Megachip Un economista fuori dal coro. Intervista a Bruno Amoroso Volevamo sentirla nel pieno della crisi, questa voce di economista, uno studioso italiano ma soprattutto europeo, e - da europeo - privo di alcun incanto per alcuna sirena globalista. Le riflessioni del professor Bruno Amoroso viaggiano fra la Danimarca, l’Italia e l’Europa intera, quell’Europa che si specchia nella crisi finanziaria globale con la sua moneta soggetta a tensioni insopportabili. Ascoltandolo, leggendolo, scopriamo ancora una volta che solo chi, come lui, pensa fuori dal “pensiero unico”, oggi può fare analisi lucide e perfino proporre soluzioni. Nell’intervista concessa a Rai-News a commento del vertice UE dell’8-9 dicembre lei, prof. Amoroso ha dichiarato che il summit ha visto un ribaltamento dell’agenda concordata. Può entrare nel merito di questa sua affermazione? I vertici dei leader europei sono stati numerosissimi in questi ultimi sei mesi (dei Ventisette, dell’Eurozona, dei ministri delle finanze, della Banca Centrale, ecc.) e ogni volta presentati come l’incontro decisivo, ma sempre conclusisi con rinvii o flop. L’ultimo vertice al quale lei fa riferimento avrebbe dovuto decidere del “destino dell’Europa” per l’urgenza delle misure da prendere che riguardavano: 1. il ruolo della Banca Centrale Europea come garante sia dei titoli degli Stati sia della liquidità del sistema bancario; 2. dell’emissione di Eurobond per dare sostegno alla crescita economica; 3. l’unione fiscale con la rinuncia alla sovranità degli Stati su temi fiscali, ecc. C’era inoltre da tempo l’attesa di reazioni e misure per contrastare la speculazione finanziaria che agisce anche con il bombardamento continuo degli spread, rialzo dei tassi di interesse, ecc. A conclusione del summit si è saputo che si erano occupati di altro. La Banca Centrale si è occupata soprattutto di aiutare le banche, dando inizio a un’azione spericolata di ampliamento del credito a loro favore senza alcuna garanzia sull’uso che ne devono fare e anzi aprendo alla possibilità di rimettere in circolazione titoli “tossici”, ossia seguitando ad alimentare, anzi a finanziare, il circuito della speculazione. L’attenzione principale e le misure prese riguardano tutte l’inasprimento del controllo del bilancio statale dei paesi membri che, associato al rifiuto degli Eurobond, significa chiudere le porte ai paesi dell’Europa del sud che volessero avviare misure, anche se deboli come con gli Eurobond, sulla ripresa dell’attività produttiva. Insomma si blocca il sostegno alla domanda tagliando i bilanci pubblici e alla produzione con costrizioni e indirizzi sbagliati alle banche. Tra l’altro ha segnalato che Germania e Francia hanno abusivamente parlato a nome dell’intero vertice. Può approfondire il senso di questa sua denuncia? L’Unione Europea, della quale la zona Euro è parte integrante, ha proprie istituzioni, discutibili ma rappresentative dei 27 paesi. Alla fine di questi vertici è divenuta consuetudine di recente che a parlare non siano gli organi europei, ma i capi di Stato della Francia e della Germania. C’è da chiedersi in nome di quale principio democratico dell’Unione questo possa avvenire. E anche perché l’Italia, invece di denunciare questo abuso, aspira a far parte della triade che di fatto ha preso le redini dell’insieme. Questo sancisce che è la Germania, insieme alla Francia, a rappresentare oggi l’UE come dicono i critici. Quali ritiene siano le ragioni e come giudica le scelte della Gran Bretagna? La Gran Bretagna, insieme a altri dieci paesi, non partecipa alla zona euro e ha da sempre mantenuto riserve sull’estendere i processi di integrazione ad aree da lei e dagli altri ritenute sensibili alla sovranità nazionale. Assiste inoltre a una Germania che non vuole rivedere alcuno dei propri privilegi acquisiti con l’aver imposto un modello monetario e industriale al resto dell’Europa a lei favorevole, ma che vuole disciplinare i campi occupati dagli altri come nel caso delle politiche fiscali e finanziarie. A questo si aggiunga che il direttorio Germania-Francia, anche in termini di visibilità, non può di certo piacere poiché appare come una esclusione degli altri e in questo caso di un paese non certo minore come la Gran Bretagna. Lo dimostra il caso italiano, dove