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Monday, 17 October 2011 09:52

Lo scambio di prigionieri e la realtà alternativa d’Israele
di Michael Warschawski

Il mio cuore è con Aviva e Noam Shalit, così come il mio cuore è con le migliaia di madri e padri palestinesi che stanno per riaccogliere a casa i loro figli e le loro figlie. I prigionieri di guerra dovrebbero ritornare a casa quando un cessate il fuoco è stato raggiunto o  nell’ambito di uno scambio di prigionieri.

Tuttavia, la felicità per il ritorno a casa dei prigionieri di guerra non dovrebbero farci dimenticare l’incompetenza assoluta che caratterizza i risultati di Benjamin Netanyahu e dei suoi amici nel governo: l’accordo che ha permesso questo scambio di prigionieri era già stato raggiunto tempo fa dal negoziatore tedesco, ma Gilad è rimasto recluso per molti anni, non necessari.

Ci è stato detto che i negoziati erano stati portati avanti fino a pochi giorni fa e che Netanyahu aveva bloccato il rilascio dei prigionieri palestinesi “più pericolosi”. Non ha senso. Rappresentanti di Hamas e Israele hanno segnato le proprie red lines tempo fa e il negoziatore tedesco ha negoziato un compromesso tra le opposte fazioni. E alla fine il compromesso è stato accettato diventando così un accordo. La perdita di tempo da parte del governo israeliano è stata una tortura – pura e semplice – per la famiglia Shalit e non ha aggiunto nulla, nonostante l’ufficio del primo ministro abbia dato l’impressione contraria.

Così, ancora una volta, il governo israeliano è stato influenzato dalle considerazioni false e inappropriate dell’onore e dell’orgoglio nazionale. E ancora una volta il governo è stato costretto a digerire il suo orgoglio, come nel caso della Mavi Marmara e del Sinai. Nessuna compassione né onore, nessuna umanità né orgoglio.

Non esistono conflitti militari senza prigionieri e non ci sono detenuti senza scambi di prigionieri. Anche il team di Netanyahu e Lieberman non può modificare questo fatto. Tuttavia, si tratta di persone allucinate e senza scrupoli che non hanno esitato a lasciare il soldato Gilad Shalit in prigione per un tempo non necessario. Dietro la crudeltà che caratterizza gli attuali leader dello Stato di Israele, la loro distanza dalla realtà è preoccupante: come le scuse all’Egitto erano inevitabili e come il pagamento del risarcimento alle famiglie delle vittime della Mavi Marmara era necessaria, anche la liberazione di mille prigionieri palestinesi era indispensabile.

Anche i bambini in Israele lo sapevano già prima di chi suppone di gestire gli affari di Stato, leader che al contrario hanno costruito per se stessi una realtà alternativa di apparente belligeranza e onore. Vedere queste persone visionarie e il prezzo che siamo costretti a pagare per la loro disconnessione con il mondo reale mi richiama in mente l’immagine di Levi Eshkol (il terzo primo ministro d’Israele), una persona di buon senso la cui “natura della diaspora” era derisa da tutti. Questa natura era allora percepita come una debolezza, ma non era altro che la comprensione del mondo in cui viviamo e dei confini impostici dalla realtà. Riconoscere i limiti nell’uso della forza è la base di una politica giusta e i leader israeliani dovrebbero consultare il loro caro amico George W. Bush e imparare dalla sconfitta della politica della forza della superpotenza statunitense.

Tuttavia, come accade sempre, gli israeliani lo sanno meglio degli altri e, invece di imparare dalle esperienze altrui, pensano che a noi non accadrà mai e che quello che non cambia con la forza cambierà con una forza maggiore. Fino a quando finiremo con la testa contro un muro e saremo costretti a fare un passo indietro. Quelli che pagano il prezzo di questa arroganza e pretesa invulnerabilità sono i soldati e le loro famiglie e i normali cittadini che non riescono ad arrivare alla fine del mese, quelli ai quali non viene chiesto nulla e le cui voci restano inascoltate.

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