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11/05/2011

Primavera araba, il punto della situazione
di Christian Elia

Sono passati quasi cinque mesi da quando, in uno sconosciuto villaggio della Tunisia, è iniziata la più grande mobilitazione popolare che il mondo arabo abbia conosciuto da cinquant'anni a questa parte. In Egitto e Tunisia sono stati cacciati regimi che governavano da decine di anni. Al Cairo, per ora, resta al potere l'esercito, tra mille tensioni con la società civile che vuole un vero cambiamento. In Tunisia, invece, il governo nuovo c'è, ma fa una fatica enorme a riprendere il controllo della vita del Paese. In tutti gli altri paesi che succede? Un punto della situazione, per non perdersi nella cronaca, dove tutto è subito superato.

Libia. La domanda del giorno è se il colonnello Gheddafi sia vivo o morto. Nessuno lo sa. Per i ribelli è in fuga, verso una zona del Paese più al riparo dai bombardamenti Nato, per altre fonti è morto come suo figlio. Il regime libico e l'esercito dei lealisti, per ora, non sbandano, come i ribelli si prodigano a raccontare. Misurata resta stretta in una morsa soffocante, isolata e incastonata tra i due pezzi della Libia smembrata. L'Alto rappresentante Ue per gli Esteri, Catherine Ashton, ha annunciato oggi la nascita di un ufficio umanitario di Bruxelles a Bengasi. Continua questo gioco del riconoscimento 'di fatto' dei ribelli, senza che si tramuti mai in un riconoscimento politico. L'Onu chiede il cessate il fuoco, ma lo stallo militare persiste, nell'attesa che la Nato decida di portare fino in fondo il suo intervento militare o che il regime collassi.

Bahrein. Dopo la categoria dei medici (bastonati e arrestati per aver soccorso i dimostranti), è toccato agli insegnanti. In particolare a quelli delle scuole femminili. Secondo al-Jazeera, le forze di sicurezza di Manama hanno condotto diversi raid anche nelle scuole femminili per reprimere le proteste contro il governo. Permane lo stato d'emergenza decretato, il 15 marzo scorso, dall'emiro al-Khalifa, il giorno dopo l'arrivo di truppe straniere nel Paese per soffocare le manifestazioni di piazza. La misura dovrebbe essere revocata il 1 giugno. Intanto, dopo che è salita la tensione tra Arabia Saudita e Iran, paladini rispettivamente delle posizioni dei sunniti e degli sciiti nel Paese, l'Iran è stato invitato alle trattative sulla situazione in Bahrein.

Yemen. Secondo fonti dell'opposizione, cecchini hanno colpito a morte due contestatori a Taiz, dove le proteste sono ormai giunte al terzo giorno. Decine di persone sono state ferite da colpi d'arma da fuoco, gas lacrimogeni e dai colpi degli agenti in borghese, secondo fonti mediche della cittadina. I manifestanti hanno reagito dando fuoco ad un edificio della polizia, hanno detto i residenti. Le forze di sicurezza di Taiz stanno tentando di liberare il ministero dell'Educazione regionale, bloccato dai contestatori, che si trova a circa duecento chilometri a sud della capitale Sanaa. Ma i contestatori, invece, hanno esteso il blocco per isolare i servizi pubblici di Taiz e la succursale del ministero del Petrolio. E i residenti, infatti, hanno detto che la città di 540mila abitanti è effettivamente paralizzata. Il presidente yemenita Abdullah Saleh ha respinto un paio di proposte internazionali per rassegnare le dimissioni.

Siria. Le forze di sicurezza siriane cingono d'assedio Homs. Secondo fonti dell'opposizione, sono almeno nove i dimostranti uccisi dall'esercito. Per il governo, due militari sono rimasti uccisi in scontri violenti con esponenti di bande armate che l'esecutivo definisce criminali. Il presidente Bashar Assad, che rimane al suo posto e denuncia influenze esterne nell'insurrezione del Paese, ha annunciato oggi la formazione della commissione ad hoc che si occuperò di riformare la legge elettorale per aprire la Siria al multipartitismo. Secondo al-Arabyia, sarebbero stati rilasciati almeno trecento manifestanti arrestati nei giorni scorsi a Banias. La comunità internazionale, secondo l'Alto Rappresentante dell'Ue, lady Ashton, ha annunciato che verranno riviste le sanzioni verso Damasco, ribadendo ancora che per Bruxelles - e Washington - Assad non sarà trattato come Gheddafi.

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