De Volkskrant
Tre eurozone sono meglio di una
Ormai è evidente: i paesi dell'euro hanno ben poco in comune. L'unica soluzione alla crisi sta nel rinunciare all'unità a tutti i costi e dividerli in base alle loro vere esigenze. Al tempo dell'introduzione dell'euro uno dei principali obiettivi era la convergenza delle economie degli stati membri. Se così non fosse stato, un paese in difficoltà sul piano economico sarebbe stato messo da parte dai membri più competitivi. Ed è proprio quello che sta succedendo ad alcuni paesi dell'Europa meridionale, fra cui la Grecia e il Portogallo. In questi paesi la produttività è troppo bassa, il costo della manodopera troppo alto, le esportazioni insufficienti e le importazioni eccessive. Inoltre le finanze pubbliche sono in condizioni pietose, in parte per le ragioni suddette ma anche per lo scarso senso di responsabilità della pubblica amministrazione. Da un anno i politici europei cercano di dare a questi paesi, in particolare alla Grecia, nuovi mezzi per finanziare il loro deficit. Tuttavia si sta facendo strada l'idea che questi trasferimenti dai paesi ricchi della zona euro verso i paesi più deboli, attraverso il Fondo europeo di stabilità, non rappresentino sul lungo termine una soluzione credibile. Un primo intervento necessario sarebbe quello di ridurre i prezzi di questi paesi, rendendoli più attraenti per i membri più solidi come la Germania, l'Austria e i Paesi Bassi. Da questo punto di vista l'euro costituisce però un ostacolo. Se i paesi in difficoltà avessero una loro moneta, una svalutazione produrrebbe immediatamente gli effetti voluti. Con l'euro invece la riduzione dei prezzi è possibile solo se vi è una riduzione generale dei salari. Immaginiamo che i greci accettino una contrazione dei loro salari del 20 per cento. È difficile immaginare come una misura del genere possa essere applicata. Infatti è relativamente facile ridurre lo stipendio dei funzionari pubblici, ma come fare per il settore privato? Un altro inconveniente è rappresentato dai problemi che provocherebbe una riduzione dei salari sul mercato del lavoro, poiché l'offerta di lavoro diventerebbe subito meno interessante. Al contrario, in Grecia il funzionamento del mercato del lavoro deve essere migliorato per affrontare la concorrenza dei paesi del nord. La soluzione va cercata nello smantellamento della zona euro. Al posto di un solo euro dovremmo introdurne tre: il neuro, il meuro e il seuro. Il seuro riguarderebbe paesi come Grecia e Portogallo, mentre il neuro interesserebbe Germania, Austria e Paesi Bassi. Il meuro sarebbe introdotto invece nei paesi che non hanno ancora dimostrato di poter veramente appartenere all'euro, come l'Irlanda, la Francia e la Spagna. L'adesione al seuro sarebbe volontaria e i paesi che lo adottassero sarebbero alleggeriti di una parte del loro debito pubblico. Al contrario, per aderire al neuro si dovrebbero rispettare criteri più severi sulle finanze pubbliche, sul mercato del lavoro e sulla bilancia dei pagamenti. Il golpe di Van Rompuy Lo smantellamento dell'euro rappresenterà la "madre di tutte le crisi finanziarie", come afferma l'economista americano Barry Eichengreen? Secondo questa tesi i titolari di conti correnti, temendo la trasformazione dei loro euro in seuro, si precipiterebbero a ritirare i loro risparmi dalle banche. Questo scatenerebbe un'ondata di panico bancario e il fallimento degli istituto di credito. Una situazione che ovviamente bisogna evitare. A questo scopo il presidente dell'Ue, Herman Van Rompuy, dovrebbe procedere a una riunione segreta del Consiglio europeo nel fine settimana. Nella notte di venerdì la circolazione dei capitali nei paesi della zona euro dovrebbe essere limitata e dovrebbe essere concluso l'accordo sulle tre nuove zone. Il sabato mattina la Bce comincerebbe a stampare i neuro, i meuro e i seuro e la domenica mattina i camion portavalori partirebbero con le nuove banconote verso i distributori di moneta. Ma questo è probabilmente solo un sogno, perché non esiste un presidente dell'Ue. Van Rompuy è solo il portavoce di Merkel e Sarkozy e questi ultimi vogliono a tutti i costi mantenere unita la famiglia dell'euro. Per cui il perenne problema di dover prendere le decisioni relative alla crisi dell'euro all'interno della cornice Ue è destinato a rimanere tale.
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