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Dopo la decisione della Conferenza dei presidenti di giovedì mattina 8 dicembre 2011, mercoledì 14 dicembre a Strasburgo il Presidente del Parlamento Europeo Jrzy Buzek ha dichiarato: "Con l'assegnazione del Premio Sakharov ai cinque attivisti della Primavera araba, il Parlamento europeo riconosce l'impegno di tutti coloro che combattono per la dignità, i diritti e il cambiamento politico nel mondo arabo" Buzek ha poi aggiunto: "Questi storici eventi ci ricordano anche le nostre responsabilità, inclusa la necessità di sostenere la nascente, giovane e vibrante società civile", per poi sottolineare "il ruolo decisivo giocato dalle donne durante la Primavera araba ... Queste persone hanno contribuito ai cambiamenti storici avvenuti nel mondo arabo e questo premio conferma la solidarietà e il forte sostegno del Parlamento alla loro lotta per la libertà, la democrazia e la fine dei regimi autoritari … il premio rappresenta un simbolo per tutte le persone che lavorano per la dignità, la democrazia e i diritti fondamentali nel mondo arabo e oltre". Solo due dei vincitori hanno potuto partecipare personalmente alla cerimonia di consegna: Anna Mahfouz , giovane blogger egiziana, e Ahmed El-Senussi, il prigioniero più "anziano" della Libia. Il Parlamento ha osservato un minuto di silenzio in memoria di Mohamed Bouazizi, il cui gesto estremo di darsi fuoco diede il via alle proteste in Tunisia e al quale il premio è stato attribuito postumo. Nel suo discorso dinanzi all'Aula, Asmaa Mahfouz ha detto: "Questo premio rende omaggio a tutte quelle persone in Egitto che sono state molto più coraggiose di me, sacrificando la propria vita nelle strade. Vorrei dirvi quanto sono fiera per tutti i martiri della rivoluzione araba. Noi non li tradiremo, ne seguiremo le orme". Ahmed El-Senussi ha sottolineato l'importanza della conciliazione e ha detto: "Abbiamo bisogno di ricostruire il paese, mostrando tolleranza verso chi ha commesso crimini e violato la dignità umana". Ha ringraziato poi i vicini europei della Libia, i primi a intervenire in soccorso al paese, per il loro "deciso sostegno militare e diplomatico". Il fumettista siriano Ali Ferzat , esiliato in Kuwait, ha inviato un messaggio video, nel quale ha espresso la sua gratitudine per il premio e dolore e tristezza per il numero vittime nel suo paese, che "aumenta ogni minuto". L'avvocato per i diritti umani siriano Razan Zaitouneh , che in questo momento si sta nascondendo, ha inviato una lettera nella quale dice: "Vorrei ringraziare il Parlamento europeo e chiunque ha simpatizzato con le rivolte delle nostre genti e chi ci ha sostenuto in qualsiasi modo, per un domani senza repressione, carceri e spargimento di sangue. Per tutte le persone coraggiose in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Bahrain e oltre. Per chi ha ottenuto la libertà, e per coloro che stanno ancora lottando per questo".
Mohamed Bouazizi ha dimostrato che quelli che pensano che la storia sia scritta solo dai leader militari o dai politici si sbagliano. Bouazizi era un venditore ambulante di una piccola cittadina dell'entroterra tunisino. Uno dei tanti giovani vittime dall'oppressione e dalla mancanza di prospettive. La sua colpa? Essersi lamentato delle molestie subite da parte dei funzionari. Un gesto che ha portato alla confisca della sua merce nel dicembre 2010 e alle successive violenze subite da parte degli ufficiali. In segno di protesta si è dato tragicamente fuoco di fronte all'ufficio del governatore. I passanti hanno cercato di domare le fiamme, ma inutilmente. Bouazizi é morto per le ustioni riportate il 4 gennaio 2011. Nel tentativo di calmare lo sdegno dell'opinione pubblica, il presidente di vecchia data tunisino Ben Ali ha reso visita a Bouazizi mentre era in coma all'ospedale. Ma la solidarietà e la rabbia ispirata dalla morte successiva di Bouazizi hanno condotto all'estromissione di Ben Ali e del suo regime. Le rivolte sono scoppiate anche in altri paesi del Nord Africa e paesi arabi come in Egitto, Libia e Siria. Quello che oggi chiamiamo la "Primavera araba".
