http://www.articolo21.org Verso il 15 ottobre. Parole d'ordine dell' "indignazione"
Noi il debito non lo paghiamo è solo il punto di partenza. Le declinazioni di quel non vogliamo pagare il debito vengono meglio specificate nell'ambito dei molteplici interventi che, 5 minuti a testa, si susseguono per tutto il corso della mattinata a partire da quello sentito e apprezzato di Giorgio Cremaschi, più volte rievocato anche successivamente, il volano e forse l'interprete dell'assemblea nazionale preparatoria della mobilitazione internazionale del 15 ottobre. L'Ambra Jovinelli è una distesa di gente, la platea e anche le balconate superiori sono colme. “Devi salire all'ultimo piano” mi dicono alla porta. Tra un intervento e l'altro una delle moderatrici del dibattito annuncia che i presenti sono un migliaio, mentre 200 coloro che l'assemblea la stanno seguendo attraverso lo streaming offerto da Libera TV. Parlano i movimenti, parla il sindacato militante, partiti e gruppi della cosiddetta sinistra radicale, rappresentanti giovani e meno giovani, uomini e donne, poche per la verità ( come sottolinea qualcuno). E il debito assume forme concrete man mano che si avanti... nella spoliazione del territorio per sempio, e dunque nella perdita di sovranità territoriale la cui voce viene affidata alla combattiva rappresentante No Tav tradotta in danno ambientale e violenze sui cittadini, militarizzazione e investimenti controproducenti in nome di un presunto progresso. Forme concrete quando si parla di lavoro e dello smantellamento progressivo dei diritti dei lavoratori conquistati con fatica e a caro prezzo, come sottolineato da molti dei relatori, a partire da Franco Russo, del Forum diritti del lavoro, dal rappresentate Fiom di Pomigliano ( dqa dove tutto è pratito, ricorda qualcuno), da Gallori di ancora in marcia. Unanime nell'invettiva contro l'articolo 8 contenuto nella recente manovra finanziaria, ma anche critici con l'accordo sindacale del 28 giugno. “Bisogna ripartire dai lavoratori, dare forza e punti di riferimento a chi sta nelle fabbriche...” è il rappresentante di Pomigliano a parlare interpretando, stando agli applausi riscossi, un sentire comune. Le critiche non vengono risparmiate all'Unione europea colpevole di aver imposto da anni la politica di Flex security, e non solo attraverso la recente missiva della BCE, ma strali infuocati piovono a destra come a sinistra, per i partiti che stanno al governo come per chi sta all'opposizione. E da qui “indipendenza” ecco l'altra parola chiave che prende corpo durante l'assemblea, indipendenza da qualsiasi partito e schieramento in nome di un movimento sociale ampio, e qualcuno invoca, trasversale il più possibile, per unire realmente tutte le lotte e tutte le vertenze relegate a volte a livelli localistici. Superamento che impone “mal di pancia” inevitabili, sottolinea la rappresentante del coordinamento torinese del 1° ottobre, ma necessari se si vogliono ottenere dei risultati e creare un'alternativa reale che parta dal basso. E qualcuno, come Giulieto Chiesa, propone addirittura una sigla comune che contiene la parola “popolare” come punto di forza. Perchè dal basso deve partire l'indignazione e dunque la lotta che si esprimerà in piazza già con la manifestazione del 15 ottobre, e se necessario propone Gallori, “... anche il 16, o tutti i sabati del mese, perchè è la nostra determinazione che deve far paura.” Una paura che però viene evocata anche per la platea, paura di un default imminente e di un pericolo molto più grande di quanto si potrebbe pensare, è ancora Chiesa a paventare lo spettro della guerra come conseguenza inevitabile di questa crisi. Mentre alla guerra ( quelle incorso il Libia e Afghanistan), o piuttosto alle folli spese militari è dedicato l'intervento di Padre Alex Zanotelli. Una sommatoria di cifre, quelle investite nella difesa che da sole potrebbero ripianare il debito italiano. C'è chi, come Ferrando propone la nazionalizzazione delle banche e chi ancora insiste sul reddito di cittadinanza, chi invece invoca proposte concrete e specifiche e dice no agli slogan, chi insiste sulla necessità che il 15 sia solo una partenza... Anime diverse per una platea multiforme sia in termini anagrafici che esperienziali, tutti però concordi nel gridare con forza “fermiamoli” prima che sia tardi
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