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il 28 mag 2011

Il manifesto degli arabi cristiani per la primavera

Questa un’ampia sintesi del manifesto elaborato a Beirut da intellettuali e politici cristiani in favore della primavera araba. Una esplicita, forte, appassionata e appassionante risposta ai numerosi vescovi che insistono ancora in queste ore a sostenere le “ragioni” dei regimi.

Il mondo arabo sta assistendo da mesi a rivolte democratiche con un’ accelerazione velocissima , segno di una nuova era. Il loro particolare significato  deriva  dalla spinta per i  valori di libertà e di giustizia, superando tutte le caratteristiche  ideologiche, nazionaliste o religiose, che hanno condizionato la popolazione della regione  per più di un secolo.

Questi valori sono alla base dell’idea di dignità umana che si rifiuta di dividere il mondo in due campi, quelli del  bene e del male,  la visione da cui hanno tratto  legittimità le dittature.

La marea araba dimostra che i popoli sanno perseguire libertà e dignità senza bisogno di attendere il “salvatore” o il  “leader carismatico ”. L’uomo che ha scatenato la rivoluzione in corso nel mondo arabo non è stato “il comandante delle masse”, ma un uomo qualunque, un venditore ambulante in un villaggio dimenticato della Tunisia.

Altro elemento importante è la comunicazione, che ha saputo agitare la stagnante acqua  araba. Questa marea  ha evidenziato  il valore della vita umana stessa, contro il meccanismo degli annullamenti: l’annullamento  dell’individuo nel gruppo di appartenenza,  l’annullamento di un gruppo  in un partito, l’annullamento di un partito in un leader.
Questo cambiamento è stato paragonato da molti a quanto è accaduto in Europa dell’est ai tempi del crollo del muro di Berlino e ha dovuto fare i conti con la violenza dei regimi contro i legittimi aneliti dei popoli, la violenza di sistemi ideologici che si stanno sgretolando mentre tentano di bloccare il corso della storia.

Noi crediamo che il processo di democratizzazione in corso nella regione araba porti buone notizie per il nostro Paese, il Libano. La nostra nazione, per più di mezzo secolo, ha subìto vari tentativi che rivendicavano l’arabizzazione del sistema e dell’ ideologia nazionale, per rendere il nostro paese simile ai suoi vicini. Oggi invece vediamo i paesi arabi a noi vicini avvicinarsi consapevolmente al “significato del Libano”,  cioè a ciò che abbiamo cercato di rappresentare nel contesto dei valori di  libertà, democrazia , pluralismo e apertura al mondo.
Per questo crediamo che i cristiani libanesi sono chiamati a riprendersi il loro ruolo  storico nella regione araba, contribuendo a dare una risposta araba  alla questione fondamentale di  come vivere insieme, uguali nei nostri diritti e doveri, diversi nelle nostre appartenenze religiose, culturali, etniche… E  solidali tra di noi  nella nostra ricerca di un futuro migliore per tutti noi, cristiani e musulmani.

Perché i cristiani libanesi possono dare un contributo autentico ed efficace.

Perché storicamente hanno svolto un ruolo di primo piano nel gettare le basi della convivenza. Sono stati i cristiani del Libano a rifiutare la creazione di una “Nazione Cristiana”, proponendo il “Grande Libano”, che univa alla montagna a maggioranza cristiana zone a maggioranza musulmana e successivamente hanno rifiutato il rinnovo del mandato francese nel 1943 sul Libano e hanno combattuto per una immediata indipendenza.
Poi, e dopo la divisione sociale causata dalla guerra civile 1975-1990, i cristiani del Libano sono stati  i promotori del ripristino della co-esistenza islamico – cristiana in Libano. Attraverso uno sforzo eccezionale, nel quadro del Sinodo dei Vescovi (1995), hanno invitato a tralasciare la “Cultura della guerra” e ri-considerare il significato del Libano e della sua missione. In questa direzione, hanno lavorato sotto la guida della Esortazione Apostolica (1997), invitando all’auto-critica per la “purificazione della memoria”,  accogliendo l’appello  ad impegnarsi con i Vescovi maroniti (2000) nella battaglia per liberare il Libano dalla “tutela” siriana,  lotta che  ha portato alla seconda indipendenza, nel 2005.
Le Chiese d’Oriente hanno sempre escluso di considerarsi minoranza, sottolineando che “i cristiani in Medio Oriente costituiscono una parte organica della identità culturale dei musulmani, in quanto i musulmani  formano parte integrante dell’identità culturale dei cristiani”, e tutti, musulmani e cristiani, “sono responsabili per sé e per  l’altro davanti a Dio e davanti alla storia”.
Noi crediamo che il compito primario per i cristiani del Libano e del mondo arabo  oggi sia quello di lavorare per rafforzare e sostenere una cultura di pace e di convivenza per fare fronte contro  con la cultura della violenza e dell’ esclusione che continuano a pesare sulla popolazione di questa regione del mondo.

E’ così che contribuiranno alla grande sfida che è stata espressa dal cristiano libanese Amin Maalouf, dicendo: “O impariamo a costruire in questo secolo una civiltà comune alla quale ciascuno di noi possa appartenere volontariamente, rafforzando questo legame con valori consolidati  dall’esperienza umana arricchita dalla nostra diversità culturale. ..  o affonderemo insieme in una comune barbarie senza fondo “.
Abbiamo bisogno di una cultura del “vivere insieme”, cioè di uno “Stato della convivenza.” E questo stato deve essere civile, basato su una chiara distinzione tra stato e religione. In esso  si riconoscono diritti ai soli cittadini, senza discriminazioni, ma allo stesso tempo si forniscono garanzie per le comunità. Nascerà di qui un nuovo arabismo, “l’arabismo del vivere insieme”, che non sarà altro che il figlio dell’arabismo originario dell’Andalusia, dove hanno vissuto e con-vissuto per  secoli musulmani, cristiani ed ebrei in armonia, umana, culturale e religiosa.

Questo arabismo culturale  dovrebbe risorgere sulle rovine dell’ “’arabismo dell’odio e della vendetta”, che ha guidato il mondo arabo sin dal momento della creazione dello stato di Israele, rinchiudendoci e isolandoci in noi stessi.

Tale “arabismo del vivere insieme” dovrebbe consentire di istituire un sistema regionale,  partecipando effettivamente alla definizione del nuovo ordine mondiale.

“L’arabismo del vivere insieme” dovrebbe offrire  un nuovo modello per il Medio Oriente, “L’Oriente del vivere insieme” basato sull’iniziativa di pace araba che ha promosso uno Stato palestinese indipendente. Questo progetto per avere successo ha bisogno del sostegno  della comunità internazionale per “liberare” gli israeliani dalla “prigione” nella quale si sono racchiusi a causa del loro radicalismo religioso e etnico, un radicalismo che fa temere una nuova teocrazia.

“L’Arabismo del vivere insieme” vuole  contribuire alla nascita di un Mediterraneo  del vivere insieme.  Questo grande lago  era un collegamento,  il luogo dello scambio di conoscenze tra i popoli e le culture antiche. Oggi è diventato “Il Lago delle divisioni e delle spaccature”, delle discriminazioni religiose, etniche e nazionali, cioè dei  prodotti preferiti dei grandi conflitti interminabili del Mediterraneo: nessuno può sperare di  essere immune dalle loro disastrose conseguenze.

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