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25 maggio 2011

Il Giappone si scopre fragile e reagisce
misure drastiche contro nuove Fukushima
di Daniele Mastrogiacomo

FUKUSHIMA - La centrale Daiichi di Fukushima sarà smantellata. Ci vorranno dieci anni ma alla fine non esisterà più. Al suo posto, su una landa deserta di tre chilometri, resterà solo un  tratto di costa arido, senza anima viva e vegetazione, con un tasso di inquinamento che solo la natura saprà smaltire nei secoli grazie alle sue magiche e infinite risorse.

Nemmeno i sofisticati robot forniti dagli Usa sono riusciti a capire l'entità dei danni provocati nel più grave incidente nucleare che il Giappone abbia mai vissuto. Per tentare di scoprire cosa sia avvenuto l'11 marzo del 2011, quando un terremoto di 9 gradi ha scosso l'arcipelago del Sol Levante e sollevato in mezzo al Pacifico uno tsunami di 12 metri, i tecnici della Tepco si sono affidati ad una simulazione. Non hanno potuto fare altro: entrare tra quei rottami è impossibile. Le loro analisi, confuse, spesso contraddittorie, continuamente modificate e aggiornate sulla base di stime, confronti e parametri immessi in un megacomputer, hanno stabilito una prima verità: tre dei quattro reattori che fanno parte di Daiichi sono da buttare via. Nel numero 1 ci sarebbe stata la fusione del nocciolo, il cuore del processo di fissione. L'altissima temperatura, quasi 250 gradi, dovuta all'interruzione del circuito di raffreddamento per 27 ore, avrebbe fatto sciogliere le barre del combustibile che  sono scivolate, come un magma incandescente, in fondo alla copertura interna, quella che avvolge l'anima del reattore. E poche ore fa la Tepco ha ammesso che una analoga fusione, ma di più lieve entità, potrebbe essersi verificata anche nei reattori 2 e 3.

Si tratta di stime. Il condizionale è d'obbligo. La materia è complessa, ogni parola va ponderata. C'è in ballo il futuro di un'economia che basa la sua produzione industriale sul 30 per cento dell'energia atomica. Un errore di valutazione, una frase detta alla rinfusa rischia di creare scompiglio, panico, allarme; ma soprattutto di condizionare vita e morte di colossi finanziari che danno lavoro a milioni di persone. Non solo in Giappone.

Stanco di tante incertezze e sorprese successive, il governo di Naoto Kan ha autorizzato la creazione di una Commissione d'indagine indipendente che analizzerà tutta la documentazione raccolta in questi due mesi e mezzo e formulerà le sue valutazioni. E' guidata da un personaggio famoso qui in Giappone: Yotaro Hatamura, professore emerito dell'università di Tokyo, veterano della ricerca sugli errori umani. Ma c'è un altro team internazionale che svolgerà indagini autonome. E' composto da 18 esperti di diversi paesi, tra cui sei tecnici dell'Aiea, l'Agenzia per l'atomica di Vienna. Guidata dal britannico Mike Weightman, la delegazione è giunta a Tokyo ieri sera e resterà in Giappone fino al 2 giugno. Il governo ha assicurato che potrà avere accesso a tutto il materiale di analisi prodotto finora. Prima di ripartire consegnerà le sue conclusioni alle autorità nipponiche e preparerà un corposo dossier per la conferenza straordinaria ministeriale prevista a Vienna dal 20 al 24 di giugno. Sarà il primo documento ufficiale che illustrerà cosa è accaduto a Fukushima Daiichi.

