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13 maggio 2011

Amnesty festeggia i 50 anni
e brinda alle rivolte arabe
di Umberto De Giovannangeli

Cinquant’anni in difesa di chi non ha difesa. Cinquant’anni dalla parte giusta: quella dei diritti umani. Le rivolte in Nord Africa e in Medio Oriente sono un segnale della crescente richiesta di libertà e giustizia, che va sostenuta dalle grandi potenze. Il rapporto 2011 di Amnesty International, lanciato alla vigilia del suo 50° «compleanno», avverte: questo cambiamento storico è sul filo di rasoio. La gente sfida la paura - afferma Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty - scende in strada e prende la parola nonostante le pallottole, le percosse, i gas lacrimogeni e i carri armati. Questo coraggio, insieme alle nuove tecnologie che aiutano gli attivisti ad aggirare e denunciare la violenta repressione delle proteste pacifiche, sta dicendo ai governi repressivi che i loro giorni sono contati».

«Tuttavia - ammonisce - è in corso una dura rappresaglia da parte delle forze della repressione. La comunità internazionale deve assicurare che il 2011 non sarà una falsa alba per i diritti umani. I governi potenti, che hanno sottovalutato il profondo desiderio di libertà e giustizia, ora devono stare dalla parte delle riforme anziché ritornare al cinico appoggio politico alla repressione». «Le grandi potenze hanno chiuso gli occhi per anni» accusa, prendendo come esempio «la vicinanza degli Usa con il regime di Mubarak in Egitto» o gli accordi italiani con Gheddafi in Libia. Il controllo dell’informazione: il rapporto - che riguarda la situazione in 157 Paesi - sottolinea come sia in corso una battaglia cruciale per il controllo dell'accesso all'informazione, dei mezzi di comunicazione e delle nuove tecnologie della Rete, proprio mentre i social network alimentano nuove forme di attivismo che i governi cercano di irreggimentare, come si è visto in Tunisia ed Egitto con i tentativi di bloccare l'accesso a Internet e ai servizi di telefonia mobile.

O in Cina e Iran, dove «i governi assoldano blogger filogovernativi per reprimere gli attivisti». Secondo l'organizzazione, la libertà d'espressione è sotto attacco ovunque nel mondo. I governi di Libia, Siria, Yemen e Bahrein hanno mostrato l'intenzione di picchiare, malmenare e uccidere per poter restare al potere. Anche quando i dittatori cadono, le istituzioni che li sostenevano devono ancora essere smantellate. Governi repressivi, come quelli di Azerbaigian, Cina e Iran, stanno cercando di impedire una rivoluzione del genere.

Il rapporto documenta nel 2010 casi di tortura in almeno 98 Paesi (111 nel 2009), processi iniqui in almeno 54 Paesi (lo stesso nel 2009), condanne a morte emesse in 67 Paesi (56 nel 2009). Il boia ha lavorato in 23 Paesi (18 nel 2009). Amnesty ha chiesto il rilascio di prigionieri di coscienza in almeno 48 Paesi mentre due terzi della popolazione mondiale non ha avuto possibilità di accesso alla giustizia a causa di sistemi giudiziari assenti, corrotti o discriminatori. Lontano dalle prime pagine internazionali, migliaia di difensori dei diritti umani sono stati minacciati, imprigionati, torturati e uccisi in molti Paesi, tra cui Afghanistan, Angola, Brasile, Cina, Messico, Myanmar, Russia, Turchia, Uzbekistan, Vietnam e Zimbabwe. Queste attiviste e attivisti hanno spesso preso la parola su questioni quali la povertà, l'emarginazione di intere comunità, i diritti delle donne, la corruzione, la brutalità e l'oppressione. Ciò che è avvenuto in ogni parte del mondo nel 2010 - sottolinea Amnesty Internacional - mette bene in evidenza il loro ruolo determinante e la necessità di un sostegno globale nei loro confronti.

Per festeggiare il 50° compleanno Amnesty ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi, cui si può contribuire fino al 5 giugno inviando un sms da cellulari Tim, Vodafone, Wind, 3 CoopVoce e Tiscali o chiamando da rete fissa il numero 45506. Si potrà devolvere 2, 5 o 10 euro che serviranno a finanziare le campagne in difesa delle vittime di torture, di sparizioni e condannati a morte. Soldi spesi bene, per un mondo più giusto.

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