l’ammissione alla triade è avvenuta solo dopo che questi due paesi hanno imposto all’Italia un nuovo premier di loro gradimento. Una “decisione” che in altri paesi, grandi e piccoli, sarebbe stata rigettata con sdegno. Con riferimento al suo ultimo libro Euro in bilico,ha affermato che se lo dovesse scrivere dopo questo vertice, lo titolerebbe Euro addio. Può precisarci il senso di questo suo amaro commento? Io penso che quanto detto da tutta la stampa internazionale e i principali osservatori, ai quali si fa riferimento solo quando fa comodo, e cioè sulla scadenza dei tempi per contrastare la crisi alla quale il vertice non ha dato risposta, siano da prendere seriamente. Si è creato un nodo di Gordio costituito da due elementi: primo, la finanza aggressiva, cioè dei gruppi ben noti di predatori dell’economia mondiale, che con il controllo dei mercati finanziari possono ricattare le scelte economiche e politiche dei paesi giocando al rialzo e ribasso a loro piacimento e appropriandosi degli utili netti di queste operazioni. Secondo, il surplus tedesco dovuto alla sua esportazione che mette automaticamente in deficit la maggior parte degli altri paesi dell’Unione. Si tratta di due nodi di Gordio che vanno tagliati. Il primo, la finanza, con norme europee di controllo e repressione verso l’usura della finanza esercitata a scapito dei cittadini europei (il tasso di interesse non può superare il 2-4 %); la chiusura o la sospensione delle borse e delle transazioni finanziarie in presenza di inside trade (società di rating e banche d’investimento); e infine ponendo una forte tassazione sui grandi capitali in deposito (80%) per la loro funzione sociale negativa di blocco alla circolazione del denaro e quindi al normale funzionamento delle attività economiche. Il secondo, la Germania, con un patto di solidarietà tra gli Stati dell’UE, che fissati i rapporti di cambio tra le loro valute stabilisca la costituzione di un Fondo di solidarietà alimentato dai contributi di paesi con un eccesso di surplus e un eccesso di deficit, da destinare al sostegno dei sistemi produttivi e dei redditi dei paesi in difficoltà. Senza queste due misure la situazione economica dei paesi dell’Europa del sud, come dimostra la Grecia, è destinata a peggiorare giorno per giorno con l’uscita inevitabile di questi paesi dal sistema dell’Euro. Ma questa non sarà una decisione presa da questi paesi ,ma il risultato logico delle decisioni prese all’ultimo vertice europeo. La crisi ha rivelato quanta parte degli asset delle banche siano “tossici”. Qualcuno dice per analogia che gran parte dell’ortodossia che ha dominato le facoltà di economia negli ultimi decenni sia fatta di “testi tossici”. Dobbiamo puntare su economisti eterodossi? Quali? L’ortodossia della teoria economica che oggi domina i sistemi di ricerca e insegnamento fu avviata dagli anni Ottanta con il neoliberismo. Costituisce oggi la base di quello che si definisce il “pensiero unico” che ha aperto la strada alla trasformazione della politica alla quale assistiamo in questi giorni con il “potere unico”. Esistono ovviamente scuole di pensiero e economisti che resistono a tutto questo, ma non sono visibili e anche se appaiono è per alimentare l’interesse per gli show televisivi, nei quali sono poi i conduttori a riportare le conclusioni al ‘realismo’ e ‘buon senso’ del pensiero unico. Il PD contesta alcuni dettagli inerenti "l'equità" della manovra Monti,ma non la sua inevitabilità. Qual’è la sua opinione? La manovra e il governo Monti non sono né inevitabili né equi. Non è inevitabile perché i problemi di cui si occupa continuare nella demolizione del sistema di welfare iniziata già da almeno due decenni non hanno nulla a che fare con l’urgenza dei problemi posti dalla attuale crisi sociale e economica provocati da una gigantesca truffa dovuta allo strapotere di gruppi finanziari internazionali. Alla speculazione finanziaria che, come ha illustrato Draghi, ha sottratto 5 punti di PIL all’economia italiana, si può reagire con misure di recupero dei risparmi espropriati ai risparmiatori da speculatori e dai dirigenti delle banche,da restituire ai legittimi proprietari. Inoltre, mettendo in opera misure di controllo sul funzionamento delle banche e dei mercati (borse, rating, ecc.) e