Una giovane donna porta un velo e si rivolge direttamente alla videocamera. Una voce piena di forza che non lascia trasparire nessuna emozione. Quattro minuti e trenta senza trucchi, pause o montaggio. Apparentemente un video amatoriale come tanti altri postato su Youtube, ma che racconta una storia di protesta e oppressione. Questo video di Asmaa Mahfouz come anche i suoi post su Twitter hanno fatto il giro della rete e motivato centinaia di persone a scendere in piazza Tahrir al Cairo lo scorso febbraio.
Ha raccontato ai giornalisti di aver ricevuto minacce di morte dopo che il video ha fatto il giro della rete. Ma questo non l'ha fermata. Ad agosto è stata arrestata per "aver insultato la sentenza del Consiglio Supremo delle Forze Armate", l'istituzione al potere in Egitto dopo la caduta di Hosni Mubarak, per poi essere rilasciata su cauzione dopo le proteste a livello nazionale. Un appello alla libertà Asmaa Mahfouz è il simbolo dell'impegno civile. Una cittadina come tante, è nata nel 1985, ha studiato economia all'università del Cairo e ha lavorato poi per un'azienda di computer. Grazie alla sua presenza on line ha influenzato la società egiziana con l'intento di rovesciare un governo non democratico. Nel 2008 entra a far parte del Movimento giovanile del 6 aprile, un gruppo di giovani attivisti egiziani che hanno cominciato creando una pagina su Facebook, per poi usare blog e post su Twitter per sostenere uno sciopero previsto il 6 aprile 2008 nella città industriale di El-Mahalla el-Kobra. Nel giro di poche settimane la loro pagina Facebook aveva già 70 mila membri. Lo sciopero finì con scontri violenti tra gli operai e la polizia e azioni repressive verso i cyber-attivisti. Il gruppo ha dimostrato che Facebook e i social media hanno fornito uno strumento prezioso di protesta. C'era bisogno di una voce che potesse veramente radunare i cittadini. E il video di Asmaa Mahfouz era quello ci voleva.
Ahmed al-Sanusi è stato il prigioniero politico per più tempo. Ora è uno dei leader del paese. É venuto al Parlamento di Strasburgo per ricevere il premio Sakharov per la libertà di pensiero. E prima della cerimonia abbiamo parlato con lui della sua lotta e del futuro della Libia.
Pensa che ricevere il premio Sakharov potrebbe aiutare la ricostruzione della Libia? Sarà di grande aiuto per me e per il popolo libico perché è la prima volta che un cittadino libico riceve un premio tanto importante. E sostenermi nella mia missione aiuterà tutti i libici. Cosa potrebbero fare l'Unione e il Parlamento europeo per sostenere la transizione in Libia? L'Unione europea può aiutarci molto perché stiamo cercando di ricostruire il nostro paese. Gli stati europei hanno una grande esperienza nei processi di ricostruzione dopo una guerra. Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto che possiamo ricevere, perché stiamo ripartendo da zero. Attualmente come é la situazione in Libia? I libici sono molto felici oggi perché si sono liberati della dittatura. Le persone sono in attesa di un nuovo futuro costruito sulla democrazia e sulla libertà di espressione. Alcune persone pensano che in Libia possa scoppiare una guerra civile, ma non c'é modo che questo accada. La gente farà tutto quello che può per mantenere la libertà appena acquisita. Ci sono state le elezioni in Tunisia e in Egitto. Quando in Libia? Tunisia ed Egitto sono casi diversi perché c'è un vero sistema di potere con forze di sicurezza e un esercito. In Libia tutto questo manca perciò dobbiamo ripartire da zero. Per il momento non possiamo dire quando si svolgeranno le elezioni. Prima dobbiamo costruire uno stato forte, un esercito e forze di polizia. Poi avremo le elezioni. É stato in prigione per più di trent'anni. Ha mai perso la speranza? No, perché prima di tutto sono musulmano e credo che anche se dobbiamo affrontare tempi difficili, dovremmo comunque essere pazienti. Questi trentuno anni sono stati una prova e sono riuscito a sopravvivere. Il secondo motivo è che credo in quello che ho fatto per il mio paese ( l'organizzazione un colpo di stato contro Gheddafi, ndr ) e questo mi ha aiutato a resistere alle difficili condizioni in carcere. E ora i miei sforzi sono stati premiati. Sono molto contento. Può perdonare le persone che le hanno rubato la vita? Non provo odio verso queste persone e perdono perché so che la gente certe volte fa cose di cui non è convinta. C'è qualcuno che mi ha torturato mentre ero in prigione e ora lo incontro a Bengasi, ma non ho mai pensato di fargli del male. Lo lascio alla sua coscienza. Il mio desiderio si è realizzato. Non chiedo vendetta.
