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26 ott 2011

Ma io dico che prevarrà la primavera
di Riccardo Cristiano

Con la consueta lucidità Lucio Caracciolo ci ha avvertito dalle colonne de “La Repubblica” di domenica scorsa: le primavere arabe ci hanno scaldato il cuore, ma la controrivoluzione araba, capitanata dall’Arabia saudita, ha molte frecce al suo arco, e gli Stati Uniti, preoccupati della stabilità del mercato mondiale del petrolio, ne saranno volenti o nolenti alleati.

In linea di massima a essere pessimisti ci si azzecca, e quando ci sono di mezzo gli arabi ancor di più, visto l’andamento drammatico del loro Novecento. Ma la riflessione puntuale e accurata di Caracciolo se sembra centrare un dato di attualità non notato da molti, e cioè come i sauditi stiano allestendo una controrivoluzione panaraba usando gli eserciti per reprimere i moti nei Paesi del Golfo e i gruppi salafiti per sabotare le riforme negli altri Paesi, non tiene conto di un’altra realtà: il baluardo degli antirivoluzionari non è così solido. Lasciamo perdere per un attimo la recente scomparsa del principe Sultan e l’effetto che questo avrà nel favorire l’ascesa del reazionario principe Nayef ai vertice di Riyadh. Qualcuno ricorda cosa ha fatto re Abdullah un anno fa? E’ andato a Barcellona, per lanciare un nuovo “quadrangolare” per il dialogo interreligioso! Sembra nulla, sembra forma, ma è sostanza esplosiva. Il vecchio re, il custode dei luoghi santi dell’Islam, il capo del partito delle tenebre saudite-wahhabite ha capito che il suo sistema non regge, non può più reggere. Ed già un anno fa è andato, lui, il titolare della ditta controrivoluzionaria e oscurantista, a stringere la mani di vescovi e rabbini di tutto il mondo. Gli ulema wahhabiti inorridirono, come sono tornati ad inorridire poche settimane fa, quando re Abdullah ha annunciato il farraginoso progetto di dare il diritto di voto e candidatura alle donne. Ma perché re Abdullah, vecchissimo e malatissimo, fa tutto questo? Perché è un illuminato? O perchè è un lucido e quindi disperato re saudita?

La morte del suo successore designato, lucido e disperatamente riformista come lui, spiana la strada al reazionario Nayef. Sarà più forte della storia? O non farà come il siriano Bashar? Nayef proverà a reprimere con la forza la voglia di cambiamento dei sauditi e delle saudite proprio come Bashar ha cercato di reprimere nel sangue la voglia di cambiamento dei siriani. Ma falliranno entrambi. Certo, il giorno della caduta di Bashar è molto più vicino di quello della caduta del prossimo re saudita. Ma proprio la scelta del reazionario Nayef potrebbe condannare i sauditi alla bancarotta.  Perché non è proprio detto che la feroce repressione sarà più forte della storia.

Infatti il fronte islamo-modernista, cioè il fronte dei leader islamici che non avversano più l’incontro tra la loro fede e la modernità, si rafforza. Erdogan è solido in Turchia e non più isolato nel mondo arabo, sulla sua scia si colloca il tunisino Ghannuchi. La sua vittoria nel recente voto tunisino è un smacco per i sauditi e un successo per Erdogan.

Il leader turco dopo aver sognato la politica detta “zero problem con tutti i vicini”, che comportava buoni rapporti con i vicini democratici in Europa e con i vicini dispotici nel mondo arabo, ha cambiato radicalmente linea  dopo lo scoppio delle rivoluzioni arabe. Ha scelto cioè di sostenere tutte le piazze, finanziando gli insorti libici, dando pieno appoggio all’islamo-moderto Ghannuchi, sfidando Bashar in Siria e schierandosi contro derive islamiste in Egitto. Non lo ha fatto perché è un “buono”, ma perché non vuole finire travolto dalla storia. Ora la sua scelta di campo è chiamata alla prove più difficile, quella curda. Se vuole essere credibile Erdogan non può cadere nella trappola repressiva cui lo vuole spingere il Pkk. Se avrà il sostegno dei curdi iracheni potrà farcela.

Purtroppo l’Europa ha scelto di pensare solo al petrolio libico, nessuna visione strategica. Ma la forza della primavera anche se subirà delle sconfitte sembra avere la forza per andare avanti da sola. Basti pensare alla Siria: dopo sette mesi di coraggiosissima rivoluzione il destino degli Assad è segnato, Bashar corre verso il terzo tombino, dopo quelli dove hanno cercato riparo Saddam e Gheddafi. Questa forza dei popoli è l’arma segreta della storia, che costringe i controrivoluzionari a remare contro corrente. Non è affatto detto che prevarranno, anche se il prezzo di sangue che gli arabi saranno chiamati a pagare sarà altissimo.

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