Gli 800 tecnici impegnati attorno e dentro la Centrale, con turni di dieci minuti ogni due ore, si limitano per il momento a controllare la temperatura interna del reattore che oscilla tra i 100 e i 150 gradi. Due dei quattro edifici che coprivano l'impianto sono stati scoperchiati dalle eplosioni delle nubi di vapore, cariche di idrogeno, entrate in contatto con l'ossigeno dell'atmosfera. La struttura interna, quella che ospita il reattore, è quindi visibile all'aria aperta. Ma è impossibile ispezionarla. Non tanto per il livello delle radiazioni che sono comunque in costante diminuzione e attestate attorno ai 15 microsiert ( a Tokyo si registra uno 0,07) ma perché nessuno si azzarda ad aprire un sarcofago in acciaio pieno di veleni. Nemmmeno le sofisticate telecamere portate a Fukushima sono riuscite a spiare dentro questo vaso di Pandora dell'era nucleare che ha consentito ai giapponesi di emergere dalle polveri di Hiroshima e Nagasaki per toccare il cielo della fama e della potenza e che ora suscita solo paura e orrore. Dopo continue riunioni, il governo di Naoto Kan ha pianificato una sorta di raod-map per la messa in sicurezza della centrale, confermata il 17 maggio scorso: entro metà febbraio 2012 la temperatura dei tre reattori compromessi dovrà essere stabilizzata sui valori normali, circa 30 gradi, e inizierà lo smantellamento dei singoli pezzi. Sarà un'operazione lunga e complessa. Ogni detrito dovrà essere smontato, trasferito, stoccato e poi lasciato decontaminare fino al suo smaltimento definitivo.

Anche il reattore 4  ha subito una serie di esplosioni e di incendi. Ma era spento quando c'è stato il terremoto e poi l'onda di tsunami. La sua struttura esterna è pericolante. Di fronte ad una nuova scossa potrebbe crollare e trascinare a terra la vasca di stoccaggio del combustibile esaurito di tutto l'impianto: qualcosa come 1535 barre piene di isotopi radioattivi. L'edificio sarà fissato a dei tiranti in acciaio e protetto da quattro muri in cemento armato e poi smontato. Decine di barriere, alte almeno 15 metri, saranno erette attorno a tutti i 52 reattori presenti nel paese: serviranno a proteggerli dalla minaccia degli tsunami. I controlli agli impianti verranno effettuati ogni due mesi e non sei come avveniva finora per evitare soste improduttive.

La paura che attanaglia i giapponesi assieme al senso di vergogna per la pessima gestione della crisi di Fukushima, spinge governo, gestori e agenzia sul nucleare a provvedimenti drastici, a volte perfino eccessivi. Ma la prudenza, ormai, è una costante. L'esperienza ha insegnato che è meglio prevenire che subire. Nuovi studi hanno fatto scoprire, grazie alla tecnologia sempre più raffinata, che la centrale di Hamaoka, nella zona di Tokai, è costruita su una faglia tettonica sensibile. Analisi comparative prevedono forti possibilità, fino all'87 per cento, di un terremoto di 8 gradi entro i prossimi 30 anni. Troppo rischioso: l'impianto è stato chiuso nel giro di due giorni. Non si sa per quanto tempo resterà interdetta la zona di sicurezza di 20 chilometri attorno a Fukushima. Si parla di decenni. Chi è stato sfollato dovrà rinunciare per sempre alle case, ai terreni, alle attività abbandonate in fretta e furia.  La Irsn, l'agenzia francese per la ricerca nucleare suggerisce di far evacuare altre 70 mila persone, tra cui 9500 bambini di età tra 0 e 14 anni, da un territorio oltre i 20 chilometri di sicurezza in direzione nord-ovest dalla Centrale. Alcuni dati in suo possesso avrebbero denunciato la presenza di tassi di radioattività pericolosi per la salute. Ma si tratta di un suggerimento. Non c'è alcuna decisione, anche perché sarebbe davvero tardiva.

Il Giappone fatica a riprendersi da uno shock che lo porta a riflettere non solo sulle scelte energetiche ma sugli stessi valori che hanno fondato il suo modo di vivere, di crescere, di proiettarsi verso un futuro perfetto, ordinato, tecnologico ma in fondo fragile e insicuro. Il premier Kan rinuncia al progetto di estendere il nucleare al 55 per cento dell'approvigionamento; punta di nuovo sulle fonti rinnovabili che saranno raddoppiate. Questo singifica nuovi investimenti, montagne di soldi da tirare fuori, tasse, aumenti dei prezzi. Con il rischio di tornare ad essere dipendenti da altri paesi, come Cina e Russia già pronte ad offrire il loro gas e il loro petrolio. Non resta che il risparmio: 120 milioni di sudditi dell'Imperatore si apprestano alla più grande rivoluzione di usanze e costumi. Lo vediamo già nelle strade, negli uffici, nelle case dove la gente si adatta come può. Meno luce, meno cartelloni pubblicitari sfavillanti, meno aria condizionata, meno consumi. Magari più poveri, ma più sicuri.

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