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07/10/2011

Un Nobel non fa primavera
di Christian Elia

Mancato il premio alla primavera araba in generale, viene celebrata un'attivista yemenita, ma restano le zone d'ombra di un cambio epocale

Oggi, 7 ottobre 2011, il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato a tre donne. Le vincitrici sono Ellen Johnsonn Sirleaf e Leymah Gbowee, liberiane, delle quali parliamo altrove, mentre la terza donna premiata è Tawakkol Karman, 32 anni, giornalista yemenita.

Divenuta, negli ultimi mesi, la voce internazionale della protesta che dilania il suo Paese e che prova a spodestare il presidente Ali Abdallah Saleh, al potere da trenta anni. Tre figli, fondatrice dell'associazione Giornaliste senza catene, è impegnata nel partito islamico e conservatore al-Islah, il più importante dell'opposizione. Arrestata a gennaio, dopo i primi cortei anti Saleh, è stata rilasciata per le pressioni interne e internazionali. Un esempio di determinazione, in un Paese piagato da fenomeni come quello delle 'spose bambine', ma anche un bel messaggio all'orientalismo occidentale, dove una donna profondamente credente, fiera del suo velo, non è per questo meno libera o meno impegnata.

Il premio, quindi, non è andato - come si è vociferato per un po' - alla 'primavera araba' in generale. Ed è, probabilmente, un bene. Nel senso che un premio così generico sarebbe stato per lo meno affrettato. I sommovimenti che, da undici mesi, stanno ridisegnando il mondo arabo e islamico, non sono tutti uguali e non possono essere catalogati sotto un unico brand.

Se Karman è un bell'esempio di impegno al femminile, ecco che in Tunisia - dove le donne hanno avuto un ruolo chiave nell'abbattimento del regime di Ben Alì - l'altra metà del cielo si trova a difendere con coraggio lo spazio che, in passato, non mancava loro. Fin dall'indipendenza, il padre della patria Bourghiba ha emanato una Costituzione che in quanto a pari opportunità fa invidia a molti paesi occidentali. Ben Alì non ha mai toccato il testo costituzionale, pur ammiccando nell'ultimo periodo agli islamisti che non aveva massacrato. Dopo il cambio di regime, però, gli islamisti sono tornati alla ribalta, sia nella versione modernista che in quella oscurantista.

Già nei primi giorni dopo la caduta del regime nelle strade di Tunisi donne e attivisti hanno manifestato per la salvaguardia della laicità e delle pari opportunità. Le elezioni, previste per il 23 ottobre, dell'Assemblea costituente sono attese con ansia dal fronte progressista, in quanto gli islamisti sono dati in forte vantaggio. Dopo gli spiacevoli episodi di aggressioni a delle prostitute in città vecchia a Tunisi da parte di giovani militanti integralisti, oggi lo scontro si è spostato all'università. Motivo scatenante il rifiuto all'iscrizione alla facoltà di Lettere dell'Università di Sousse per una ragazza che indossava il niqab. Un gruppo di persone hanno invaso le aule e gli uffici minacciando docenti, studenti e personale amministrativo, tentando di imporre l'iscrizione della ragazza con il niqab, vietato per legge nei luoghi pubblici. Studenti e professori hanno firmato una petizione contro il ripetersi di episodi di intolleranza religiosa in seno alle strutture universitarie, chiedendo che venga mantenuto il rifiuto del niqab all'università e che si lotti ''contro tutte le forme di fanatismo religioso''. Nei giorni scorsi il Forum degli studenti universitari tunisini aveva lanciato un appello con gli stessi contenuti per il moltiplicarsi di manifestazioni di intolleranza attuati da integralisti islamici. E le elezioni sono sempre più vicine.

In Egitto, invece, la notizia del giorno è la nascita della prima commissione d'inchiesta incaricata di indagare sui presunti fondi esteri dei quali avrebbero beneficiato i rivoluzionari che, l'11 febbraio 2011, dopo l'occupazione di piazza Tahrir, sono riusciti a scacciare il presidente Mubarak. Lo ha annunciato oggi il ministro egiziano della Giustizia, Mohamed Abdel Aziz El-Guindy. Il ministro ha spiegato di aver chiesto a due giudici della Corte d'Appello di condurre le indagini. L'accusa sarebbe, qualora fossero dimostrati i finanziamenti, di ''alto tradimento''. Tra i sospetti gruppi come il Movimento 6 Aprile, che finora ha sempre negato di aver ricevuto finanziamenti dall'estero. La storia della primavera araba è ancora tutta da scrivere.

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