Ha denunciato pubblicamente gli assassinii e gli abusi compiuti dalla polizia e dall'esercito siriano. I sui post sono diventati un'importante fonte d'informazione per i media internazionali. Zaitouneh si nasconde ora dalle autorità che la accusano di essere un'agente straniera e hanno arrestato il marito e il fratello minore. Nonostante sia una dei vincitori del premio Sakharov per la libertà di pensiero di quest'anno, il Parlamento europeo ha deciso di non pubblicare nessuna foto di Razan Zaitouneh, che vive ancora in clandestinità a causa della repressione del governo siriano. Avvocato per i diritti umani e giornalista, ha creato il blog "Syrian Human Rights Information Link" (SHRIL) sulle violenze avvenute in Siria rivelando pubblicamente omicidi e violazioni dei diritti umani commessi dall'esercito e della polizia siriana. I suoi post e tweets sono stati una fonte d'informazione importante per i media internazionali. Ora si sta nascondendo dalle autorità che l'accusano di essere un agente straniero e hanno arrestato suo marito e il fratello minore. Tra le sue attività c'è anche la difesa dei diritti dei prigionieri politici in Siria. Razan Zaitouneh stava infatti raccogliendo dei fondi per garantire la loro difesa. Nel suo blog ha denunciato le violazioni sistematiche dei diritti umani da parte delle autorità. Il suo obiettivo è cacciare il presidente Bassar Al Assad e farlo processare davanti al Tribunale penale internazionale. Citazione La cosa più bella della rivoluzione siriana è l'umore del suo popolo. Hanno trasformato le proteste in balli e canti di libertà, nonostante le pallottole, gli arresti e i carri armati. Razan Zaitouneh
Preoccupati per la crescente influenza mediatica, le forze di Assad hanno cercato di farla tacere. Il 12 maggio le forze di sicurezza hanno tentato di arrestarla a casa sua senza successo. Hanno invece arrestato il marito trattenendolo per più di tre mesi in un luogo sconosciuto. Secondo una fonte di Front Line i genitori di Razan Zaitouneh sono dovuti fuggire per evitare l'arresto. L'8 settembre Razan Zaitouneh ha postato il suo ultimo tweet. In un'intervista telefonica pubblicata il 14 novembre si trovava a Damasco. Ha dichiarato che le proteste continuano e che il numero dei morti è salito a oltre 3,500 vittime secondo l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani.
Nel mese di agosto 2011, le forze di sicurezza siriane l'hanno picchiato violentemente, rompendogli entrambe le mani come "avvertimento", e gli hanno confiscato i suoi disegni. La sola arma di Ali Farzat è la penna. Autore di satira politica e presidente dell'Associazione vignettisti arabi, negli ultimi decenni ha disegnato oltre 15mila caricature con un obiettivo preciso: ridicolizzare i dittatori. Una caricatura del dittatore iracheno Saddam Hussein gli è costato nel 1989 una minaccia di morte. Il suo lavoro è stato proibito in Libia e Giordania. "Ho dedicato le mie vignette agli ideali di libertà, democrazia, amore e pace. Contro i mali di oggi: ingiustizia, repressione, dittatura, terrorismo, degrado ambientale e corruzione". Nonostante il pericolo, Farzat non ha mai smesso di criticare l'abuso di potere tanto all'estero quanto nel suo paese di origine, la Siria. Ma quando le rivolte della Primavera araba hanno cominciato a diffondersi in Siria nel marzo 2011, Farzat ha combattuto in prima linea: le caricature che ridicolizzavano il governo di Bashar al-Assad hanno contribuito a incoraggiare le rivolte in Siria. Ma il regime non ha apprezzato il suo senso dell'umorismo. Il 25 agosto, Farzat sarebbe stato trascinato da alcuni uomini nella piazza Umayyad, nel centro di Damasco, dove è stato picchiato selvaggiamente e le sue mani spezzate. Dei passanti lo hanno trovato più tardi lungo la strada per l'aeroporto e lo hanno portato all'ospedale. La sua valigetta e i suoi disegni sono stati presumibilmente confiscati dagli assalitori. In risposta alla notizia dell'esperienza traumatica di Farzat, i membri dell'opposizione siriana hanno espresso indignazione e diversi cyber-attivisti hanno cambiato la foto del loro profilo su Facebook con quella di Farzat ricoverato all'ospedale, come simbolo di solidarietà col vignettista.
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