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Iran, cacciato "lo squalo" Rafsanjani
Ahmadinejad ora è senza avversari L'ex presidente Rafsanjani, l'ultimo suo più pericoloso antagonista, esce di scena e Ahmadinejad appare sempre più sicuro di sé da quando fu riportato alla presidenza da una sfrontata truffa elettorale nel 2009. Il governo ha sferrato ieri un nuovo attacco frontale all'opposizione con un massiccio dispiegamento di forze nella capitale e attacchi con gas lacrimogeni contro gruppi inermi di manifestanti. E con la perfidia che lo distingue ha obbligato i siti dell'opposizione a smentire che i leader del movimento, Moussavi e Karrubi, dei quali non si hanno notizie dal 14 febbraio, fossero stati prelevati da casa loro e trasferiti in una località segreta. Probabilmente ora sono stati riportati a casa, anche se continuano ad essere irrangiungibili. In queste settimane la magistratura aveva sempre contraddetto le affermazioni dei figli, riportate dai siti. "Forse gli piace stare in casa con le luci spente" aveva ironizzato il procuratore generale Dolatabadi. L'ex presidente Rafsanjani occupava ancora una posizione chiave nell'intricata mappa del potere iraniano: la presidenza - conquistata nel 2007 con l'impegno di mettere la politica su binari meno radicali di quelli annunciati da Ahmadinejad - di quel Consiglio degli Esperti, 86 mujtahed o giurisperiti, che hanno il compito di controllare l'operato del leader supremo, nominare un suo successore in caso di morte e, in casi estremi, perfino destituirlo. Ieri ha ritirato la candidatura al rinnovo della carica. Un ritiro annunciato, dopo gli attacchi dei basiji alla figlia Faezeh, e le dimissioni del figlio Mohsen Hashemi dalla direzione della Metro di Teheran a cui il governo rifiuta i contributi promessi per i lavori di ampliamento (un terzo figlio, Mehdi, perseguito da un mandato di cattura è esule a Londra). Il Kuseh, lo squalo, come Rafsanjani veniva chiamato, ha perso i denti. Il suo nome non sarà più affiancato - come lo era stato negli ultimi trentadue anni - dall'aggettivo "potente". Al suo posto è stato eletto l'ottantenne ayatollah Mahdavi Khani, appoggiato dal governo. Rettore dell'Università Imam Saddaeq dove si formano i futuri diplomatici, Khani era stato un seguace di Khomeini fin dall'inizio della rivoluzione e primo ministro negli anni 80. Ahmadinejad sembra aver vinto su tutta la linea. Il movimento d'opposizione è impaurito, i suoi esponenti più noti sono in carcere o in esilio, chi scende in piazza sa di andare incontro a carcere, isolamento, tortura. Chi ancora lo fa sono giovani che vogliono farla finita con la Repubblica islamica. obiettivo in cui non si riconosce però una parte della popolazione che aveva votato per Moussavi ma è riluttante ad andare contro un sistema la cui legittimità è legata alla religione, da sempre un pilastro della tradizione iraniana. La lotta tra Rafsanjani e Ahmadinejad era cominciata nel 2005 quando questi, con l'aiuto del leader supremo Khamenei, gli inflisse una umiliante sconfitta alle elezioni. Inutilmente Rafsanjani si era discostato negli ultimi mesi dal movimento verde, condannando la ripresa delle manifestazioni.
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