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Diario da Gaza Questa mattina il convoglio Restiamo Umani ha iniziato il suo viaggio dentro Gaza city. E’ difficile riuscire a concentrare in un solo racconto tutte le esperienze e le storie che abbiamo ascoltato in questa lunga giornata. I gazawi dimostrano in ogni momento un grande desiderio di comunicare, sono un fiume in piena che ha voglia di straripare e di coinvolgere nei racconti l’intero convoglio. Per tutto il giorno sono rimasti con noi i giovani di GYBO (Gaza Youth Breaks Out) e di altre associazioni di giovani palestinesi gazawi, ragazzi dai venti ai trent’anni amici di Vik, universitari ma anche giovani lavoratori che hanno iniziato nuovi percorsi di discussione ed analisi in contrapposizione con le politiche istituzionali. Giovani che non vogliono posizionarsi ne’ a destra ne’ a sinistra, non vogliono essere etichettati come appartenenti di Fatah o di Hamas o di qualsiasi altro partito, semplicemente, dicono, vogliono stare nel mezzo. Vogliono promuovere l’unita’ del popolo palestinese e credono che innanzi tutto sia necessario essere umani. Hanno raccontato come le loro idee sono diventate una spina nel fianco per il governo: uno di loro ha ricevuto intimidazioni telefoniche per cio’ che scrive nel suo blog, un altro e’ stato arrestato per alcuni giorni per aver promosso e partecipato ad una manifestazione. Certo, hanno paura per quello che potrebbe capitar loro, ma non vogliono demordere e non vogliono scappare: Gaza e’ la loro terra, la loro citta’ e le cose devono cambiare. Accompagnandoci lungo le strade della loro città ci hanno raccontato l’operazione israeliana Piombo Fuso, così come loro l’hanno vissuta sulla pelle. Insieme abbiamo visitato tutti i luoghi che durante la guerra sono stati assediati dalle bombe e dai colpi d’arma da fuoco: hanno voluto mostrarci le abitazioni crivellate, gli ospedali attaccati e l’università americana completamente rasa al suolo. Ancora oggi Gaza mostra evidenti le ferite del 2008-2009 in cui furono uccise piu’ di 1300 persone. Lungo il nostro percorso siamo passati anche nei pressi della buffer zone, nel nord della città, dove i contadini cercano costantemente ogni giorno di coltivare i loro campi nonostante i continui attacchi dei cecchini israeliani oltre confine. Li vicino abita la famiglia al Samoni, sterminata durante la guerra: l’esercito si presentò alla porta dell’abitazione e quando il padre aprì venne freddato di fronte a tutti i familiari rinchiusi all’interno. Non fu l’unico a perire sotto il fuoco: in tutto vennero ammazzate 30 persone della stessa famiglia schiacciate dalle bombe. Mentre una donna sopravvissuta a questo massacro raccontava la sua agghiacciante storia, una ragazzina dello stesso quartiere, colpita in testa da un proiettile israeliano, e’ accorsa insieme a decine di altri bambini ad accoglierci, ha intonato la canzone che Vik le aveva insegnato commuovendo tutti con le sue parole che ricordavano Vittorio e i momenti trascorsi insieme.
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