http://www.megachipdue.info Armi inumane e diritto alla salute nella Striscia di Gaza GAZA CITY - Ha quattordici anni, Mahmoud, e la leucemia. Sdraiato su un letto dell’ospedale Al Shifa a Gaza City, attende. La sua malattia, il cancro al sangue, non può essere curata all’interno della Striscia. L’embargo israeliano che stringe Gaza in una morsa non permette l’ingresso di apparecchiature mediche specialistiche. L’ingresso dei farmaci è consentito con il contagocce. Pertanto, chi soffra di patologie gravi, quali il cancro, malattie cardiache o insufficienza renale e debba sottoporsi a dialisi, deve uscire dal territorio palestinese ed essere curato all’estero. Per poter uscire, è necessario chiedere un permesso speciale a Israele. Che spesso lo nega. Come al piccolo Mahmoud. I genitori hanno chiesto il permesso a Israele due mesi e mezzo fa, ma finora gli è stato negato. Per questo il ragazzo attende, da due mesi, su quel letto. Una flebo attaccata alla mano, l’unica cura che l’ospedale palestinese possa offrirgli. I medici del reparto si dicono certi che la malattia che lo ha colpito sia una diretta conseguenza dell’uso massiccio di fosforo bianco da parte dell’esercito israeliano durante l’assedio Piombo Fuso, che tra dicembre del 2008 e gennaio del 2009 causò la morte di 1400 palestinesi e 13 israeliani. L’utilizzo del fosforo bianco sulla popolazione civile, su infrastrutture civili, su aree densamente abitate e addirittura su obiettivi militari situati vicino ad obiettivi civili, è proibito dal Terzo Protocollo[1] alla Convenzione sulle armi convenzionali delle Nazioni Unite[2], anche conosciuta come Convenzione sulle Armi Inumane, la quale disciplina l’utilizzo di armi che può avere effetti indiscriminati sulla popolazione civile. Un Protocollo, quello sulle Armi Inumane, che per una volta ha messo d’accordo praticamente tutto il mondo civile: ben 107 Paesi lo hanno ratificato, dall’Italia[3] all’Argentina, da Cuba agli Stati Uniti, passando per Cina, Emirati Arabi e Russia. Con pochissime eccezioni. Tra queste, Israele, che non ha ratificato il Protocollo.[4] Tuttavia, nonostante la mancata ratifica da parte di Israele, l’utilizzo indiscriminato del fosforo bianco su un’area a densità demografica tanto elevata quale è la Striscia di Gaza, se provato, avrebbe comportato lo sdegno e la condanna morale della comunità internazionale civilizzata. La prima denuncia mediatica in questo senso arriva mentre l’operazione Piombo Fuso è ancora in corso, quando The Sunday Times denuncia all’opinione pubblica internazionale tale pratica aberrante in un articolo destinato a fare il giro del mondo: “Israel rains fire on Gaza with phosphorus shells”. Nell’articolo, si legge, Israele avrebbe negato di aver utilizzato fosforo bianco. Tuttavia, le foto e i video che iniziano ad arrivare dagli operatori umanitari e medici presenti a Gaza[5] [6] [7], non lasciano più spazio ai dubbi, presto del tutto fugati dalle denunce delle maggiori organizzazioni umanitarie: “Fosforo bianco da parte di Israele contro i civili, prove evidenti e incontestabili”, titolò un rapporto di Amnesty International.[8] Stessi risultati denunciati dal Palestinian Centre for Human Rights [9] e dal celebre Rapporto Goldstone, redatto su mandato delle Nazioni Unite.[10] Nel febbraio del 2009, dopo aver ripetutamente negato, Israele ammise di aver fatto uso di Fosforo Bianco.[11] Il fosforo bianco è un veleno molto potente, mortale in dosi di pochi centigrammi.[12] Le proprietà tossiche del fosforo bianco sono utilizzate nelle paste fosforate per la distruzione dei topi.[13] Il fosforo bianco provoca ustioni gravissime ed estremamente dolorose; l’ustione appare come necrosi di colore giallastro ed un odore caratteristico, simile all’aglio marcio; a causa dell’alta solubilità lipidica, il fosforo bianco penetra rapidamente attraverso la pelle bruciando i tessuti sottostanti, spesso fino alle ossa. Il fosforo bianco può essere anche assorbito in modo sistemico, per l’elevato grado di tossicità delle sostanze prodotte dalla combustione o degradazione, portando a sindromi multiple di disfunzioni degli organi a causa dei suoi effetti sugli eritrociti, sui reni, sul fegato e sul cuore.[14] [15] «Mi raccomando», sussurra il fratello, «non dite a Mahmoud che malattia ha: la forza di un adolescente è l’unica cura che ancora lo tiene in vita. Se scopre che quelle scie bianche che osservava cadere dal cielo, armi al fosforo bianco, gli hanno causato il cancro al sangue, è finita.» Così mi limito a domandare al ragazzo: «Che mestiere vuoi fare da grande?» «Il medico, mi risponde Mahmoud, così finalmente mi potrò curare. Da solo.» Lascio la stanza spoglia dell’adolescente e visito il degente in quella accanto. Si chiama Ali, ha 48 anni, il cancro e due figli. Anche lui, secondo i medici, ha contratto il cancro a seguito dell’inalazione di fosforo bianco. Anche lui ha chiesto a Israele il permesso di recarsi in un ospedale israeliano. Dopo lunga attesa, racconta, il permesso è arrivato. Ma era sbagliato: non gli veniva consentito di recarsi in Israele ma solo a Gerusalemme, dove non è presente una struttura in grado di prestargli le necessarie cure mediche. Così, sua moglie ha dovuto iniziare le procedure burocratiche da capo e, dopo mesi, è al punto di partenza. «Ora attendo, mi dice Ali. Attendo che arrivi il permesso giusto, se Dio vuole. Attendo per i miei figli. Ma questa attesa mi sta conducendo dritto alla morte e questi due bambini, presto, diventeranno orfani.» Mi congedo da Ali e mi avvicino alla terza stanza. Un ragazzo mi viene incontro. Piange. Non entri, la prego, si scusa. «Siamo alla fine, sta morendo: il permesso di Israele non è mai arrivato.» Il giorno dopo ho saputo che quel paziente era morto. Prima di lasciare l’ospedale Al Shifa, voglio visitare il reparto oncologico pediatrico. È una bella struttura risalente a qualche anno fa. Ma la porta di ingresso non si apre. Chiedo spiegazioni. Il reparto, mi spiegano i medici, non è mai entrato in funzione perché Israele non ha mai consentito l’ingresso a Gaza delle apparecchiature mediche per la diagnosi e la cura dei tumori. Così, la struttura è rimasta vuota e inutilizzata. «I bambini malati di cancro li ospitiamo, senza poter fornire loro alcuna cura medica, nel reparto per adulti. Vada in oncologia: lì c’è un ragazzino di 14 anni, si chiama Mahmoud e ha la leucemia. Nonostante l’assenza di cure, incredibilmente, è ancora vivo.» Ogni individuo ha diritto alla salute, con particolare riguardo alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di malattia. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 25[16], Diritto alla salute Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, art. 13, 2)[17], Diritto alla libertà di movimento
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