuri, c'è il rapporto di Human Rights Watch. Nessuno - dice in sostanza - nemmeno i militari che partecipano alla missione dell'Unione africana è esente da responsabilità. Anche loro hanno sparato in aree densamente popolate, mettendo a repentaglio la vita dei civili, non diversamente da come hanno fatto le milizie islamiche Al-Shabaab e i soldati del governo federale transitorio. Si decapita per la strada. Lo conferma il fatto che stamane agli abitanti di Deyniile (un quartiere di Mogadiscio) si è presentata una scena macabra: tre ragazzi erano stati decapitati nella notte scorsa, mentre il corpo di un militare, anche lui senza testa, è stato gettato in uno spiazzo a ridosso del luogo dove si svolge il mercato del bestiame. Nella capitale somala, l'orrore della violenza si mescola a quello dell'estrema povertà e della carestia che sta decimando un popolo. Nessuno sa, e forse non si saprà mai, chi è stato a compiere gesti simili. "Human Rights Watch fa appello a tutte le parti in causa affinché mettano fine agli abusi contro i civili, consegnino alla giustizia i responsabili, garantiscano l'accesso agli aiuti e la libertà di movimento a chi è in fuga dal conflitto e dalla siccità". Parole al vento. Il ministro (provvisorio) chiede aiuto. Ma agli annunci continui di invio di risorse e denaro, si aggiungono gli appelli di aiuto, che oggi sono arrivati direttamente da uno dei ministri del governo provvisorio somalo, quello dell'agricoltura, Abdullahi Agi Hassam Mohamed Nuur. "Occorre subito salvare vite umane - ha detto - inviando cibo, acqua, medicine, bisogni primari". Un grido d'allarme lanciato a margine dell'ennesimo vertice, a Roma, organizzato dalla Fao per fare un punto sulla crisi alimentare nel Corno d'Africa. Dallo scorso 25 luglio, quando ci fu l'ultima riunione alla Fao sull'argomento, "la situazione si è deteriorata - ha detto il ministro - centomila persone sono fuggite a Mogadiscio per cercare acqua e cibo mentre 1,4 milioni di bambini e anziani necessitano di assistenza immediata" E ora anche il colera. Aumentano vertiginosamente anche i casi di colera a Mogadiscio, tanto che le associazioni umanitarie temono la diffusione di un'epidemia. Ad essere colpiti sono, per ora, soprattutto donne e bambini. In vista di questa ulteriore emergenza Oxfam 2 ha dato il via a un programma di prevenzione anti-colera per 20 mila persone nei 3 campi profughi attorno a Mogadiscio mediante distribuzione di sali di reidratazione, sapone e una campagna d'informazione per ridurre i rischi di contrazione della malattia. Inoltre oggi arriverà nella capitale somala un cargo contente 47 tonnellate di aiuti d'emergenza. A bordo dell'aereo partito da Nairobi, l'Oxfam assicura che, oltre ad acqua potabile, il cargo trasporterà tubature per costruire centri di raccolta idrica nella capitale somala, sapone e 12 mila recipienti utili per fare scorte di acqua. Si calcola che del totale degli aiuti potranno beneficiare 120 mila persone. Il grande party a Villa Somalia. Contemporaneamente a tutto ciò, oltre le mura che delimitano il giardino di Villa Somalia, residenza del presidente provvisorio Sharif Ahmed, a Mogadiscio, si festeggia e si brinda con oltre 200 invitati. A poche decine di metri, centinaia di migliaia di persone, inzeppate nei campi profughi, aspettano la morte, sfiniti dalla fame, dalla sete e da ogni sorta di malanni. Lo si è appreso da un'intervista rilasciata alla Bbc dal professore somalo Abdi Ysmail Samantar, docente di Geografia all'università del Minnesota, interpellato sulla situazione nel suo Paese. E possibile capire cosa sta succedendo in Somalia anche da documenti di questo genere. Il dramma dei profughi. Che va oltre i confini somali. Il governo keniano ha chiesto all'Onu di fermare il flusso migratorio che preme ai confini meridionali e sud occidentali della Somalia. Il tasso di mortalità nel campo per rifugiati di Dadaab, in Kenia, ha raggiunto livelli allarmanti, dice un altro rapporto Onu. In quel luogo tentano di sopravvivere 400 mila persone, un numero quattro volte superiore alla capienza prevista. Ma quello verso il campo di Dadaab è un viaggio pericoloso in cui banditi e polizia agiscono talvolta allo stesso modo. Il ministro dell'Agricoltura kenyota Sally Kosgei - nel corso del vertice Fao di oggi a Roma - intervenendo alla riunione, ha ricordato che nel suo Paese "le famiglie stanno perdendo la loro battaglia e la situazione è aggravata dall'arrivo dei rifugiati. Il 60% delle terre sono aride o semi-aride".
|