combattendo forme di usura e di “inside trade” in corso e impuniti. Né l’Italia né l’Europa si occupano di tutto ciò ma cercano invece di amputare le possibilità dei governi di mitigare gli effetti sociali della crisi imponendo misure di controllo sui loro bilanci. Si tratta di misure che, come ogni economista di buonsenso sa, accentuano la restrizione della domanda, aggiungendosi a quella provocata dal furto dei redditi, e spingendo così numerose imprese verso il fallimento. Si finge d’ignorare la lezione di John Maynard Keynes che giustamente asseriva che governi devono favorire l’occupazione e che sarà questa poi a sanare il bilancio pubblico. In questo contesto le misure proposte sono anzitutto dannose all’economia, e sono interpretabili solo dentro il gioco della Germania di non consentire all’economia italiana di rafforzare le proprie potenzialità economiche e di un maggiore inserimento sui mercati. Sono espressione del potere di cambiare l’ordine del giorno (regolare i mercati finanziari e rafforzare in modo virtuoso il funzionamento di quelli di beni e servizi) richiesto dai cittadini con quello rivolto alla difesa del proprio strapotere e dei privilegi dei propri portaborse. La manovra Monti è quindi perfettamente coerente e in linea con un orientamento neoliberista e di rafforzamento dei privilegi esistenti. Una scelta che non ha nulla di inevitabile ma è solo espressione del prevalere di una cultura predatrice. Sull’equità, gli eventuali compromessi che sarà spinto ad accettare sono dovuti al bisogno di mantenere un minimo di parvenza istituzionale e democratica ed evitare un eccesso di reazioni sociali. Parlare quindi di “equità” della “manovra” non ha senso. L’equità non può essere interpretata, come è implicito nella affermazione anche del PD e cioè lasciando immutata la situazione esistente dopo la crisi, chiedendo a tutti di contribuire, ma introdurre invece misure che modifichino la distribuzione esistente neutralizzando i gruppi sociali dannosi al bene comune. La cosa più grave della situazione attuale è che il governo Monti appare “inevitabile” ed “equo” perché non esiste una alternativa né di governo né di politiche e su questo il PD e le altre opposizioni dovranno molto presto dar conto ai cittadini. Esiste a suo avviso un’alternativa per l’Europa mediterranea e per l’Italia in particolare,diversa dalle scelte recessive e d’impoverimento complessivo, riservateci dalla finanza internazionale,dalla BCE e dagli organismi dell’UE? Nel mio libro presento le scelte e le politiche possibili per uscire dalla crisi che sono ricavabili dalle esperienze passate e recenti. Tra queste la tesi più diffusa è quella che si richiama alle esperienze di Bretton Woods, e che prevedono un ritorno di tutti i paesi alla moneta nazionale, una ricontrattazione dei rapporti di cambio tra valute, e infine la costituzione di un Fondo di solidarietà tra paesi per disincentivare crescita e competitività al di fuori dei criteri di sostenibilità sociale e economica. Io elaboro questa proposta al caso dell’UE e alla specificità della situazione attuale che vede, all’interno della zona euro, l’esistenza di due aree contrapposte: quella tedesca e quella sud europea con la Francia. Non propongo lo scioglimento di quest’area ma il costituirsi di due zone euro che porterebbero così l’insieme delle valute dell’UE dalle 11 attuali alle 12. Tra tutte queste 12 valute andrebbe istituito il Patto di solidarietà al quale accennavo prima. In questo modo i paesi dell’Europa mediterranea potrebbero seguire un proprio percorso anche di maggiore integrazione politica e gestire insieme le politiche verso i paesi limitrofi e la regione mediterranea nel suo complesso, cosa che l’Europa non è stata capace di fare, se non con danno reciproco. Note biografiche: Bruno Amoroso è docente di Economia internazionale presso l’Università di Roskilde (Danimarca), coordina programmi di ricerca e cooperazione con i paesi dell’Asia e del Mediterraneo.Presiede il Centro Studi Federico Caffè. Fra le sue opere: Per il bene comune,dallo stato del benessere alla società del benessere (Diabasis, 2009); Euro in bilico.Lo spettro del fallimento e gli inganni della finanza globale (Castelvecchi, 2011);
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