Un ponte per...
 

6 luglio 2011

Libertà per la Freedom Flotilla e Riconoscimento dello Stato di Palestina
di Loretta Mussi
Presidente

Le navi della Freedom Flotilla, che intendevano portare la coscienza del mondo sulle coste di Gaza, sono state sequestrate in Grecia a norma di un articolo del codice di navigazione applicabile in caso di guerra o di emergenza interna. I capitani delle navi sono stati minacciati di arresto e di sequestro della licenza, nonché della nave, per anni. Mentre il capitano della nave americana è stato arrestato, tutti i 35 passeggeri della nave canadese hanno dovuto definirsi “capitani” per difendere il loro. Solo la nave francese è salpata verso Gaza, ma non ha potuto rifornirsi di carburante e i suoi 12 passeggeri, senza telecamere satellitari, non reggerebbero un attacco israeliano.

Un ponte per... chiede alle autorità italiane di manifestare alla Grecia il proprio dissenso, come hanno fatto i governi irlandese e francese (pur non condividendo quest'ultimo gli obiettivi della Freedom Flotilla) per questo attentato alla libertà di circolazione di uomini e merci. Dopo la Gaza Freedom March bloccata due anni fa dall'Egitto, la Flotilla viene oggi sequestrata dalla Grecia. Anche questa volta c'è un'offerta che sembra dettata da Israele: potete consegnare un carico di aiuti umanitari, ma non salpare con una flotta che chiede la liberazione della popolazione di Gaza. E' quindi ufficiale: l'assedio israeliano alla Striscia di Gaza è stato esteso all'intero Mediterraneo, Israele è in grado di obbligare i paesi circostanti a violare il diritto internazionale e bloccare pacifisti disarmati con misure sproporzionate.

Per questa scandalosa realtà, e per la facilità con cui la comunità internazionale la accetta, Un ponte per... chiede a chi è solidale con la popolazione palestinese di intensificare le azioni di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) su Israele. Solo un'azione diffusa, capillare, costante produce un impatto sul Governo israeliano e rende meno convenienti, dal punto di vista economico e politico, l'attuale occupazione e oppressione del popolo palestinese. La campagna BDS attacca infatti queste politiche, non la popolazione israeliana. Siamo un'organizzazione che lotta per il rispetto dei diritti umani, contro ogni forma di Apartheid, e siamo convinti che i diritti rivendicati tramite la campagna BDS (fine dell'occupazione, fine dell'Apartheid degli arabi israeliani, diritto al ritorno per i profughi) siano pienamente ottenibili solo con uno Stato Unico, che garantisca pari diritti ai cittadini di origine palestinese e israeliana.

E' altresì vero che al momento le istituzioni palestinesi che governano Cisgiordania e Gaza chiedono con forza alla comunità internazionale il riconoscimento dello Stato Palestinese, l'esca usata da Israele nel cosiddetto “processo di pace” ma impedito nei fatti dall'espansione delle colonie. E' importante che l'Unione Europea, come hanno già fatto più di 100 paesi, sostenga questa richiesta legittima che Abu Mazen porterà al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e poi all'Assemblea Generale. Non ci facciamo illusioni sulla posizione del governo italiano, grande alleato di Israele, ma chiediamo a tutti i partiti politici che credono nei diritti umani di schierarsi a favore del riconoscimento immediato dello Stato indipendente e sovrano di Palestina sui confini antecedenti il 4 giugno 1967, pur senza rinunciare al diritto al ritorno per i profughi. Ci associamo alla campagna internazionale che intende raccogliere un milione di firme da presentare al Parlamento Europeo, in soli due mesi, e invitiamo tutti a firmare l'appello su questo sito:

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