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11 ott 2011

“La Primavera? Abbiamo Scelto Il Mondo”
di Kiwan Kiwan

Ziad Majed è uno dei più autorevoli intellettuali della sinistra libanese. Anni fa con Samir Kassir, assassinato a Beirut nel 2005, ha fondato il Partito della Sinistra Democratica, coniando il termine “primavera araba”. Non tutti lo ricordano, ma la prima volta che si è parlato di primavera e popoli arabi è stato nel 2005, a Beirut, proprio per merito di Ziad Majed e Samir Kassir. Da anni insegna a Parigi e pochi giorni fa è stato invitato nella mia città, Ferrara, per intervenire al Festival di Internazionale. In quell’occasione gli ho chiesto questa intervista, per parlare di questa primavera araba, esplosa a Tunisi nel gennaio di quest’anno e da mesi padrona della scena in tutto il mondo arabo.

“Non possiamo separare quello che accade nei paesi arabi dal percorso che ha imboccato il mondo, soprattutto se vogliamo capirne cause e modalità. Se invece vogliamo parlare di risultati occorre più tempo, dato che il cammino è ancora tortuoso e spinoso, può subire contraccolpi, nell’oggi come nel domani. Tuttavia quello a cui abbiamo assistito ci può consentire di trarre delle conclusioni. Direi che la prima conclusione che possiamo già trarre è che anche il movimento arabo ha atteso una scintilla emotiva che fosse capace di portarlo ad abbattere  il muro della paura, liberando l’individuo dal peso simbolico delle istituzioni. In tutti i paesi arabi le manifestazioni erano monopolio dello Stato, del potere: dopo tanti anni la popolazione, il popolo, si è impossessato delle piazze per sfidare i regimi.

La seconda conclusione che possiamo già trarre è che informazione e globalizzazione hanno avuto un ruolo fondamentale nel determinare queste rivolte.

I new media, twitter, facebook, You Tube, hanno consentito non solo di diffondere idee e sentimenti che i regimi non possono più oscurare, ma anche di farlo accadere al di là di ogni confine, muovendo le popolazioni e generando al contempo simpatie. La diffusa urbanizzazione di massa isolava i giovani inurbati dal loro contesto originario, dal villaggio. Ora non è più così. Il muro che separa città e campagne o deserto è caduto e questo consente nuove forme di coordinamento superando anche gli ostacoli geografici.

Ora bisogna seguire con attenzione i processi elettorali in Tunisia e Egitto, mentre temo che in Libia e Yemen le violenze saranno ancora lunghe e diffuse. “

E in Siria?

“La situazione della rivoluzione siriana è particolare  in questa primavera araba. La violenza repressiva del regime siriano  non ha precedenti, come anche il coraggio del popolo che sfida pacificamente  una macchina repressiva capace di massacrare migliaia di manifestanti. Tutto questo è senza precedenti, come la capacità dei rivoluzionari siriani di essere presenti in varie zone del Paese, aree metropolitane e piccoli centri, campagne, zone montuose. E’ un’articolazione e diffusione del processo rivoluzionario che non abbiamo visto così diffusa ed evidente in Egitto, ad esempio.  Poi bisogna considerare il grande sforzo popolare necessario a tenere viva una rivoluzione nonostante l’isolamento dal mondo che il regime ha imposto al paese e l’isolamento che ogni villaggio ha rischiato di patire dal resto della Siria. E tutto questo per mesi e mesi, come è noto. Ma tutto questo, con 3200 morti certificati e decine di migliaia di casi di internamenti arbitrari non è bastato al Consiglio  di Sicurezza dell’Onu per esprimere una condanna del regime. Il regime siriano crede di potere seguitare imbrogliare il mondo, alimentando, come ha fatto da decenni, crisi politiche in altri paesi. Bombardamenti in Libano, l’uso di alcuni gruppi palestinesi, strumentalizzazione di alcune forze curde, l’invio di autobombe in Iraq, ecc. E’ chiaro che ora il regime potrebbe chiedere al suo alleato libanese, Hezbollah, di ridurre la pressione internazionale che si sta concentrando su Damasco organizzando qualche attentato terroristico contro l’Unifil, ad esempio. Questo è probabile, il problema che è Hezbollah per quanto sia alleata di Damasco è agli ordini di Tehran, e quindi se Tehran decidesse diversamente…

Di certo, purtroppo, i danni che la famiglia Assad ha arrecato agli arabi non sono finiti e altro dobbiamo aspettarci, a cominciare da un ulteriore inasprimento della repressione.”

Parlavi dell’Iran. E’ un paese immune dal contatto “primaverile”?

“No, la primavera iraniana ha preceduto la primavera araba. L’onda verde è del 2009. Ora accade che la primavera araba danneggi il governo iraniano, c’è una rivoluzione araba che non segue certo le parole d’ordine khomeiniste. Inoltre la crisi siriana potrebbe togliere al regime di Tehran l’alleato indispensabile per essere in continuità territoriale con i bracci armati di Hezbollah e Hamas. E’ chiaro che se saltasse la Siria sarebbe un brutto colpo per Tehran e questo scacco, unito alle immagini delle manifestazioni libertarie arabe, potrebbe contribuire a rianimare l’onda verde iraniana.”

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